Il Green Deal non può cambiare le leggi della fisica

Il Green New Deal ha alla sua base un'impossibilità fisica: l'idea di energia "libera” e “rinnovabile”. I costi monetari, ambientali e geopolitici delle tecnologie energetiche derivano dai vincoli della natura e della fisica di tutte le fonti di energia, siano esse vento e sole o petrolio e gas. Tutte esistono in natura gratuitamente ma questo è irrilevante. L’uso del suolo per accedere ai luoghi in cui si trovano queste risorse o dove collocare gli impianti green ha un costo. Hanno un costo ambientale e sociale gli impianti tecnologici poiché sono costruiti con i materiali estratti dalla terra e poiché tutte le macchine si consumano, non c'è nulla di veramente "rinnovabile" in nessuna di esse. Quindi, in realtà, il Green New Deal, si sintetizza nell’enorme quantità di minerali che devono essere estratti per costruire le tecnologie verdi.

 

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Da più parti si comincia a prendere coscienza che il passaggio all'energia verde ed alla mobilità elettrica vedrà la domanda di metalli nei prossimi decenni crescere come mai prima nella storia dell'umanità.

La quantità di metalli necessari si basa su stime che sono legate ai percorsi ed ai tempi per raggiungere la neutralità carbonica.

La World Bank aveva stimato, cautelativamente, sulla base degli obiettivi dello scenario B2DS della IEA che fosse necessaria una quantità di metalli pari a 3,5 miliardi di tonnellate per la costruzione delle tecnologie green senza includere le infrastrutture necessarie per supportare la distribuzione di queste tecnologie come le linee di trasmissione o i componenti come i telai dei veicoli elettrici.

Recentemente Bloomberg ha pubblicato un report, New Energy Outlook 2020, nel quale ritiene insufficienti gli obbiettivi del loro Economic Transition Scenario (ETS) e ne pone di ben più ambiziosi: il NEO Climate Scenario prevede che la potenza globalmente installata salga a 57 TW nel 2050 con una quota pari a 23,2 TW costituita da pannelli fotovoltaici e di 17,8 TW da energia eolica. Alla luce di queste previsioni, è necessario stimare nuovamente i quantitativi di “materie prime critiche” e l’impatto ambientale della loro estrazione.

La transizione energetica inizia e finisce con i metalli

 

Sebbene il termine "materie prime critiche" non abbia una definizione universale, è generalmente utilizzato per riferirsi a metalli e minerali che sono di grande importanza economica per una particolare industria o settore e presentano catene di approvvigionamento problematiche con evidenti rischi nella continuità della fornitura. I rischi di approvvigionamento inoltre possono essere esacerbati da un basso potenziale di sostituzione e bassi tassi di riciclaggio.

La percezione della scarsità di materie prime o della "criticità" è soggettiva. Niente nasce critico.

L'elenco di metalli e minerali che un determinato paese percepisce come "critici" è dinamico nel tempo. Al momento, le tensioni geopolitiche, le guerre commerciali e le nuove tecnologie emergenti hanno un'influenza considerevole sulle percezioni.

Le definizioni di criticità sono anche influenzate dalla posizione di un paese o di una compagnia nella catena del valore. Paesi come l'Australia, il Canada e la Cina dispongono di grandi risorse minerali di elementi ampiamente considerati "critici", il che conferisce loro vantaggi strategici. Ma a differenza dei primi due la Cina ha costruito una catena del valore che, alimentata anche da approvvigionamenti di materie prime da asset in altri continenti, le consente di dominare la produzione delle tecnologie green relegando l’Europa e gli USA a un ruolo di semplici comparse, ma questa è solo una complicazione in più.

Per valutare l'effettiva possibilità di perseguire gli obbiettivi climatici del NEO Climate Scenario è stata presa in esame una parte rilevante dei metalli critici necessari alla produzione delle tecnologie che costituiscono la maggior parte delle nuove energie rinnovabili: solare fotovoltaico ed eolico, inoltre sono state valutate le batterie per la loro importanza per l'uso nei veicoli elettrici e nei sistemi di accumulo di energia.

Per fare una stima indicativa delle quantità necessarie sono state utilizzate le intensità dei metalli, cioè la massa specifica di ciascun materiale grezzo o composito per unità di capacità installata, nel nostro caso espressa in t/GW, di ciascuna tecnologia. I risultati della nostra analisi sono riportati nella prima colonna della tabella 1 che contiene il calcolo della quantità dello specifico metallo necessaria a costruire i dispositivi tecnologici (pannelli  fotovoltaici, turbine eoliche e sistemi di accumulo) per raggiungere gli obiettivi del NEO Climate Scenario.

Tabella 1 – Quantità di metalli necessari a costruire i dispositivi tecnologici (pannelli fotovoltaici, turbine eoliche e sistemi di accumulo) per raggiungere gli obiettivi del NEO Climate Scenario. Impatto percentuale sulle riserve accertate. Percentuale di domanda globale che può essere soddisfatta mediante materie prime secondarie.

(*) Dati in migliaia di tonnellate (t * 103) - Elaborazione su dati JRC - JSF - CSIRO

 

Nella seconda colonna della tabella 1 viene riportato l'impatto, in termini percentuali, sulle riserve globali dello specifico metallo: la valutazione delle riserve lascia intuire molte criticità che probabilmente sono superiori a quanto appare: uno studio di MiningIntelligence ha analizzato i dati di 65 miniere con produzione di rame, cobalto e nichel a livello globale che hanno completato studi di fattibilità negli ultimi cinque anni. Complessivamente, le riserve provate e probabili analizzate nello studio, nel caso del rame ad esempio, in termini di tonnellate di metallo, ammontano a 21,9 milioni, valore molto inferiore di quello adottato nella nostra analisi. Quello che emerge dallo studio con evidenza è che c'è un abisso tra le riserve esistenti di rame, cobalto e nichel e la domanda futura

La tabella riporta il tasso di riciclo a fine vita EoL-RIR (End of Life Recycling Input Rate) che rappresenta la percentuale di domanda globale che può essere soddisfatta mediante materie prime secondarie. Questo parametro spesso viene associato al semplice tasso di riciclo a fine vita EoL che in linea teorica può raggiungere il 100%, il che implica che tutti gli scarti possibili vengono recuperati, riciclati e quindi potrebbero essere riutilizzati. Il realtà il primo è sempre inferiore al secondo poiché semplicemente il riciclo non è sufficiente per soddisfare la crescente domanda di un materiale.

Inoltre, alcuni processi di riciclaggio causano perdite del materiale stesso e potrebbe non essere tecnicamente o economicamente fattibile recuperare del materiale idoneo per alcune applicazioni.

E’ interessante valutare anche la sostenibilità delle catene di approvvigionamento ed in questo senso la tabella 2 esprime il picco della domanda annuale, per molti di questi metalli  nel 2050, rapportata alla produzione 2018. Pare evidente che per molti di questi metalli siamo molto lontani dalla sostenibilità soprattutto in considerazione del fatto che i tempi medi per aprire una nuova miniera si misurano in lustri o decenni.

 

Tabella 2 - Picco della domanda annuale in base a NEO Climate Scenario rapportata alla produzione 2018 - Dati in tonnellate - Elaborazione su dati JRC - JSF - CSIRO

 

Per una migliore lettura dei dati della tabella 2 si riporta nei due grafici sottostanti il rapporto tra la produzione 2018 e quella attesa nell'anno di picco per alcuni dei metalli presi in esame. Nel primo grafico per il litio, il cobalto ed il nichel l'anno di maggior produzione sulla base del modello analizzato è il 2050.

 

Analogamente il successivo grafico rappresenta le mediame considerazione per argento il cui anno di picco della richiesta è previsto nel 2033 ed il neodimio e disprosio per i quali l'anno del massimo della produzione è previsto nel 2050.

Discorso a parte merita la grafite, spesso ignorata nei calcoli previsionali e non inclusa nelle precedenti valutazioni.

Il suo unico utilizzo nelle tecnologie energetiche incluse in questa analisi è legato allo stoccaggio dell'energia nelle batterie agli ioni di litio. La grafite, utilizzata nella costruzione dell'anodo, rappresenta quasi il 53,8% della domanda di minerali per questa specifica applicazione. La produzione annua è di circa 1,2 milioni di tonnellate di cui circa 700.000 sono della tipologia idonea per essere utilizzata nelle batterie. Attualmente, la Cina produce circa il 75% della grafite mondiale ed il 100% della grafite naturale utilizzata nelle batterie. A causa di questa dipendenza dalla Cina sia l'UE che gli Stati Uniti hanno dichiarato la grafite un minerale critico.

Nello scenario in esame il consumo totale di grafite sarà di oltre 200 milioni di tonnellate, rispetto alla produzione del 2018 si stima che nel 2050, per rispettare i target previsti, la produzione annuale dovrà aumentare di quasi il 500%.

Ulteriori considerazioni sono basate sull’evoluzione di queste tecnologie che possono implicare l'utilizzo di altri metalli quali sostituti, come il molibdeno ed il cromo che sono correlati a quello degli acciai ad alta resistenza ed alla percentuale di impianti onshore ed offshore. O come il terbio che viene utilizzato nel magnete permanente del generatore della turbina dove si sostituisce al disprosio. In media, i generatori a trasmissione diretta contengono 7 t / GW di terbio ed i generatori a trazione ibrida ne contengono 1 t / GW. Inoltre il terbio, che è noto per essere più efficace nel migliorare la coercitività di un magnete rispetto al disprosio, permettendo di risparmiare circa l'1% di materiale. Tuttavia, poiché il terbio è storicamente più costoso del disprosio, il suo utilizzo nei magneti permanenti è piuttosto limitato. La tabella 3 contiene le stime di approvvigionamento di questi metalli.

Tabella 3 - Elaborazione su dati JRC - JSF - CSIRO

 

Non solo metalli rari

 

Il 20% delle emissioni globali di CO2 è dovuto alla produzione di 5 materiali: acciaio, cemento, plastica, carta ed alluminio. Quattro di questi: acciaio, cemento, plastica e alluminio sono tra i più utilizzati dalle tecnologie green.

La tabella 4 riassume le quantità necessarie di questi materiali per gli obbiettivi dell’energia eolica del NEO Climate Scenario.

Tabella 4 - Elaborazione su dati JRC - JSF - CSIRO

 

Mentre la tabella 5 illustra i dati per l’energia prodotta con impianti fotovoltaici.

 

 Tabella 5 - Elaborazione su dati JRC - JSF - CSIRO

 

Nel complesso pertanto verranno utilizzati circa 4 miliardi di tonnellate di metalli con le limitazioni già esposte e senza prendere in considerazione settori rilevanti come i motori elettrici necessari al funzionamento delle auto elettriche e le celle a combustibile necessarie all’utilizzo dell’idrogeno come combustibile.

Inoltre saranno necessari circa 5 miliardi di tonnellate di calcestruzzo, la diga di Assuan una delle più grandi al mondo è stata costruita con poco più di 14 milioni di calcestruzzo se ne costruissimo altre 100 non saremmo ad un terzo del calcestruzzo necessario al NEO climate scenario.

Le statistiche del WWF  valutano che la produzione mondiale di plastica sia stata di oltre 310 milioni del 2018, e che 8 milioni di tonnellate di questa plastica finiscano negli oceani dove ad oggi, si stima, ve ne siano più di 150 milioni di tonnellate. Il modello proposto richiederà la produzione (e lo smaltimento) di 750 milioni di tonnellate di plastica.

Esistono poi tecnologie emergenti che entreranno in competizione per questi stessi metalli come la robotica, i droni, lo sviluppo delle stampa 3D, naturalmente il digitale ed il 5G. La Cina in particolare, che sta aprendo la strada agli sviluppi del 5G, ha dimostrato una crescita significativa non solo nei requisiti per le batterie dei dispositivi portatili, ma anche nell'infrastruttura associata che si sta rivolgendo a soluzioni agli ioni di litio per le sue esigenze di accumulo di energia. Di conseguenza molti analisti prevedono dall'adozione globale del 5G una domanda pressoché raddoppiata per le batterie agli ioni di litio.

 

I limiti del Pianeta

 

Vi sono alcune ulteriori implicazioni, forse non del tutto immediate, perché le previsioni delle future richieste di minerali si concentrano sul conteggio della quantità di elementi puri e raffinati necessari, ma non sulla quantità totale di terreno vegetale e roccia che deve essere scavata, spostata e lavorata.

Per ogni tonnellata di un minerale raffinato viene fisicamente spostato e lavorato un tonnellaggio molto maggiore di roccia: è il concetto di tenore espresso come la percentuale di roccia che contiene l'elemento ricercato. Circa 200 tonnellate di minerale vengono scavate, spostate, frantumate e lavorate per arrivare a una tonnellata di rame. Per le terre rare, vengono trattate da 20 a 160 tonnellate di minerale per tonnellata di elemento. Per il cobalto, vengono estratte e processate circa 1.500 tonnellate di minerale per arrivare a una tonnellata di minerale puro.

Il limite fisico pertanto è legato all’energia perché l'estrazione mineraria richiede energia. L’industria mineraria, dai processi estrattivi fino ai successivi processi di raffinazione, richiede un’elevata quantità di energia. La disponibilità di un minerale perciò viene condizionata dalla quantità di energia necessaria a tutti questi processi che peraltro è ulteriormente legata al tenore del minerale presente nella roccia. Come esempio si consideri che una miniera di rame viene ritenuta economicamente sostenibile quando sia presente un tenore almeno dello 0,5%, cioè 5kg di rame per ogni tonnellata di roccia estratta. Idealmente, questo valore dovrebbe avvicinarsi al 2%.

Pertanto quanto più diminuisce il tenore del minerale nella roccia quanta più energia è necessaria per estrarlo. Alla luce di questa considerazione e prendendo in esame il grafico sottostante, che riporta l’andamento del tenore di alcuni metalli necessari alle tecnologie green in uno dei continenti, l’Australia, dove si trovano alcuni tra i più grandi giacimenti globali, è immediato osservare come l’andamento del tenore, indicato dalla linea grigia, sia in palese contrazione.

Andamento del tenore di alcuni metalli necessari alle tecnologie green in Australia. Fonte Gavin M. Mudd Env. Eng. RMIT Uni

Ancora più significativo è il grafico successivo che indica l’andamento dell’energia necessaria alla produzione rapportata al tenore nelle miniere di rame cilene, il più grande produttore al mondo, fornita dalla Chilean Copper Commission (COCHILCO) un'agenzia tecnica specializzata che fornisce consulenza al governo cileno su questioni riguardanti la produzione di rame.

È nella realtà fisica dell’estrazione e nella chimica fisica del raffinamento che troviamo la spiegazione dell’insostenibilità della scala a cui viene proposta l’energia verde.

Per l’industria mineraria non c’è nulla di nuovo o di sorprendente nelle quantità di energia e sostanze chimiche utilizzate nelle fasi dei processi necessari a purificare i minerali presenti nelle rocce. Sebbene ci siano sempre metodologie per migliorare l’efficienza economica e migliorare la sicurezza e la sostenibilità, la ricerca dimostra che, per quanto riguarda l’efficienza energetica, la maggior parte dei processi minerali già funziona vicino ai limiti tecnici o fisici.

Sono infondate anche le speranze dell’esistenza di favolosi giacimenti ancora da scoprire, la distribuzione dei metalli rari nella crosta terrestre segue un andamento particolare: una piccola quantità di questi metalli è contenuta in giacimenti a concentrazione relativamente alta mentre la maggior parte della quantità totale è contenuta a basse concentrazioni nella roccia indifferenziata. Fra le due distribuzioni c'è il vuoto. Passando nell'estrazione da una tipologia di giacimento all'altra il consumo energetico aumenta in modo drammatico determinando quella che viene definita la barriera mineralogica[1].

Non a caso si continua a parlare con sempre maggior frequenza dell’estrazione mineraria dai fondali oceanici per permettere la costruzione dei dispositivi necessari all'energia verde.

Le tecnologie destinate alla produzione di "energia pulita" sono in realtà una composizione di materiali ad alta intensità, significativamente maggiore rispetto agli attuali sistemi tradizionali di approvvigionamento energetico basati sui combustibili fossili: la batteria di un'auto elettrica pesa circa 450 chilogrammi, fornire i minerali raffinati necessari per produrla richiede l’estrazione, lo spostamento e l’elaborazione di oltre 226 tonnellate di materiali grezzi. Un motore a combustione interna utilizza poco più di 11 tonnellate di petrolio nella vita di un’auto.

Anche nell'inverosimile ipotesi che l'energia eolica fosse programmabile o accumulabile, la sostituzione della produzione di energia da una singola turbina a gas naturale da 100 MW, a sua volta delle dimensioni di una casa residenziale, che produce elettricità sufficiente per 75.000 abitazioni, richiederebbe almeno 20 turbine eoliche, alte oltre 150 metri ciascuna, che impegnano oltre 30 chilometri quadrati di terreno.

Un recentissimo articolo pubblicato su Nature Communications Journal ha rivelato che l'estrazione mineraria potenzialmente influisce su 50 milioni di km2 di superficie terrestre, superiore a quella del continente asiatico, con l’8% che coincide con le aree protette, il 7% con le principali aree di biodiversità e il 16% in aree ancora incontaminate. La maggior parte delle aree minerarie considerate, 82%, estrae materiali necessari per la produzione di “energia rinnovabile".

Le minacce dell'attività minerarie alla biodiversità aumenteranno inevitabilmente se gli obbiettivi saranno quelli del NEO Climate Scenario o di scenari similari e senza una pianificazione volta a tutelarle queste nuove minacce alla biodiversità potrebbero superare quelle evitate dalla mitigazione dei cambiamenti climatici.
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Giovanni Brussato

 

Riferimenti:

1. B.Skinner - Università di Yale

2. Critical Raw Materials for Strategic Technologies and Sectors in the EU A Foresight Study - European Commission, Joint Research Centre

3. Minerals for Climate Action: The Mineral Intensity of the Clean Energy Transition - World Bank

4. Metals for a Climate Neutral Europe - Institute for European Studies (IES)

 

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