Sul Piano Energia Clima (PEC) per il 2030 (ed in particolare sul settore elettrico) incombono costi insostenibili. Nonostante un acclarato eccesso di capacità di produzione elettrica, si manifesta fin d'ora il problema di come coprire il fabbisogno creato dalla chiusura anticipata di troppi impianti termoelettrici. La soluzione principale indicata dal PEC sono gli accumuli. Ma gli accumuli elettrochimici sono impianti costruiti solo per le emergenze critiche, che nulla hanno a che fare con lo stoccaggio delle enormi quantità di energia elettrica che verranno prodotte, secondo il PEC, nel 2030 da FER non programmabili. Basti pensare, tanto per fare un esempio delle dimensioni del problema, che è prevista una produzione da fonte solare di 74,5 TWh. Per produrre con il fotovoltaico una simile quantità di energia, nel 2030 saranno necessari - ipotizzando la stessa produttività del fotovoltaico del 2018 di circa 1.100 ore all'anno (22 TWh prodotte da quasi 20 GW di potenza) - ben 67,7 GW di potenza FV installata (74,5 TWh : 1.100 ore), cioè una potenza, essa sola, superiore del 10% al picco massimo di domanda elettrica mai registrato in Italia. Che fare allora delle mostruose eccedenze produttive se non regalarle all'estero oppure arrestare di continuo parte della produzione non programmabile? La maturità tecnologica conclamata da Rifkin delle celle a combustibile e quella economica dell’idrogeno si sono rivelate due colossali bufale. L'ipotesi dei pompaggi nelle dighe idroelettriche è impercorribile per una serie di motivi, innanzi tutto per banali ragioni di convenienza economica: i sistemi di pompaggio già esistono e già oggi sono largamente sottoutilizzati. Il motivo di questo sottoutilizzo sta proprio in uno degli effetti prodotti dalle Fer elettriche non programmabili: il progressivo restringimento dello spread del prezzo dell'elettricità all'ingrosso tra le ore (diurne) di picco e le ore (notturne) di fuori picco ne ha eliminato in gran parte la convenienza. Eppure, nonostante l'evidenza, a Roma si insiste con questa ipotesi dei pompaggi. Del resto, senza accumuli, crollerebbe tutto il castello di carta della transizione energetica basata sulle FER elettriche non programmabili. Alla fine sarà forse necessario dedicare l'idroelettrico esistente a funzioni di regolazione, destinando tutto l'idroelettrico a bacino (non incentivato) ad una funzione vassalla di eolico e fotovoltaico (incentivati). Chiarezza e credibilità delle affermazioni nell'odierna politica energetica italiana sono passate in secondo piano. Tutto questo (controproducente) zelo ultra ortodosso per la tutela del clima globale condurrà inevitabilmente tutti i Paesi europei, come già riconosciuto dall'Olanda, alla creazione di un installato con caratteristiche di alta flessibilità pari all'installato delle fonti rinnovabili non programmabili. Un raddoppio del sistema elettrico, in definitiva, ed una moltiplicazione dei suoi costi. Si dimostra vieppiù che per l’energia non esistono soluzioni semplici nè, tanto meno, aiuta la demagogia politica improvvisata.
Sul Piano Energia Clima (PEC) per il 2030 (ed in particolare sul settore elettrico) incombono costi insostenibili, come osservato da Antonio Sileo e Nicolò Cusumano, ricercatori della Bocconi, nell'articolo sulla Staffetta Quotidiana dell'8 marzo "Elettricità, lo stallo delle rinnovabili e il pericolo di stranded cost":
"Obiettivi ambiziosi, certo, la cui implementazione vera è rimandata alla prossima legislatura. I nuovi investimenti si concentreranno, così si legge, tutti dopo il 2024... A questo si dovrà aggiungere il sembra definitivo abbandono al 2025 del carbone, compresa la nuova centrale di Torrevaldaliga Nord da ben 1.980 MW entrata in esercizio meno di dieci anni fa, la cui conversione da olio a carbone, ricordiamolo, è costata quasi 2 miliardi di euro... Attualmente l'Italia vive una situazione di eccesso di capacità di produzione rispetto alla domanda. La bassa redditività degli impianti termoelettrici sta già portando alla chiusura, anche anticipata, di molti impianti. In un futuro sempre più prossimo bisognerà, quindi, ricominciare seriamente a domandarsi come coprire il fabbisogno e quindi favorire nuovi investimenti."
Proprio per coprire questo fabbisogno, accumulando la produzione non programmabile della quantità stragrande di impianti eolici e fotovoltaici previsti per il 2030, da qualche anno si favoleggiava di un impianto all'avanguardia nello stoccaggio di energia elettrica in costruzione proprio a Torrevaldaliga Nord.
Un paio di mesi fa abbiamo appreso sbalorditi, dalla Staffetta Quotidiana dell'11 febbraio nell'articolo "Batteria a Torre Nord, Viale: Enel precursore negli accumuli", che "Enel ha confermato oggi che il suo progetto di batteria da poco meno di 10 MW presso il gruppo 4 della centrale di Torrevaldaliga nord (Rm) è stato selezionato da Terna nell'ambito del progetto pilota..."
La potenza è però solo uno dei due elementi per stabilire la capacità di accumulo dell'impianto; l'altro è il tempo: queste due componenti, assieme, sapranno rivelarci quali sono le potenzialità del sistema. Ecco allora fornita nello stesso articolo, sia pure indirettamente, l'informazione che mancava:
"Il sistema di accumulo integrato, scrive Enel nella nota, sarà la prima batteria da 10 MW in Italia, e avrà una capacità di energia di 11 MWh".
In altre parole, dividendo l'energia per la potenza, l'Enel ci informa candidamente che il suo ciclopico sistema ha una durata di poco più di... un'ora ( ! ). Ci sono cadute le braccia. Per intenderci meglio facciamo un esempio: 11 MWh rappresentano esattamente il consumo elettrico pro capite annuo di 2 (due!) italiani. Oppure, se preferite, 11 MWh rappresentano la riserva per assicurare i consumi elettrici di 17.520 cittadini per un'ora (2 X 8.760 ore da cui è composto un anno). In un sistema integralmente decarbonizzato e basato sulle Fer non programmabili, come previsto dal PEC in prospettiva 2050, rimarrebbe il non piccolo problema di come accumulare energia elettrica per i bisogni dei restanti 60 milioni di italiani nel caso in cui non tirasse vento per le pale e non splendesse il sole per i pannelli. A meno, ovviamente, di ipotizzare la costruzione di migliaia di impianti di stoccaggio come quello di Torrevaldaliga su tutto il territorio nazionale. A quel che ci risulta, la notizia non è stata commentata (e quindi ridicolizzata) da nessun organo di stampa nazionale a larga diffusione.
Ancora più modesti i risultati della concorrenza dell'Enel. Veniamo a sapere, ad esempio, nell'articolo di Tuttoscienze della Stampa del 6 febbraio a firma Luigi Grassia "La batteria per le rinnovabili. Edison la abbina a un super-impianto. Rimedio all'incostanza di Sole e vento" che la Edison "ha abbinato un grande sistema di accumulo da 822 kWh al suo impianto fotovoltaico di Altomonte, in provincia di Cosenza, per sperimentare la capacità di queste batterie di essere complementari all'energia ricavata dal Sole... il sistema di immagazzinamento di Altomonte... è racchiuso in un anonimo container... dentro si trovano 108 moduli di batterie agli ioni di litio per una potenza installata di 500 kiloWattt".
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