ENERGIA: da acclamata a fortemente osteggiata: la parabola dell’eolico onshore.

"Ciascuna turbina ha bisogno di 0,6 ettari di terreno agricolo, ingombra visivamente, ha un impatto sull’ecosistema, il che genera problemi di accettazione sociale".

 

L'articolo del giorno. Rassegna stampa per i resistenti sui crinali a cura di Alberto Cuppini.

 

E' stato pubblicato il primo numero della Rivista Energia dell'anno 2022.

Vogliamo segnalare l'articolo di Dominique Finon "Da acclamata a fortemente osteggiata: la parabola dell’eolico onshore".

Finon non è un ambientalista nè ha a che fare con i comitati e le organizzazioni contro l'eolico. Anzi: è sempre stato un entusiasta sostenitore delle rinnovabili, eolico compreso. E' infatti un ricercatore del Centre National de la Recherche Scientifique (CNRS). Eppure non può non riconoscere che lo sviluppo dell'eolico a terra è in piena fase involutiva:

"Un dato è incontrovertibile: “la crescita record del passato è ormai lontana”, i produttori storici faticano a fare profitti e numerosi posti di lavoro sono stati persi. Una montante opposizione locale, “cui fanno seguito problemi di autorizzazione e ricorsi legali”, è la principale barriera allo sviluppo."

Finon osserva come la parabola discendente dell'eolico onshore nei vari Paesi europei sia causata principalmente da problemi di "accettazione sociale".

In Germania, ad esempio, "Sempre più organizzata e supportata da legali esperti, l’opposizione delle comunità locali blocca i progetti e rende difficile l’ottenimento delle autorizzazioni".

Altre citazioni sono inutili. Le potete leggere liberamente nella recensione dell'articolo sul blog della Rivista Energia.

L'autore, però, proponendo soluzioni del tutto inadeguate, dimostra di sottovalutare il problema e non giunge alla ovvia, inevitabile conclusione a cui siamo giunti noi della Rete della Resistenza sui Crinali oppure Italia Nostra, quando chiedeva l'eccezione Italia per l'eolico.

Forse proprio per questa mancanza di sensibilità verso i "problemi di accettazione sociale" (o almeno così ci auguriamo), il presidente dell'Anev Simone Togni due giorni fa si è dimesso dal consiglio direttivo del coordinamento Free (l'onnipotente lobby dei rinnovabilisti). Togni vorrebbe un'accelerazione della campagna di comunicazione, già oggi schiacciante in modo insopportabile su tutti gli organi di informazione, a sostegno delle Fer. 

Come dichiarato dallo stesso Togni al Quotidiano Energia:

"Constatiamo che su questo punto la nostra associazione e il coordinamento Free stanno correndo a velocità differenti... ci sono centinaia di progetti eolici bloccati dalle Soprintendenze su cui si potrebbe e si dovrebbe intervenire in un momento come questo. Mi chiedo perché e con quale criterio si sia agito solo su sei iniziative (di "sblocco" governativo di progetti eolici)."

Anche il coordinamento Free e soprattutto il governo se lo sono chiesti e si sono pure dati una risposta. La risposta consiste, appunto, nei "problemi di accettazione sociale" indicati da Finon. Se i progetti eolici, che Togni vorrebbe che venissero approvati a spallate dal governo, fossero davvero centinaia, e ciascuno di essi comportasse, come comporta, l'irritazione di migliaia di cittadini elettori (decine di migliaia per il progetto dell'AGSM al Giogo di Villore nel Mugello), che subirebbero in un modo o nell'altro un insopportabile nocumento dalle ciclopiche pale di Togni & Co., il conto sarebbe bello e fatto: milioni di cittadini elettori insorgerebbero contro l'eolico e, per induzione, contro tutti gli impianti Fer di dimensione industriale.

Il coordinamento Free è spregiudicato ma non è stupido. Ha perciò preferito lasciare andare per la propria strada una scheggia impazzita capace di affondare tutto il loro sistema di rendite pubbliche e di sinecure garantite dallo Stato. Si spera che anche i decisori politici ne traggano le debite conclusioni.