Il Foglio: "Il report del governo spagnolo sul blackout mostra gli errori compiuti con le rinnovabili. La Spagna ha sottovalutato le esigenze di sicurezza della rete in una fase di trasformazione del sistema elettrico. La transizione ha molti benefici ma impone anche costi e cambiamenti comportamentali: fingere che questa seconda parte non esiste rischia di far prendere il mal spagnolo". Di fronte al disastro dell'apagòn, alla distruzione della nostra industria e al repentino impoverimento di milioni di famiglie italiane non resta da percorrere altra via se non quella della sospensione sine die dell'European green deal e l'abbandono delle rinnovabili non programmabili (eolico e fotovoltaico) come scelta praticabile.
Finalmente, dopo quasi due mesi dal fattaccio, il governo spagnolo ha reso pubblico il primo rapporto sul grande blackout che ha lasciato al buio per un giorno tutta la penisola iberica.
Leggiamo dall'articolo di Luca Tabasso sul Quotidiano Energia del 18 giugno "Blackout iberico, il mea culpa del Governo spagnolo":
"Madrid: responsabilità non solo del Tso e delle grandi utility, ma anche di procedure operative vecchie di 25 anni. Scambio di accuse tra Ree e aziende elettriche."
Il giornalista italiano più esplicito è stato Sergio Giraldo, sulla Verità di oggi, con l'articolo "Al governo spagnolo scappa la verità: il blackout era colpa dei magheggi green", che sottotitola "Il report sul caos del 28 aprile svela: rinnovabili spinte a spese della sicurezza, per tenere le bollette artificiosamente basse":
"Nelle 182 pagine di relazione, pur nascondendo molto, il governo non può negare l'evidenza ed è costretto ad ammettere che il sistema elettrico spagnolo al momento del blackout non era dotato di adeguati sistemi per mantenere stabile la rete... Le conclusioni del rapporto hanno una valenza soprattutto politica: il blackout ha una radice politica, non tecnica. Il governo spagnolo ha spinto molto sulle fonti rinnovabili... senza investire nella sicurezza della rete, provocando l'illusione di prezzi bassi. Una allucinazione collettiva... Tutto ciò per dire, politicamente, che le fonti rinnovabili costano poco."
Proseguiamo la rassegna stampa con un editoriale, non firmato, del Foglio di oggi "L'altro lato della transizione spagnola", che sottotitola "Il report del governo sul blackout mostra gli errori compiuti con le rinnovabili" e che così conclude:
"la Spagna ha sottovalutato le esigenze di sicurezza della rete in una fase di trasformazione del sistema elettrico... La transizione ha molti benefici ma impone anche costi e cambiamenti comportamentali: fingere che questa seconda parte non esiste rischia di far prendere il mal spagnolo".
I "costi" e i "cambiamenti comportamentali" insostenibili della transizione al "tutto elettrico" cominciano ad essere sempre più evidenti, anche a chi, come ad esempio Tony Blair, della transizione era stato entusiasta sostenitore (qui, dall'Astrolabio, la prefazione al suo recente studio, finalizzato a reimpostare le politiche sul cambiamento climatico).
Una vittima conclamata del "mal spagnolo" è il presidente della Confindustria. Mi ero risollevato leggendo questo titolo de La Stampa del 15 giugno che riportava un'affermazione di Emanuele Orsini: "Sull'auto l'Ue ha fatto un disastro", in cui il presidente della Confindustria, in un congresso a Rapallo, riprendeva lo stesso termine ("disastro") usato nell'intervista del Figaro a De Meo (che nel frattempo pare abbia saggiamente deciso di cambiare settore merceologico) e Elkann (padrone della Stampa). Poi purtroppo, nel corpo del medesimo articolo di Giulia Ricci, ho letto quest'altra affermazione dello stesso Orsini, che ci tiene a dimostrare che la crisi della classe dirigente italiana non riguarda solo la politica e la pubblica amministrazione:
"Mi andrebbe bene un blackout di due giorni, se il prezzo delle bollette fosse quello della Spagna".
Non so se fosse una battuta, in ogni caso è una balordaggine. Ma chi abbiamo ai vertici dell'economia nazionale? Padre, perdona loro, perché non sanno quello che dicono.
Il presidente (in uscita) dell'ARERA Stefano Besseghini aveva rivelato la vera natura del problema della transizione energetica in Italia nella sua altrimenti banalissima relazione di fine mandato. L'unico suo slancio di indipendenza di giudizio e di coraggio (tardivo) è stato rilevato solo dal Quotidiano Energia nel titolo (Arera: "Transizione, serve un concreto principio di realtà") e nell'incipit dell'articolo di Carlo Maciocco dell'altro ieri:
"Il percorso di transizione energetica è stato spinto “anche da una chiara volontà politica che spesso ha cercato di ‘proporre’ la soluzione tecnologica” mentre sarebbe auspicabile “passare ad un concreto principio di realtà”."
Il nocciolo della questione era stato individuato già da tempo da Paolo Annoni sul Sussidiario, ad esempio nell'articolo del 28 maggio "Perché il Governo è destinato a deludere gli imprenditori", in cui leggevamo:
"I prezzi dell’elettricità doppi rispetto a quelli del 2019 hanno creato sacche di profitti che come minimo mettono nelle condizioni di fare investimenti. Purtroppo, però, due decenni di incentivi generosi alle rinnovabili e alla transizione hanno creato dipendenza da sussidi pubblici e l’assuefazione a rendimenti garantiti dallo Stato a prescindere da qualsiasi contesto economico e finanziario. Anche in questo caso il Governo deve essere attento a scegliere che incentivi dare e a non assecondare comportamenti opportunistici."
Di fronte al disastro dell'apagòn (che sarà ricordato come il primo grande blackout dell'era delle energie rinnovabili), alla distruzione della nostra industria e al repentino impoverimento di milioni di famiglie italiane non resta da percorrere altra via se non quella della sospensione sine die dell'European green deal e l'abbandono delle rinnovabili non programmabili (eolico e fotovoltaico) come scelta praticabile.
Alberto Cuppini