Bankitalia mette in guardia sui rischi di una transizione sbagliata

Importantissima (anche se trascurata dai mass media) constatazione del governatore della Banca d'Italia sull'esistenza di due differenti "rischi climatici" per l'economia ("le stesse politiche di contrasto ai cambiamenti climatici possono essere fonte di rischio economico"). I "rischi di transizione", come vengono definiti nella relazione annuale, si aggiungono agli effetti ormai pienamente visibili sull'inflazione, provocata dai costi di una "transizione ecologica" europea raffazzonata, velleitaria e sbagliata nei modi e - soprattutto - nei tempi.

 

 

Lunedì è stata presentata dal governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco la consueta relazione annuale.

Quest'anno un'intera sezione monografica è stata dedicata a "Banche centrali, rischi climatici e finanza sostenibile". In particolare il primo paragrafo della sezione, a pag. 200, è intitolato "I rischi climatici per l’economia e il sistema finanziario".

 

Qui troviamo il passaggio che più ci interessa:

 

I cambiamenti climatici comportano due tipologie di rischio per il sistema economico e finanziario. Il “rischio fisico” è legato al verificarsi di fenomeni naturali determinati dai cambiamenti climatici sia cronici, come la progressiva deviazione delle temperature e delle precipitazioni dalle tendenze storiche, sia acuti, come gli eventi che presentano una bassa probabilità di manifestarsi, ma hanno un alto impatto potenziale (ad es. alluvioni e ondate di calore). Il “rischio di transizione” deriva dal passaggio a nuove tecnologie produttive che permettano di ridurre le emissioni di gas serra. In questo ambito le stesse politiche di contrasto ai cambiamenti climatici possono essere fonte di rischio economico da prendere in considerazione: variazioni della regolamentazione repentine o inattese, non ben pianificate o non armonizzate a livello internazionale, possono infatti cogliere impreparate le imprese operanti nei settori economici più esposti, con potenziali ripercussioni negative sulla loro attività e su quelle collegate.

 

Questa osservazione assume particolare rilievo se collegata con quella a pag. 29 della relazione, nel paragrafo "I prezzi e i costi" del capitolo "L’economia e le politiche di bilancio dell’area dell’euro":

 

Da gennaio del 2021 l’inflazione è tornata positiva, collocandosi all’1,6 per cento in aprile. Gli incrementi osservati all’inizio dell’anno sono tuttavia in larga parte dovuti a fattori temporanei: il venire meno degli effetti del taglio delle aliquote IVA in Germania; le misure introdotte dal Climate Action Programme 2030 tedesco (ad es. la carbon tax, gli incentivi all’utilizzo di energia da fonti sostenibili, l’aumento delle tasse sulle nuove immatricolazioni in base alle emissioni di CO2; l’avvio posticipato dei saldi stagionali invernali in Francia e Italia.

 

E' tuttavia intuitivo che, a differenza delle variazioni dell'IVA in Germania e dei saldi invernali posticipati altrove, le prime misure del Climate Action Programme tedesco non hanno affatto natura temporanea. Appare altresì del tutto evidente che l'adozione di analoghe misure ovunque in Europa, per effetto della decisione puramente emotiva della presidente della Commissione UE Von der Leyen di attuare la decarbonizzazione integrale già entro il 2050, farà esplodere i prezzi e causerà forti sommovimenti nell'Unione.   

 

Sta realizzandosi quello che in un certo senso ci auguravamo: la folle accelerazione della "transizione ecologica" europea ha fatto nascere (finalmente!) nei poteri forti italiani il timore di una repentina uscita di strada dell'economia che in precedenza, pur essendo già assicurata dal velleitario ed irrazionale PNIEC, non era mai stata neppure presa in considerazione.

 

Analogamente, il rapido aumento dei costi energetici potrebbe condizionare le imminenti elezioni politiche in Germania e in Francia, ridimensionando gli effimeri exploit dei verdi nei sondaggi e dirottando quei voti verso chi si è sempre dimostrato scettico verso le virtù taumaturgiche dell'eolico e del fotovoltaico. Solo così si potrà affrontare l'arduo problema di nuove e meno inquinanti soluzioni energetiche con un approccio più maturo e realistico.

Chissà. Forse (presto) dovremo ringraziare la "piccola Greta" o, per meglio dire, gli ideatori di questo fenomeno mediatico mondiale che, involontariamente, hanno permesso di scoprire in anticipo, quando si è ancora in tempo per rimediare, i troppi bluff delle energie rinnovabili. 

 

 

Alberto Cuppini