I grandi impianti eolici e l’appennino nord-occidentale

Una concezione distorta di transizione ecologica ed energetica. Da Sentierivivi 4P - il forum per l'escursionismo lento e consapevole in Oltrepò e nelle valli tortonesi delle Quattro Province (Genova, Alessandria, Pavia e Piacenza) - la presentazione del documento sulla "sregolata proliferazione sui territori più fragili di opere di enorme impatto ambientale" (nel caso specifico tre progetti di grandi impianti eolici) redatto da alcune associazioni territoriali.

 

 

Un numeroso e vario gruppo di associazioni radicate nel territorio ha elaborato un documento (qui il testo integrale) intitolato “Una concezione distorta di transizione ecologica ed energetica: i grandi impianti eolici e l’appennino nord-occidentale”, per esprimere forti critiche e preoccupazioni su tre progetti che interessano la porzione della catena appenninica compresa nelle quattro province di Genova, Alessandria, Pavia e Piacenza, traendone riflessioni e esprimendo la propria posizione sul rapporto tra sviluppo e ambiente.

 

Hanno sottoscritto il documento:

- le seguenti realtà che partecipano al coordinamento “Forum Sentieri Vivi 4P”: Club Alpino Italiano sezione di Novi Ligure – Club Alpino Italiano sezione di Tortona – Club Alpino Italiano sezione di Voghera – Club Alpino Italiano commissione TAM di Tortona- Federazione nazionale Pro Natura – Mountain Wilderness Italia – Comitato per il territorio delle Quattro Province – Gruppo Micologico Vogherese

- l’associazione “Il cammino dei ribelli”

- l’associazione “Pro loco di Caldirola”

 

Nello specifico, le critiche riguardano non solo gli impatti ambientali dei progetti ma anche, oltre alla scarsa trasparenza delle procedure, le evidenti forzature compiute profittando dei diversi regimi normativi e dell’assenza di coordinamento e di uniformità di giudizio tra regioni confinanti.

 

I tre progetti:

L’impianto sul crinale di Costa Popein – 4 aerogeneratori da 4,20 MW tra valle Scrivia ligure e val Lemme piemontese, in comune di Isola del Cantone, autorizzato dalla regione Liguria, comprende pesanti e del tutto inappropriati interventi in territorio piemontese, nella val Barca, avallati con una frettolosa e poco approfondita “autorizzazione paesaggistica semplificata”.

L’impianto Monte Poggio – Con un escamotage (spostando di poche decine di metri la collocazione dei macchinari in modo da far ricadere l’impianto in Liguria e non in Piemonte), il progetto al passo della Bocchetta (5 aerogeneratori da 3,22 MW l’uno) ha ottenuto l’esclusione dalla valutazione ambientale, pur ricadendo ancora nel corridoio (“buffer”) di un chilometro esterno alla Zona di Protezione Speciale “Capanne di Marcarolo”, entro il quale, seguendo i criteri della “direttiva uccelli” dell’Unione Europea, opera un divieto stabilito a tutela di una importante rotta migratoria dell’avifauna. Motivazione: il divieto non potrebbe trovare applicazione al di fuori del territorio piemontese.

L’impianto Monte Giarolo – Dell’imponente progetto per ora si sa solamente che dovrebbe essere composto da 20 aerogeneratori, per una potenza complessiva di ben 124 MW, e che riguarderebbe i comuni di Albera Ligure, Cabella Ligure (entrambi nell’alessandrina val Borbera) Fabbrica Curone (in val Curone, provincia di Alessandria) e Santa Margherita di Staffora (in valle Staffora, provincia di Pavia). È stato presentato a gennaio presso il ministero dell’ambiente, ma solo ad agosto e solo fortuitamente le amministrazioni comunali interessate ne sono venute a conoscenza.

 

La posizione di chi ha sottoscritto il documento:

Il testo, dopo un richiamo ai contenuti della bozza di decreto ministeriale sulle “aree idonee” per la collocazione degli impianti, prosegue rilevando che, se, in tutta evidenza, è indispensabile e indilazionabile una transizione energetica, essa deve necessariamente fondarsi sulla decisa riduzione dell’utilizzo delle risorse naturali accompagnata dalla massima efficienza nel loro impiego.

“Una crescita infinita è incompatibile con un pianeta finito”: a dimostrarlo è il fallimento dell’esperienza ormai pluridecennale di scelte orientate a favorire la “mano invisibile” del mercato che, stimolata da politiche pubbliche di incentivazione alle rinnovabili, avrebbero dovuto consentire l’uscita dalle fonti fossili senza mettere in discussione il paradigma della crescita senza limiti.

La conclusione: “Sono tante e diverse le ragioni per cui è non solo legittimo ma necessario da parte dei governanti e dei cittadini vigilare ed esigere il rispetto delle normative, e porre e chiedere attenzione alla dislocazione degli impianti, al numero e alla taglia dei macchinari, e valutarne le ricadute non solo economiche, ma ecologiche, paesaggistiche, sociali e lavorative.

Gli impianti di produzione di energia rinnovabile devono essere progettati e realizzati in aree già artificializzate, impiegando le tecnologie più aggiornate tra quelle esistenti, prima di dare il via in modo acritico a una sregolata proliferazione sui territori più fragili di opere di enorme impatto ambientale, che finiscono per favorire l’interesse di pochi a danno delle comunità locali e di tutti i cittadini.”.

 

Giuseppe Raggi