Con la crisi del gas si rischia di dover tornare al carbone

 
 
 
Massimamente difficile oggi, per comprensibili motivi, scegliere l’articolo del giorno per la nostra rubrica. Gli spunti a dimostrazione della validità delle nostre tesi di questi anni contro la politica energetica basata sulle pale eoliche sono innumerevoli e ci imbarazza doverne scegliere uno solo, trascurando tutte le altre tardive ammissioni di errori (ancora non ben focalizzati) che arrivano anche dai giornali mainstream.
Abbiamo optato per questa intervista realizzata da Pietro De Leo sul Tempo (presente in forma ridotta anche sul sito web del quotidiano romano) al professor Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, che ammette che “ci troviamo di fronte ad una situazione disastrosa”. Abbiamo ritenuto l’intervista più efficace alla nostra causa anche rispetto all’articolo scritto da Tabarelli stesso, annunciato sulla prima pagina del Sole 24 Ore di oggi.
 
Tabarelli, che già in un’intervista di un mese fa al Foglio aveva ammesso come “una sostituzione completa tra fonti fossili e rinnovabili non sia realizzabile neanche nel lungo periodo”, oggi  viola un altro tabù:
 
"Nell’immediato dobbiamo cominciare a cercare molto più gas qui da noi e utilizzare da subito più carbone. In prospettiva, pensare anche a costruire delle centrali con le dighe, con l’idroelettrico".
 
L’innominabile carbone, più spregevole del già spregevole metano! Ebbene sì: primum vivere, deinde far fughino il venerdì mattina. Tabarelli riconosce dunque implicitamente che la caratteristica irrinunciabile per un sistema energetico è la programmabilità delle fonti. Ma questo non gli è bastato. Il professore, rispondendo ad un’altra domanda dell’intervistatore, si è voluto togliere un altro sassolino dalla scarpa:
 
Quanto conta un certo entusiasmo ideologico verso la transizione ecologica su tutto questo?
"Tantissimo, ma ovviamente non è l’unica ragione per questo stato di cose... Poi, ovviamente, si è inserito in tutto questo la cultura ambientalista della facile transizione motivata dal terrore del cambiamento climatico. Tra l’altro, con questi prezzi si consuma meno e si inquina meno. Saranno contenti adesso. Ricordo, peraltro, che c’è gente che ha vinto le elezioni dicendo di bloccare le trivelle e che il gas sarebbe arrivato lo stesso".
 
Bisogna riconoscere, ad onor del vero, che le colpe del disastro energetico, che oltre tutto ha fornito graziosamente a Putin soldi senza fine dagli europei, non devono essere addossate tutte a quelli che hanno vinto le ultime elezioni e che vantano la fede mistica nelle rinnovabili salvifiche come una delle cinque stelle del loro firmamento ideologico. Anche quelli che le ultime elezioni le hanno perse (ma che sono comunque tornati al governo per vie traverse...) quando governavano nella scorsa legislatura hanno seguito la sciagurata agenda energetica dettata loro da Legambiente.
 
Ora aspettiamo che Tabarelli completi il suo outing, anche perchè entro breve lo dovrà fare per forza, di fronte all’evidenza. Non deve continuare ad affermare:
 
"Chi è che può essere contro le fonti rinnovabili? Nessuno. Ma in questo momento siamo in stato di necessità".
 
Deve ammettere quello che pensa e che pensiamo anche noi da quel dì, e cioè che far funzionare l’Italia con pale e pannelli è un’idea da matti e serve solo a distribuire i soldi degli utenti ai nuovi oligarchi delle rinnovabili ed a ritardare la soluzione, ammesso che si riesca a trovarla, del problema dei cambiamenti climatici.