Corriere della Sera favorevole e contrario alla rivoluzione verde

Anche in materia di contrasto al cambiamento climatico, il vero problema dell'Italia è la pavidità ed il conformismo della sua classe dirigente.

 

 

Durante la sua lunga collaborazione con il Corriere della Sera, il grande Ennio Flaiano insegnava che, in Italia, la linea più breve per unire due punti è l'arzigogolo. Nonostante i tanti decenni trascorsi, il suo ammaestramento pare non essere andato smarrito presso gli attuali giornalisti del Corrierone. Ne reca indubitabile testimonianza il difficile rapporto tra essi e le energie rinnovabili, indicate per anni e anni, dal quotidiano di via Solferino, come la panacea di tutti i mali (climatici e non) del mondo. 

Il 10 maggio scorso ecco il primo fulmine a ciel sereno (a proposito di fenomeni metereologici estremi). Sulla prima pagina del Corriere compariva il traumatico articolo di Federico Fubini (non certo il primo che passa) dal titolo "La svolta ecologica (e i silenzi)":

"il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani sul Corriere ha detto: il costo per ottenere tutto questo è "elevatissimo". Elevatissimo e senza alternative. Non solo perché presto gli obiettivi ambientali dell'Unione europea potrebbero assumere un valore vincolante di legge... la scelta di affidarsi solo alle rinnovabili, rinunciando al sequestro del carbonio o all'idrogeno prodotto anche da gas naturale, per non parlare di una dose di nucleare nel mix, si spiega politicamente: per ora la principale forza di maggioranza - il Movimento 5 Stelle - non vuole nessun'altra possibile soluzione. Cingolani sul Corriere ha avvertito: "Non sarà bellissimo". Sviluppare entro nove anni tutta quell'energia dal solare per esempio significa tappezzare di pannelli oltre 200 mila ettari, quasi il 2% della superficie coltivata in Italia. Significa piantare pale eoliche letteralmente ovunque, compromettendo un paesaggio secolare e la risorsa del turismo... Evitiamo di risvegliarci tra qualche anno pieni di rancore verso il resto d'Europa, solo perché non avevamo capito dove avevamo scelto di andare."

E' evidente come questi improvvisi dubbi, espressi da un primario redattore sulla prima pagina del più diffuso quotidiano italiano (finora indiscriminatamente favorevole all'eolico e al fotovoltaico), non siano stati un caso. Proviamo a indovinare. Qualcuno si è attaccato al telefono (venendo ascoltato, e questa è la novità: chi sarà mai questo qualcuno così autorevole?) ed ha fatto presente che, con il decreto semplificazioni proposto da Cingolani e finalizzato alla realizzazione in tempi rapidissimi del PNRR, entro un mese si sarebbero piantati i chiodi sulla bara del disastro economico-energetico, oltre che ambientale-paesaggistico, italiano.

Finalmente il Corriere deprecava (come la Rete della Resistenza sui Crinali fa da una dozzina d'anni ed alcuni preveggenti, come Oreste Rutigliano, da una ventina) la pazzesca scelta di affidare tutta la lotta al cambiamento climatico all'installazione di colossali impianti rinnovabili elettrici in Italia. Cingolani stesso ammetteva che il relativo costo è "elevatissimo" e che "non sarà bellissimo". Meglio tardi che mai, ma, con le attuali regole del gioco, era troppo tardi. Ora si può sperare solo di limitare i (mostruosi) danni. Ma attenzione: con le attuali regole del gioco. Il Pianeta Terra sopravvivrebbe, ne siamo certi, anche se le cose in Italia venissero fatte dopo una pausa di riflessione superiore alla scadenze fissate dall'onnipotente ed onnisciente ministro della "Transizione ecologica", in conformità con i più inverosimili diktat di Bruxelles, graditi a troppi italiani felloni.

Lo stesso Fubini ribadiva questo "contrordine" in un articolo del 12 giugno. Questa volta contro il solo fotovoltaico, introducendo un'obiezione geopolitica cara alla Rete della Resistenza sui Crinali: "Svolta verde (e altri affari): così siamo ormai legati alla Cina":

"Pochi comparti produttivi sono destinati a beneficiare della svolta verde dell'Ue come la misteriosa industria dei pannelli fotovoltaici in Cina... Decine di miliardi del Recovery Plan sono destinati a volare verso i conti bancari di aziende pesantemente sussidiate dal governo di Pechino".

Due indizi fanno una prova: no, decisamente tutto questo indaffararsi di Fubini non appare più un caso. Il Corriere sta per fare il grande passo, sembra di capire, sulla scia di quanto sta avvenendo negli Stati Uniti (la cui stampa mainstream i giornaloni italiani scimmiottano), dove lo sdoganamento del nucleare  è in pieno svolgimento. Comincia a diffondersi, in Italia ed in Europa, la paura che, affidandosi solo a eolico e fotovoltaico, vada tutto a fondo.

E così, sempre in quest'ottica, l'8 agosto scorso abbiamo ritrovato lo stesso redattore, sebbene con toni ed argomenti più pacati, sulla prima pagina domenicale del Corriere con l'articolo "La svolta verde (e i timori)":

"Lo scenario di una società spezzata in due ormai è più di un’ipotesi: da un lato gli azionisti, gli imprenditori e i manager del digitale che prosperano dentro o attorno alle cinque Big Tech; dall’altro maggioranze di esclusi dai grandi benefici della rivoluzione tecnologica e impoveriti dai vincoli ambientali. In Italia i settori tradizionali che subirebbero direttamente l’impatto delle nuove misure sul clima sono più di quaranta e i loro addetti 2,1 milioni (in base ai dati Istat), un decimo degli occupati nel settore privato. Senza contare l’indotto."

Anche senza calcolarne gli effetti demoltiplicativi sul PIL, ad essere sinceri. Fubini si rende conto (come chiunque dotato di un minimo di buon senso, anche se lui non ne comprende nemmeno vagamente la portata) del disastro dell'iniziativa della Von der Leyen  che ha portato - tanto per cominciare - alla Fit for 55. Peccato che questa volta il giornalista fiorentino non osi dire ciò che pensa veramente (non solo per non far adirare molti "stakeholder" ed inserzionisti del Corriere ma anche e soprattutto per non lasciare intendere niente di ideologicamente scorretto in materia di clima), e compromette in sua vece il presidente della commissione Ambiente a Strasburgo Pascal Canfin, che parla, senza ipocriti infingimenti, di misure "politicamente suicide" (non solo politicamente, in verità). Fubini non ci fa bella figura neppure alla fine dell'articolo, con molteplici constatazioni irrilevanti, dimostrando, anche dicendo di aspettarsi una reazione pari a quella dei gilet gialli (solo) "al cubo", di non capire assolutamente niente della vera natura ed in particolare delle dimensioni del problema della "decarbonizzazione integrale" dell'Europa fin dal 2050.

Intanto si intensificano i (forti) segnali di deragliamento del dogma delle energie rinnovabili salvifiche. Dopo i distinguo di Fubini, un'altra firma "pesante" del Corriere interviene sull'argomento, anche se questa volta non in prima pagina, ma con meno ipocrisie: Danilo Taino il 10 agosto, con l'articolo "La via tortuosa del taglio delle emissioni":

"Di fronte ai cambiamenti climatici, c’è un aspetto del quale si parla solo sottovoce. Ma che diventerà sempre più rilevante. È il costo economico, produttivo e sociale della lotta al climate change condotta attraverso la limitazione delle emissioni di anidride carbonica... inizia a circolare l'idea che sia necessario trovare alternative alla strada del taglio delle emissioni, costosa ed enormemente impervia."

E gli italiani non hanno ancora speso un euro per il "Green Deal", voluto dalla Von der Leyen sulla scia delle manifestazioni dei "Fridays for Future"! Presto (quando inizierà la persecuzione ai loro danni, dopo quella della reclusione domiciliare per il Coronavirus, con gli ukase dell'Unione Europea contro l'uso di gas e petrolio) non ci sarà più bisogno di Reti di Resistenza sui Crinali per denunciare le malefatte degli speculatori dell'eolico, e rimarremo - finalmente! - disoccupati. Grazie, piccola Greta! Grazie, Mutti Ursula!

Anche stavolta però, dopo l'articolo di Taino (potremmo scommetterci), qualcuno ha telefonato a via Solferino. Ma non quegli stessi dell'altra volta. L'argomento dei costi della transizione è grave, certo. Si rischia di andare tutti a fondo, è vero. Ma non bisogna seminare il panico. Nel solco di una tradizione vecchia di secoli di una Milano spagnoleggiante: "Sopire, troncare, padre molto reverendo, troncare, sopire."

Così in prima pagina del Corriere di Ferragosto è continuata la (sempre più ambigua) crociata di Fubini contro la "transizione verde" accelerata e foriera di disastri prossimi venturi, con una nuova puntata. Questa volta, con ipocrisia gesuitica, si fa dire ciò che davvero preme al Corriere, come già fatto con Canfin, addirittura al "piccolo Satana", il ministro leghista dello Sviluppo economico Giorgetti:

«In Slovenia al vertice dei ministri europei dell’Industria, ho detto chiaramente quali sono le mie preoccupazioni per il pacchetto "Fit for 55"», racconta del piano proposto dalla Commissione per ridurre le emissioni del 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. «Rischiamo di mettere una palla al piede all’industria europea, mentre altre grandi economie si fanno meno problemi e corrono»... «Rischiamo di spostare una parte eccessiva dei costi della transizione ambientale sulle piccole e medie imprese e sulle famiglie dei ceti medio-bassi – avverte –. Attenzione, perché questi fenomeni disgregano la società e rischiano di gettare i semi di una protesta sociale. Se questa transizione causasse una crisi sociale, questa sfocerebbe in una crisi politica dagli esiti oggi imprevedibili».

L'ambiguità, nel Corriere, non è però prerogativa del solo Fubini, ma è una palese linea editoriale, se è vero che (incredibile!), nella stessa prima pagina del Corriere ferragostano, c'è anche un articolo di Paolo Lepri che va nella direzione esattamente opposta: "Il futuro del pianeta è adesso".

Lepri, senza vergogna, nell'articolo non si fa mancare un solo argomento della più vieta retorica gretina, al punto da farlo sembrare il temino di una studentessa liceale che vuol fare bella figura (e prendere un bel voto) con la professoressa progressista.

La frase più rimarchevole, e rivelatrice del pensiero tortuoso a cui faceva riferimento Taino, è questa:

"E' chiaro, naturalmente, che all'Europa spetta anche il compito di spingere Cina e India a fare la loro parte".

Non solo è chiaro, quindi, ma è chiaro "naturalmente". Il chè significa, letteralmente, che si tratta di una legge di natura. Siamo ad una nuova versione - politicamente corretta - del "fardello dell'uomo bianco"? Oppure, al contrario, si invoca, sull'onda della moda della "destroy culture" di matrice americana, il suicidio socio-economico per dare l'esempio al mondo? Il desiderio di autoflagellazione delle nostre élite non ha dunque più limiti? L'odio di sè, come lo definiva Giovanni Paolo II, Papa certo meno amato dell'attuale Pontefice dai radical chic nostrani. Anche se sarebbe meglio parlare di flagellazione del proprio popolo, che le élite occidentali tendono sempre più a disconoscere, se non a disprezzare. Non è chiaro, qui come nei documenti ufficiali dell'UE, che cosa si intende circa il ruolo dell'Europa nello "spingere" i giganti asiatici, e le diverse possibilità non rappresenterebbero certo la stessa cosa. Sebbene l'idiozia delle élite europee globalizzate, della cui esistenza i giornaloni forniscono quotidianamente una prova provata, appare una costante in entrambe le ipotesi.

Sia come sia, sarebbe meglio che Fubini, nella prima riunione di redazione post-ferragostana, battesse i pugni sul tavolo. Non solo per evitare di passarci da fesso, dopo tanto lavoro fatto in questi mesi, ma anche perchè (come ammoniva quel tale suo concittadino):

assolver non si può chi non si pente,

né pentere e volere insieme puossi

per la contradizion che nol consente.

 

Alberto Cuppini