Il Sole 24 Ore: "Senza incentivi statali, nessun investitore si è presentato per la concessione di 30 anni per il più grande parco eolico nel Mare del Nord. L’energia eolica sta diventando un pessimo affare: a mercato, senza aiuti pubblici, l’energia prodotta dal vento ha prezzi negativi, dunque si produce in perdita. Ma un’industria privata che sta in piedi solo se lo Stato paga, è sostenibile o è una bolla speculativa?"
Segnaliamo, nella nostra rassegna stampa di contro-informazione eolica, un articolo del Sole 24 Ore del 9 dicembre a firma Simone Filippetti: "Flop in Danimarca dell’eolico: va deserta la gara per il più grande parco marino", che sottotitolava "Senza incentivi statali, nessun investitore si è presentato per la concessione di 30 anni nel Mare del Nord" e che esordiva così: "La Danimarca fa un clamoroso flop nelle energie pulite... Sta forse per scoppiare la bolla dell’energia eolica?". Potete anzi dovete leggere tutto l'articolo sul sito web del Sole. Ma ancor più clamoroso del flop dell'eolico nel "paese più verde d'Europa" è clamoroso il capoverso finale dell'articolo:
"L’energia eolica sta diventando un pessimo affare: a mercato, senza aiuti pubblici, l’energia prodotta dal vento ha prezzi negativi, almeno quella del Mare del Nord, dunque si produce in perdita. Ma un’industria privata che sta in piedi solo se lo Stato paga, è sostenibile o è una bolla speculativa?".
"Bolla speculativa": avete letto bene. "Bolla speculativa" e "L’energia eolica sta diventando un pessimo affare". Fino all'altro ieri sarebbe stato impossibile persino immaginare di leggere simili perentorie affermazioni sul Sole, quotidiano della Confindustria e grande sponsor dell'interessata ideologia delle rinnovabili salvifiche.
Che cosa mai sarà successo per modificare in modo così drastico l'indirizzo redazionale? Azzardiamo un'ipotesi avvalendoci di un altro articolo del Sole, annunciato in prima pagina proprio oggi 12 dicembre, scritto questa volta da Sissi Bellomo: "Elettricità i prezzi all'ingrosso volano a livelli che non si vedevano dal 2022", che sottotitola "Forti rincari in tutta Europa, in Italia Pun a 182 euro/MWh, in Germania punte a 1000 euro. Da settimane le rinnovabili deludono e il freddo si fa sentire, costringendo a bruciare più gas (che a sua volta è più caro)".
Proponiamo alcuni brevi passaggi (se volete leggere l'articolo nella sua interezza, come vi consigliamo poichè denso di informazioni traumatizzanti per i "rinnovabilisti", dovete correre in edicola oppure abbonarvi all'edizione digitale del Sole):
"Purtroppo non è un'impennata sporadica. I mercati energetici sono tornati in tensione ormai da settimane, a causa del freddo e di frequenti carenze di energie verdi che costringono a bruciare maggiori quantità di combustibili fossili... Molti analisti temono che la tendenza possa proseguire e addirittura accentuarsi, soprattutto se le forniture residue di gas russo si fermeranno, costringendo a sostituirle a costi molto più elevati con carichi extra di Gnl... In Germania anche le centrali a carbone e a lignite oggi stanno andando a pieno ritmo. Persino la Francia - regina dell'atomo - da ieri ha riacceso centrali a olio combustibile, a causa di un'ondata di freddo intenso e delle forti esportazioni di elettricità (a cui non rinuncia) verso Paesi vicini che pagano prezzi allettanti: in particolare Italia e Germania, entrambe prive di energia nucleare e dipendenti dall'estero... situazione ormai ricorrente: quello che i tedeschi chiamano Dunkelflaute, i periodi con poco vento e poco sole, che paralizzano le rinnovabili intermittenti."
"Situazione ormai ricorrente" significa che anche il Sole si è reso conto che la crisi dei prezzi dell'energia non dipende da una situazione contingente bensì è strutturale - in presenza di massive quantità di rinnovabili intermittenti super-sussidiate - già da ora, anche senza attendere la "decarbonizzazione integrale" prevista per l'Europa entro il 2050.
Per completare il ragionamento, qualora le cause del disastro non fossero ancora chiare ed altrettanto non chiare fossero le sue conseguenze letali, segnaliamo l'articolo di Paolo Annoni sul Sussidiario dell'undici dicembre dal titolo "Elettricità ai massimi da 2 anni/ Il problema che l’Italia non può risolvere con le rinnovabili".
Riportiamo qualche stralcio dell'articolo sollecitando a leggerlo tutto con la massima attenzione sul sito web del Sussidiario, dove è liberamente disponibile, e, più in generale, a seguire i (quasi) quotidiani articoli controcorrente di Annoni:
La disponibilità di batterie, anche in Germania, è molto più bassa dell’energia elettrica rinnovabile prodotta e quindi non c’è rimedio ai periodi senza vento. Produrre batterie in grado di coprire un’ora di produzione eolica tedesca oggi costa circa 20 miliardi di euro; per coprire un giorno il costo sarebbe 480 miliardi di euro. Per tre giorni ci vorrebbe il Pil della Spagna. Torniamo in Italia. L’Italia ha i prezzi dell’elettricità più alti d’Europa e tra le due e le tre volte superiori a quelli del 2019, ma questo non sembra preoccupare particolarmente il “sistema”. Forse si scommette, a torto, che questa nuova normalità sia destinata a risolversi in tempi ragionevoli man mano che si sviluppano le rinnovabili in un’ottica di “green deal” europeo. Eppure la Germania, il Paese che più ha investito in rinnovabili in Europa, non è affatto in una posizione invidiabile... L’altra spiegazione è che si ritiene che le imprese italiane, già estremamente efficienti per resistere a tasse e burocrazia e con un costo del lavoro cresciuto meno che in Europa, possano comunque sopravvivere anche con i prezzi dell’elettricità più alti. Eppure, nonostante i salari cresciuti meno di tutti, la produzione industriale scende in Italia...
I piani industriali delle utility segnalano un preoccupante spostamento sugli investimenti in “reti” irresistibilmente attratti da piani tariffari che garantiscono, a spese della collettività, rendimenti garantiti in qualsiasi condizione economica. Tutto il resto, soprattutto quello con cui si potrebbe produrre energia economica, è fermo... In assenza di un’urgenza, anche mediatica, gli operatori si fanno determinare, inevitabilmente, dagli incentivi che offre il sistema... È comunque significativo che nemmeno con questi prezzi dell’elettricità si metta mano agli investimenti in produzione e che nessuno se ne preoccupi".
Per la sopravvivenza delle imprese italiane non basta più nemmeno tenere compresso a livelli imbarazzanti il costo del lavoro, nella colpevole acquiescenza dei lavoratori, i cui sedicenti rappresentanti sindacali sono da anni favorevoli alla follia suicida del "tutto rinnovabili".
Eppure "il tabù del green", come lo chiama Annoni, verrà presto infranto dalla crisi economica incombente. Allora qualcuno, vedrete, se ne occuperà con "urgenza, anche mediatica". Magari sarebbe auspicabile che questo qualcuno a Roma si muovesse prima del patatrac. Ma forse è chiedere troppo a questa classe politica, anch'essa figlia del mortificante clima di oppressione culturale istaurato dalle nostre élite di genesi sessantottina.
Alberto Cuppini