Franco Prodi: "Fermare il treno delle Cop, smascherare i manipolatori di Greta"

Consiglio la lettura, da Il Foglio di oggi, della lettera di Natale (non sto facendo l'asino: la definisce così l'autore stesso) al presidente del Consiglio scritta dal fratellino - meno curiale ed anzi persino un po' eretico - di Romano Prodi. L'articolo del professor Franco Prodi "Qualche consiglio a Giorgia Meloni da un fisico sperimentale", che sottotitola: "Fermare il treno delle Cop, smascherare i manipolatori di Greta, non demonizzare la CO2. E puntare sulla ricerca", si può leggere liberamente in linea dal sito web grazie alla magnanimità del Foglio. Ne riportiamo qui (senza commento alcuno) il passaggio che più interessa ai resistenti sui crinali (i grassetti sono nel testo in linea):

 

"Passo al terzo suggerimento, sul terreno che sento mio e sul quale Lei potrebbe fare la bella figura da statista che anticipa i tempi, senza tema di sbagliare, tanto si è andati irragionevolmente in là nella quantificazione della responsabilità, 98 per cento antropica, nel riscaldamento del pianeta. Intanto si comincia a cambiare nel lessico. Si ritorna al “cambiamento climatico” (sotto gli occhi di tutti, è incontrovertibile, tutta la scienza lo dice, bla bla bla) non più “riscaldamento globale”. Il cambiamento climatico è connaturato al clima, che non può non cambiare, la sua storia lo insegna. Non funziona più dare del negazionista a destra e a manca a tutti i pochi che ancora fanno appello alla ragione, oltre che alla scienza vera. Prenda l’iniziativa di fermare il treno delle Cop, prenda le distanze dai manipolatori di Greta e dei giovani dei venerdì e innalzi la bandiera della protezione dell’ambiente planetario.

Cerchi di capire quali sono le forze della finanza mondiale che spingono l’Europa in questa direzione suicida della demonizzazione della CO2, non inquinante e necessaria alla crescita delle colture agrarie. L’Europa tutta ne produce meno del 9 per cento. Partire da una valutazione delle risorse fossili rimaste – qualcuno sa come stanno le cose – e da un uso concordato delle risorse stesse; questo deve essere l’oggetto degli accordi mondiali. I modelli che l’Ipcc usa per produrre previsioni catastrofiste trattano le nubi e l’aerosol fuori da nube in maniera grossolana. I risultati sono solo scenari da non prendere sul serio, non sono previsioni affidabili. Le lascio immaginare le conseguenze, sull’energia, sobrietà e non, le rinnovabili e la tutela del paesaggio, la transizione ecologica, tutto da ridiscutere."

 

Ma forse più importante, sempre di Franco Prodi e sempre su Il Foglio, (anche se l'importanza era meno evidente), era stato l'articolo di sabato scorso "Il meteo speciale di Putin. La conferenza di Mosca del 2003 sul climate change", che sottotitolava "L'incontro sui cambiamenti climatici nella capitale russa e il discorso del presidente. Diceva di non voler lasciar solo l'occidente e chiarire le basi scientifiche del problema. Ma del meeting non c'è più traccia". Qui un assaggino anche di quell'articolo:

 

"... il clou della conferenza fu un discorso di Putin, un discorso pieno di energia e di buon senso. In sostanza affermava di non volere lasciare solo l'occidente e l'Ipcc a occuparsi di cambiamenti climatici, e che aveva voluto quella conferenza per chiarire le basi scientifiche del problema e verificare le conseguenze nella politica mondiale...

Devo dire che ne aveva allora pieno titolo sia per il prestigio scientifico della Federazione che per la critica all'Ipcc e alle sue Cop che l'occidente aveva innescato e conduceva indipendentemente. Chi ha seguito le mie critiche all'Ipcc e alla bufala mondiale del 98 per cento della responsabilità antropica nel riscaldamento globale può capire quanto fosse comprensibile il suo proposito di porre la Federazione russa di nuovo nella posizione di protagonista nel mondo. Ebbene di quella conferenza non è rimasta a mia conoscenza nessuna traccia."

 

Non bastavano le negazioni ereticali della religione delle Cop dell'Onu e della verità rivelata dell'Ipcc, dunque: Prodi jr ci ha voluto pure aggiungere un elogio a Putin. Scandalo! Roba da accendere subito il fuoco per il rogo del negazionista, se non fosse che bruciare la legna farebbe aumentare la CO2 di responsabilità antropica in atmosfera.

A prescindere dal coraggio, al limite dell'autolesionismo, di parlare bene di Putin proprio in questi giorni (seppure per iniziative politiche di una ventina di anni fa: una sliding door si era aperta), le considerazioni di Franco Prodi in questo articolo non solo si uniscono al coro "L'Europa ha sbagliato tutto" di altri due professori bolognesi come Alberto Clò e Davide Tabarelli, ma ci dicono anche che un'altra soluzione, sia per la razionalizzazione della politica energetica europea che per la politica estera, era a portata di mano ed è stata colpevolmente trascurata.

Anche se parlare di "politica estera" dell'Unione europea fa scappare da ridere. Non solo perchè l'Europa, a causa della propria ideologia irenistica, non ha forze armate sue proprie, senza le quali nessuna politica estera è possibile per definizione, ma anche perchè l'Ue si è affidata, prima ancora di abbandonare i propri destini nelle mani della Von der Leyen, come "Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza" prima alla baronessa Ashton di Upholland e poi a... Federica Mogherini! Forse (forse) la pace e i destini dell'Europa e del mondo sono più importanti dell'ideologia femminista e delle quote rosa. 

Diamo quindi un consiglio al professor Franco Prodi. La prossima volta che la Meloni (che è diventata capo del governo italiano disprezzando salottini femministi e quote rosa) gli telefona per invitarlo a Roma per un altro dibattito o quant'altro, accetti. Magari si metta un paio di baffi finti e si faccia chiamare in pubblico Mario Rossi, così da non creare imbarazzi a suo fratello fondatore dell'Ulivo, ma ci vada. Ci vada senza remore. Nella palude del conformismo e del pensiero unico globalizzato non possiamo rinunciare ad aggrapparci a un qualsiasi appiglio, altrimenti andremo tutti a fondo.

 

Alberto Cuppini