Germania: la follia della "transizione" realizzata con pale e pannelli rischia di finire proprio là dov'era cominciata

La Staffetta Quotidiana: "Germania, agricoltori bloccano le strade per i tagli al gasolio agevolato". Dopo che una sentenza della Corte costituzionale a novembre aveva bloccato i suoi precedenti piani di spesa, il governo tedesco nelle scorse settimane è stato costretto a trovare miliardi di risparmi nel suo bilancio 2024. La Greenflazione adesso morde la carne viva dei cittadini tedeschi. Che iniziano a ribellarsi alle mattane della Energiewende voluta dalla Merkel e all'European Green Deal della Von der Leyen.

 

Eppure l'anno, almeno stando a quello che ci raccontavano i giornaloni italiani, era cominciato in tutt'altro modo. Come previsto, era partita la grancassa mediatica dell'aumento della produzione da fonti energetiche rinnovabili nel 2023, non solo in Italia ma anche in Germania. Certo. Se fosse sufficiente piantare pale eoliche e pannelli fotovoltaici da tutte le parti, senza ormai più vincolo alcuno, dopo le "semplificazioni" amministrative dei regimi di tutela ambientali e paesaggistici volute dai precedenti governi (tra i quali si è distinto quello di Draghi) ad imitazione di quanto fatto dalla Merkel per realizzare l'Energiewende, la produzione da rinnovabili, alla lunga, sarebbe destinata ad aumentare all'infinito e le emissioni di CO2 a diminuire.

Aveva dunque ragione il Sole 24 Ore a titolare l'articolo di Isabella Bufacchi, annunciato in prima pagina il 6 gennaio, "Germania, boom delle rinnovabili: gas serra ai minimi dal '60".

Qui noi oggi trascuriamo volutamente, per ragioni di spazio, il particolare (non proprio indifferente...) che solo il 15% del risparmio delle emissioni tedesche "avrà effetti duraturi". Ci limitiamo ad invitare gli interessati a scoprire la smargiassata dei rinnovabilisti leggendo l'articolo di Lorenzo Drigo, su Il Sussidiario di quello stesso giorno, dall'esplicativo titolo "Germania: “Tagliato 46% emissioni Co2 rispetto al 1990″/ Studio: “Taglio del 15%, il resto esportato in Cina, calcolando grosso modo i devastanti effetti, in termini di aumento delle emissioni globali da CO2, del "carbon leakage".

Quello che oggi ci interessa sono invece gli aumenti dei costi provocati dalla "transizione energetica" ottenuta rinunciando a fonti sicure ed a buon mercato per sostituirle con fonti aleatorie, non programmabili e, in quanto tali, costosissime. Il primo risultato (di cui nessuno parla in Italia) è, ovviamente, la deindustrializzazione (che per i giornaloni è una parola tabù). La diminuzione percentuale a due cifre nel 2023 (in appena un anno!) delle emissioni di CO2 del settore industriale in Germania, a cui dedica un breve cenno la Bufacchi nella sua corrispondenza da Francoforte, ha infatti una sola spiegazione: deindustrializzazione esplosiva. Il PIL tedesco in diminuzione e i cittadini tedeschi impoveriti, costretti a contrarre i consumi (anche alimentari), se ne erano già accorti.

A questo proposito, in Germania c'è un economista - Daniel Stelter - che la pensa come noi su tutta una serie di problemi che stanno trascinando a fondo la Germania (e che hanno già trascinato a fondo l'Italia, anche se da noi nessuno lo riconosce). E non solo in materia di "una politica climatica che ha poco senso". "L'industria, che presto si trasferirà a causa dei costi energetici, non tornerà" afferma Stelter in una intervista rilasciata allo Schwaebische Zeitung, sotto il titolo "La Germania presto come l’Italia, ma senza il mare, il sole, le spiagge e il buon cibo", un'intervista tutta da leggere, in italiano, nel sito web Voci dalla Germania.

Anche la stampa internazionale ha riportato la notizia del crollo delle emissioni clima-alteranti in Germania.

Così, ad esempio, il Financial Times nell'articolo del 5 gennaio "Germany's greenhouse emissions fall by a fifth amid manufacturing solowdown", dove peraltro i corrispondenti dalla Germania Patricia Nilsson e Sam Jones riconoscono un rallentamento dell'industria manufatturiera:

"Mentre la Germania è tra i Paesi che guidano la carica al taglio delle emissioni, il declino arriva allorchè molte delle sue società, che lottano con la crisi dell'energia, troncano gli investimenti a breve termine oppure si preparano a spostare le produzioni all'estero."

Del pari, nell'articolo si riporta anche l'allarmata dichiarazione di un rappresentante di un'importante associazione industriale tedesca, Siegfried Russwurm:

"il governo aveva fallito nel comprendere quanto critica fosse la situazione che stavano affrontando le industrie manifatturiere".

Faccio però notare che dire, come fa Russwurm nell'articolo del FT,

"L'industria in Germania non poteva sperare di essere sia green che competitiva internazionalmente senza un supporto governativo molto maggiore"

equivale a dire:

"L'industria in Germania non poteva sperare di essere sia green che competitiva internazionalmente" e basta.

Continua infatti ad essere diffusa anche in Germania la falsa idea che "un supporto governativo molto maggiore", ovvero una valanga di fondi pubblici persino maggiore di quelli fin qui gettati nel pozzo senza fondo della speculazione delle "rinnovabili", permetterebbe di effettuare la "transizione green" senza aggravi per le tasche dei cittadini e delle imprese. Che corrisponde alla bislacca convinzione secondo la quale, una volta piantate pale e pannelli da tutte le parti, la transizione sarebbe bella che compiuta. Come togliersi un dente, insomma. Peccato che si tratti di una (ennesima) sciocchezza: i costi diretti e indiretti della "transizione green" da attuarsi in tempi così accelerati, come appare ogni giorno più evidente nella realtà dei fatti, saranno senza fine.

Di questo si erano accorti da tempo gli agricoltori tedeschi (come già quelli olandesi), alcuni dei quali - esasperati dall'ideologia pauperistica dei grünen - la settimana scorsa avevano compiuto un atto, considerato choccante in Germania, ma che in Italia sarebbe stato considerato normalissimo - se non encomiabile - purchè compiuto da gruppi organizzati che, per qualche motivo, godono da anni di indulgenza plenaria, ed in particolare dai "centri sociali" o dalle ragazzine ricche e annoiate che vogliono "Salvare il Pianeta": avevano impedito al ministro "verde" dell'Economia Robert Habeck di scendere da un traghetto al ritorno dalle vacanze.

Anche questo episodio non è stato troppo pubblicizzato dalla stampa in Italia, vuoi per evitare emulazioni vuoi perchè contrario a quell'immagine di unanimismo verso la "transizione ecologica" che i giornaloni si sforzano di propalare.

Divertente leggere su uno di questi (il Corriere della Sera nell'articolo di Mara Gergolet dal sobrio titolo "Germania, agguato degli agricoltori al ministro verde Habeck")  che:

"L'estrema destra dell'Afd ha usato proprio la sistematica irrisione delle sue (di Habeck. NdR) politiche ambientali (non sempre efficaci a dire il vero) per costruire una seconda piattaforma del consenso dopo quella anti-migranti".

Ma pensa un po' che furbacchioni questi sovranisti populisti razzisti nazisti (e chi più ne ha più ne metta) dell'Afd. Chi avrebbe mai immaginato che avrebbero usato "l'irrisione delle politiche ambientali"... "Non sempre efficaci a dire il vero", come ammette con irresistibile umorismo involontario lo stesso Corrierone.

"E non è detto che la Germania, abituata a decenni di pace sociale, non trovi tra i contadini una propria versione dei Gilet jaunes, che hanno messo alla prova la Francia" concludeva l'articolista del Corriere appena sabato scorso.

Detto e fatto. Ieri - lunedì - abbiamo appreso dalla Staffetta Quotidiana nell'articolo "Germania, agricoltori bloccano le strade per i tagli al gasolio agevolato" che:

"Gli agricoltori tedeschi hanno bloccato strade del Paese oggi con i trattori, dando il via a una settimana di proteste contro la manovra del governo che tra le altre cose avvia una rimozione graduale dei sussidi al gasolio agricolo. Convogli di trattori e camion, alcuni adornati con... manifesti del partito di estrema destra Alternativa per la Germania (AfD), si sono radunati sulle strade tedesche questa mattina prima dell'alba con temperature sotto lo zero... La polizia ha affermato che le strade e gli svincoli autostradali sono stati bloccati in più località a livello nazionale, compresi diversi valichi di frontiera con la Francia, causando ingorghi durante le ore di punta mattutine. Il governo di coalizione tedesco nelle scorse settimane è stato costretto a trovare miliardi di risparmi nel suo bilancio 2024 dopo che una sentenza della Corte costituzionale a novembre ha bloccato i suoi precedenti piani di spesa... secondo un sondaggio condotto dall'emittente pubblica ntv ci sarebbe un forte sostegno dell'opinione pubblica alle loro proteste, con il 91% degli intervistati che le ritiene giustificate."

I soldi pubblici che negli scorsi anni erano serviti per rinviare al futuro la soluzione dei problemi creati dalla malapolitica tedesca, oscillante tra l'ideologia globalista e l'opportunismo mercantilistico, sono finiti. Tutti i bluff della Merkel, che godeva dell'appoggio incondizionato del mainstream internazionale, vengono improvvisamente svelati, e non solo in tema di immigrazione incontrollata e di Energiewende.

Oggi - martedì - leggiamo dalla stessa giornalista del Corriere della Sera dell'altra volta, Mara Gergolet, nell'articolo "La barricata dei trattori contro il governo tedesco" che

"L'era merkeliana della pace sociale e del lunghissimo appeasement, dell'accomodamento in una qualche forma di accordo o sovvenzione di tutte le tensioni, vista dalla Porta di Brandeburgo sembra veramente solo un ricordo."

E siamo appena agli inizi. Se dobbiamo arrivare nel 2050 alla "decarbonizzazione integrale" promessa col suo European Green Deal dalla sconsiderata Von der Leyen, presidente di una Commissione europea cinghia di trasmissione di ogni desiderata della Germania, l'Afd, attualmente data dai sondaggi al 23% a livello nazionale, arriverà almeno al 230% delle preferenze elettorali in Germania. Sempre ammesso che nel frattempo non compaia niente di peggio nel panorama politico tedesco.

O di molto peggio, come la storia della democrazia tedesca, traballante in tempi di grave crisi economica, insegna.

 

Alberto Cuppini