L'universo parallelo degli im-prenditori rinnovabilisti

Gli universi paralleli esistono: dai recenti eventi organizzati dalla Confindustria e dagli Amici della Terra apprendiamo che gli im-prenditori (diretti o indiretti) delle rinnovabili vivono in un mondo che ormai non è più quello dei comuni mortali nè risponde alle stesse leggi.

 

Lunedì si è svolta l'ennesima messa in scena pro rinnovabili, questa volta organizzata dalla Confindustria o più precisamente, sembra di capire, dall'ineffabile Aurelio Regina.

Regina è il presidente del "gruppo tecnico energia" dell'associazione e ci tiene ad affondare per sempre l'Italia pur di favorire le "mega utilities" che, è bene ricordare, da sole tengono a galla tutta la struttura operativa della Confindustria stessa. Qui la relazione del Quotidiano Energia realizzata da Carlo Maciocco, in cui si legge, tra le altre cose, che il neo ministro dell'Ambiente Pichetto Fratin,

"dopo avere affermato la "necessità di accelerare la transizione energetica, ha ricordato l'esigenza di "agire sulla semplificazione degli iter". Sottolineando però (bontà sua. NdR) di non voler "devastare il paesaggio", in quanto "è interesse di tutti farne un elemento di sviluppo della biodiversità". Chiara risposta agli attacchi pervenuti negli ultimi giorni in particolare dal sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi".

Ma non volevo riferirmi a questo. Mi preme piuttosto far notare i toni sempre più dubitativi (non solo del neo ministro Pichetto e degli energivori - cosa abbastanza comprensibile - ma anche dell'Arera e persino - ed è la prima volta - del GME) sulle magnifiche sorti e progressive della "decarbonizzazione integrale" basata sul "tutto elettrico". Nel suddetto articolo del QE, però, l'atmosfera di fronda nascente non si coglie bene. Meglio a tal fine la relazione della Staffetta siglata S.P. e G.P. "Mercato elettrico, Pichetto prudente su una via italiana al decoupling", che sottotitola "Il dibattito all'evento Confindustria. Gozzi: a siderurgia e chimica non bastano batterie. Peruzy: attenti a socializzazione. Besseghini: come spingere i player sulla piattaforma?" dove si può leggere (a titolo di esempio):

Gozzi (il presidente di Federacciai. NdR), per parte sua, ha sottolineato il problema della intermittenza delle fonti rinnovabili, che rende difficile creare profili di consumo da scambiare con contratti di lungo termine. “Come lo fai il profilo?”, ha detto, “noi lavoriamo 8.000 ore l'anno. Stiamo intensamente investendo in rinnovabili, in particolare il fotovoltaico. Ma, per quanto investiamo in energie rinnovabili, riusciamo a coprire 2.000 ore dei nostri consumi. E le altre 6.000? Il profilo? Come lo facciamo? Noi abbiamo bisogno di baseload decarbonizzato” come turbogas accoppiati alla cattura di CO2 e Ppa per l'importazione di energia nucleare. Gozzi ha aggiunto: “non mi venite a parlare di batterie. Se dobbiamo dirci la verità, e lo dico per il mio settore, un forno elettrico non si può far funzionare con le batterie. Un impianto chimico di grosse dimensioni non si può far funzionare con le batterie. Ci vogliono chilometri di batterie per alimentare un forno elettrico”.

Avevamo già fatto rilevare, ben prima della manifestazione in tutta la sua gravità della crisi energetica,

"l'esistenza di due anime confindustriali, che, almeno su questo, non possono mediare: si farà funzionare l'Italia con pale e pannelli oppure no? Va bene ottenere pantagrueliche rendite di posizione, ma mandare a fondo l'Italia per interessi di bassa bottega, beh, forse è un po' troppo anche per chi vanta una spessa moquette di pelo sullo stomaco."

Stupiva semmai - e stupisce oggi a maggior ragione - la mansueta rassegnazione della gran parte degli industriali italiani nel farsi condurre al macello da una esigua minoranza di redditieri parassitari e - più di ogni altra cosa - il fatto di persistere nel condividere con essi lo stesso organismo di rappresentanza degli interessi imprenditoriali.

L'incongruenza dei due universi paralleli era apparsa persino più evidente durante la XIV conferenza sull'efficienza energetica organizzata la settimana scorsa dagli Amici della Terra.

Oltre alla relazione iniziale della presidente Tommasi e quella di Brussato (che hanno riportato obiezioni e cautele stranote ai lettori dell'Astrolabio ed ai resistenti sui crinali), il professor Giuseppe Zollino e (soprattutto) Chicco Testa (guardate i loro interventi nel video di Radio radicale) hanno preso a tranvate la prospettiva del "tutto rinnovabili" al 2050 o anche, più semplicemente, gli obiettivi europei al 2030.

Tutto questo è passato, per gli altri conferenzieri (imprenditori del settore "rinnovabile" ma anche giornalisti, economisti e politici), come acqua su un terreno carsico. Per loro pare non esistere la crisi energetica, la greenflazione, la guerra da esse indotta e la miseria ormai manifestatasi in pieno in tutt'Europa. Business as usual e avanti tutta con le rinnovabili fino all'ineluttabile salto finale nel burrone, come il coyote dei cartoni animati.

Lo sconcerto verso questa apparente (apparente?) schizofrenia aumenta per chi sul Sole 24 Ore, il quotidiano della stessa Confindustria, il 24 novembre avesse letto l'articolo - annunciato già in prima pagina - "Un tetto troppo alto e il distacco dalla realtà" scritto dal professor Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia (che nell'articolo definisce Timmermans "il vicepresidente rivoluzionario verde" della commissione UE). Tabarelli così concludeva il suo pezzo:

"Mentre noi europei ci incartiamo sui numeri, gli investimenti li fanno gli altri, la sicurezza rimane debole e il PIL lo incassano gli altri. Ce n'è abbastanza per dire che qualcosa nelle politiche energetiche europee non sta funzionando e che serve un cambio di rotta repentino che, al momento, non si intravede nonostante il dramma della crisi."

L'impraticabilità dell'auspicato "cambio di rotta repentino" delle politiche energetiche europee ci veniva spiegato su La Verità da Sergio Giraldo nell'articolo del 22 novembre "Col freddo il gas riprende a correre":

"Il punto, però, è che l'Ue esita a parlare apertamente di crisi energetica anche per i prossimi due anni perché facendolo dovrebbe ammettere la propria incapacità e al contempo smentire se stessa sulla ragionevolezza e fattibilità della transizione ecologica europea."

Persino più esplicito nella spietata analisi del disastro energetico europeo, preteso dalle nostre élite fellone, è Paolo Annoni sul Sussidiario di ieri nell'articolo, da gustare integralmente leggendolo in linea, "Meno gas, più dazi per il green: la “sostenibilità” che uccide":

"Moltiplicare per due, per dieci o per cento il numero di campi eolici non è una soluzione, perché se il vento non soffia rimangono tutte ferme. In tutto il mondo, tranne che in Europa, si è reso evidente che le rinnovabili non sono una soluzione nei prossimi cinque anni, ma nei prossimi venti e che quindi bisogna accantonare i sogni per evitare di devastare economia e famiglie... Speriamo che non finisca come il blocco sovietico che ha deciso di portare fino in fondo la rivoluzione comunista. Lo speriamo contro ogni speranza, perché già si parla di blackout, razionamenti energetici e limiti personali e familiari alle emissioni. L’importante, per Bruxelles, è raggiungere il sogno green tra cinque anni, dieci al massimo, anche se bisognerà imporre la tessera annonaria."

Intanto, nell'attesa dell'inevitabile catastrofe e dell'altrettanto inevitabile sollevazione popolare, buon appetito a tutti gli im-prenditori rinnovabilisti.

 

Alberto Cuppini