TG1: una devastazione ambientale provocata dall'estrazione dei metalli

 

Il servizio in prima serata della prima rete della tv nazionale classifica giustamente come catastrofe ambientale un evento estremamente frequente in tutte quelle parti del Pianeta in cui siano presenti giacimenti minerari di metalli oggetto di attività estrattiva: il drenaggio acido metallifero.

Il drenaggio acido è un inquinamento chimico derivante dalla percolazione di acidi nelle falde acquifere. E'  strettamente correlato alla dispersione di metalli pesanti e si associa alla presenza di minerali, chiamati solfuri, in cui lo zolfo è combinato con elementi metallici e semimetallici quali ferro, rame, zinco, piombo, argento o molibdeno per citare i più noti.

Questo fenomeno, del tutto naturale, avviene ogni qualvolta rocce contenenti solfuri entrano in contatto con ossigeno ed acqua e, reagendo con essi, formano acidi solforici. Tuttavia, l’attività mineraria lo amplifica notevolmente, in quanto l’estrazione e la successiva disgregazione del minerale aumentano enormemente la superficie di contatto con gli agenti atmosferici.

L’estrazione di questi metalli comporta la rimozione di enormi quantità di roccia: per circa 5 chilogrammi di rame è necessario frantumare una tonnellata di roccia. Le rocce scartate alla fine del trattamento di arricchimento vengono depositate in grandi accumuli che solitamente contengono notevoli quantità di metalli pesanti come piombo, arsenico, mercurio e cadmio, oppure le sostanze chimiche che sono utilizzate nel particolare processo per separare il minerale utile dal resto.

La pioggia, o un’alluvione, come testimoniato nel filmato, possono così innescare reazioni chimiche e generare catastrofi, poiché uno degli aspetti più preoccupanti del drenaggio acido è la persistenza nell’ambiente. A causa della formazione di acido solforico, una struttura di deposito di rifiuti minerari può avere ripercussioni gravi e prolungate nel tempo sulle acque superficiali e sotterranee, e sulle forme di vita acquatica. Una volta avviato, il processo di formazione di acidi è estremamente difficile da arrestare. È risaputo che l’acidità e la presenza di contaminanti disciolti uccidono la maggior parte delle forme di vita acquatica, facendo diventare pressoché sterili i corpi idrici e rendendo l’acqua inadatta al consumo umano.

Il drenaggio acido è un problema che affligge ancora oggi le operazioni di estrazione, e che tutta la tecnologia nel mondo non può prevedere correttamente, né controllare completamente. Soprattutto, in molti casi, si prevede che questi impianti richiedano una manutenzione perpetua che già di per sé è la premessa di potenziali incidenti a lungo termine quando, terminata la coltivazione, l’area rimarrà abbandonata a se stessa.

Un corollario del servizio da sottolineare sta nel fatto che il motore del Green Deal  è l’industria estrattiva, che avrà la missione di approvvigionare i minerali che costituiranno gli ingredienti fondamentali delle tecnologie verdi.

I principali analisti mondiali, la stessa Commissione Europea, la World Bank e l’IEA stimano che nei prossimi trent’anni saranno necessarie quantità enormi di materie prime per permettere la costruzione di pannelli fotovoltaici, pale eoliche, batterie e in generale dispositivi connessi alle tecnologie legate alle energie rinnovabili non programmabili. Nei grafici sotto è possibile vedere l’incremento previsto del fabbisogno di alcuni minerali necessari alle tecnologie verdi: solo relativamente al rame, di cui si parla nel servizio del TG1, nei prossimi 25 anni si prevede l'estrazione della stessa quantità dei 5000 anni sin qui trascorsi, mentre per alcuni degli altri minerali la domanda aumenterà anche fino a cinquecento volte la produzione attuale.

 Andamento previsionale della richiesta di metalli critici entro il 2050 [1]

 

Questo di fatto innescherà altre centinaia di “bombe ad orologeria ecologiche”, oltre a quelle esistenti, pronte ad attivarsi come in Alaska, come documentato di recente, dove in uno degli ultimi paradisi realmente incontaminati le popolazioni locali lottano per impedire la costruzione di una enorme miniera a cielo aperto di rame, argento, oro e molibdeno, e tutelare la più grande riserva naturale di salmoni selvatici al mondo. O nella foresta pluviale amazzonica dove, nell'assordante silenzio di molte associazioni ambientaliste, proseguono le devastazioni messe in atto dalle compagnie minerarie, spesso violando i diritti umani, per aprire nuovi giacimenti di metalli, compagnie che spesso direttamente, o attraverso le loro sussidiarie, sono le stesse che estraggono il carbone per alimentare le attuali centrali termoelettriche: sono loro il vero motore del business della transizione verde.

Fatti che spiegano come salvare il Pianeta con queste tecnologie sia un business dalle dimensioni mai viste: alle quotazioni attuali i minerali che si potrebbero estrarre dalla citata miniera di Pebble in Alaska valgono oltre 300 miliardi di euro. Teniamo presente che l’importo del Recovery Found  destinato all'Italia è poco più di 200 miliardi…

Le maggiori compagnie minerarie a livello globale stanno realizzando profitti enormi che sono solo un anticipo di quelli futuri. Tra il 2017 e l'inizio di quest'anno, le entrate combinate delle 40 maggiori compagnie minerarie mondiali sono aumentate da $ 632 miliardi a $ 686 miliardi, mentre la redditività (EBITDA o margine operativo lordo) è aumentata di $ 11 miliardi per un totale di $ 165 miliardi. Alla fine dello scorso anno, la loro capitalizzazione di mercato ha raggiunto l'incredibile cifra di 757 miliardi di dollari. Nel frattempo, i grandi gruppi minerari detengono oltre $ 100 miliardi di riserve in contanti.

Ben venga quindi il blogger russo del filmato del TG1 ad attirare l’attenzione mediatica su un argomento critico e poco divulgato ma strettamente connesso con l’attuale processo di decarbonizzazione avviato in Europa. Un'Europa che sembra non ricordare - o finge di non ricordare - quale sia il prezzo che pagano l’ambiente e le popolazioni coinvolte dall’industria mineraria.

Perché anche nelle terre del "Clean energy for all Europeans package" abbiamo testimonianze del drenaggio acido: in Spagna nel fiume Rio Tinto, o nella nostra Sardegna, dove fino a qualche anno fa avevamo circa 1000 discariche minerarie su una superficie di oltre 500 ettari.

Un blogger, in questo caso, presidente di una associazione ambientalista che, a differenza delle associazioni ambientaliste che sostengono le lobby industriali legate alla produzione delle tecnologie per le energie rinnovabili non programmabili, ha voluto documentare una realtà scomoda che mostra una volta di più il vero volto dell’estrattivismo collegato a queste tecnologie.

 

Giovanni Brussato

 

1. Review of critical metal dynamics to 2050 for 48 elements - Takuma Wataria [ab], Keisuke Nansaia [c], Kenichi Nakajima [a]
a Center for Material Cycles and Waste Management Research, National Institute for Environmental Studies, Ibaraki, Japan
b Graduate School of Frontier Sciences, The University of Tokyo, 5-1-5  Kashiwa, Chiba,  Japan
c ISA, School of Physics, Faculty of Science, The University of Sydney, NSW, Australia