La transizione bloccata o la transizione irrealizzabile?

De Bortoli: "Un rallentamento del passaggio alle energie verdi è ritenuto probabile se non sicuro. Basti pensare al Green Deal europeo rimasto politicamente orfano. Nessuna grande forza politica lo rivendica in campagna elettorale nel timore di perdere consensi". Tabarelli: "Le scadenze del Green Deal sono irrealizzabili, anche se le spostiamo in avanti non cambia molto, quello che conta è diventare più realisti".

 

Oggi, lunedì 22 aprile, attiro l'attenzione sull'articolo di Ferruccio De Bortoli, in prima pagina dell'Economia del Corriere della Sera, dal titolo "La transizione bloccata" non tanto per l'originalità dell'argomentare quanto piuttosto per chi lo scrive (il Solone) e dove lo scrive (il Corrierone). Che, oltre ad essere - di fatto - l'organo di stampa del partito che ben rappresenta tutto il Potere sedimentatosi durante la "Seconda Repubblica", rimane (a torto) il principale riferimento dei corrispondenti della stampa estera in Italia (la gran parte dei quali si comporta come fanno i loro colleghi dei giornaloni italiani, descrivendo una realtà che esiste solo nella testa dei loro editori). Scrive De Bortoli:

"Ci si chiede se non si stia scivolando, più o meno inconsapevolmente, dalla mitigazione, cioè il contrasto (in realtà mitigazione e contrasto sono due cose del tutto diverse. NdR), all'adattamento al riscaldamento climatico (magari si stesse già pensando all'adattamento, invece di piantare pale eoliche a puri fini scaramantici. NdR). Senza dirlo. O meglio dicendolo a mezza voce. Quello che un po' accade nelle discussioni riservate e nei report dei grandi fondi di investimento internazionali  (che riservati non sono affatto, ma vengono tenuti celati dai giornaloni ai cittadini elettori alla vigilia delle elezioni. NdR)... Un rallentamento del passaggio alle energie verdi è ritenuto probabile se non sicuro. Basti pensare al Green Deal europeo rimasto politicamente orfano. Nessuna grande forza politica lo rivendica in campagna elettorale nel timore di perdere consensi. Se non vi è sicurezza energetica e disponibilità di prodotti di origine fossili comunque ancora necessari a prezzi accessibili... si va dritti incontro a nuove emergenze. Quando scoppiano, la transizione - indispensabile, irrinunciabile, vitale - si ferma di colpo. Anzi, rischia addirittura di tornare indietro."

Consiglio ai resistenti sui crinali la lettura integrale dell'articolo, anche se temo che, dopo le elezioni - e la conferma della maggioranza Popolari-Socialisti con la sola sostituzione cosmetica dei Verdi (che sono ormai considerati, specie dopo quello che hanno combinato in Germania, alla stregua dei napoletani nella famosa affermazione politicamente scorrettissima di Massimo D'Azeglio) - si ritornerà a tutte le camorre del "Green Deal" e dell'ideologia (una volta si sarebbe definita "cattocomunista") dell'Esg, che vuole fare delle aziende europee non più una fonte di profitti ma la fonte della Bontà. Almeno finchè l'impoverimento degli europei (appena cominciato) non imporrà un tuffo nell'acqua gelida della realtà. Eppure all'estero criticare aspramente i canoni Esg ed il Green Deal non è un tabù per i quotidiani storici, se un giornale autorevole come Le Figaro venerdì titolava "États, entreprises, fonds d’investissement…Le grand coup de frein sur la transition écologique".

In Gran Bretagna qualcuno è già passato dalle parole ai fatti. Scriveva Carlo Lottieri nell'articolo, annunciato in prima pagina de Il Giornale di ieri, dal titolo "La svolta green non paga (e le aziende corrono ai ripari)":

"È davvero una novità interessante quella annunciata dall'amministratore di Unilever, Hein Schumacher, che ha dichiarato che il suo gruppo «abbandonerà o attenuerà una serie di impegni ambientali e sociali», anche per rispondere alla crescente reazione proveniente da quegli investitori, consumatori e politici che non vedono di buon occhio il perseguimento di obiettivi non finanziari... da più di un decennio la Unilever è uno dei soggetti più attivi in quelle politiche dette Esg (ecologiche, sociali, governative) che assegnano alle aziende un profilo moraleggiante, allineandole al politicamente corretto. Quella di Schumacher non è certo un'opzione ideologica, ma semmai la presa d'atto che non è facile porsi come obiettivo quello di «fare bene al mondo» (secondo l'agenda fissata dal progressismo imperante) e al contempo far quadrare i conti... Schumacher avrà valutato, da un lato, le possibile rappresaglie del mondo politico-intellettuale e, dall'altro, i vantaggi derivanti dal prestare più attenzione ai clienti e quindi anche ai costi... Il vizio di fondo dell'Esg sta nel costruire un ordine dogmatico: un insieme di presunti valori assoluti che ognuno di noi dovrebbe rispettare."

Un concetto analogo a quello di De Bortoli viene espresso oggi anche dal professor Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, nell'intervista concessa a Laura Della Pasqua della Verità sotto il titolo "Davide Tabarelli: «Tra Medio Oriente e Green deal rischiamo il default energetico»", che sottotitola: "L'esperto: «Teheran può scatenare l'apocalisse del petrolio. Intanto noi ci illudiamo di poter utilizzare solo le rinnovabili»":

"Le scadenze (del Green Deal. NdR) sono irrealizzabili, anche se le spostiamo in avanti non cambia molto, quello che conta è diventare più realisti e cercare di raddrizzare le politiche più su prezzi e sicurezza e meno sulle suggestioni ecologiste... E' da irresponsabili pensare di puntare solo sulle energie alternative."

Transizione bloccata o transizione irrealizzabile? Questo è il problema. Intanto in Italia continuiamo a piantare pale eoliche dappertutto. Così, tanto per far felici le ragazzine capricciose e gli speculatori delle rinnovabili sussidiate. Mentre il Paese scivola nella miseria.

 

Alberto Cuppini