Oggi Il Foglio ruba il mestiere alla Rete della Resistenza sui Crinali

Oggi nessuna rassegna stampa. Solo un consiglio. Andate in edicola ad acquistare Il Foglio. A pagina 3 ci sono due articoli contro il mainstream "green" (uno di Chicco Testa e l'altro - molto più complesso ed allarmante - di Antonio D'Amato) che da soli meritano il costo del quotidiano. Argomenti e toni sono da Rete della Resistenza sui Crinali. Alla fine la realtà ci sta dando ragione.

Vi proponiamo di seguito due assaggi degli articoli per invogliarvi all'acquisto del Foglio.

Cominciamo da quello di Chicco Testa, dal titolo "La sicurezza energetica passa dalla divisione della Terna", che sottotitola "L'adeguatezza del sistema elettrico è un tema uscito dai radar. Non è un tema tecnico, è un tema di sicurezza nazionale":

"La natura intermittente delle fonti rinnovabili e la loro indisponibilità anche per periodi non brevi ci ha costretto a mettere in campo diverse misure che garantiscano in ogni caso le necessarie forniture... Il margine di riserva, vale a dire la differenza positiva fra la massima richiesta del sistema elettrico, la domanda di punta, e la disponibilità di potenza è assai vicino allo zero. Quando normalmente si ritiene necessaria una riserva di almeno il 10-15%... Il nuovo orientamento di Terna basato in parte minore sugli impianti a gas e in parte maggiore sugli accumuli tramite batterie... comporta ulteriori problemi. Le batterie si scaricano in un tempo relativamente breve, alcune ore, e hanno bisogno di essere continuamente ricaricate. Hanno un costo molto alto, miliardi di investimenti a carico della collettività, e devono essere sostituite integralmente dopo un certo numero di anni (10-15)... Il che richiama l'attenzione sul secondo problema. Il costo di produzione del singolo kilowattora rinnovabile è oggi competitivo. Ma la questione cambia se si esaminano i costi associati conseguenti alla quota sempre maggiore di fonti intermittenti... Sarebbe opportuna un'operazione "trasparenza" che metta in chiaro l'impatto nel tempo di tutte queste voci. Vigilare su tutti questi aspetti legati alla sicurezza tocca oggi fondamentalmente a Terna. Terna viene remunerata in percentuale fissa che tiene conto dei tassi di interesse e del costo del capitale, sulla base del totale del capitale investito. Il che genera qualche paradosso e qualche conflitto. Fondamentalmente questo meccanismo premia Terna per gli investimenti fatti a prescindere dalla loro efficacia... con lo stesso proprietario la preoccupazione principale è ovviamente un buon risultato economico... In Inghilterra è nata una società separata dalla Terna inglese che svolge le funzioni di dispacciamento delle risorse e di programmazione degli investimenti necessari. In Italia non è così... Provvedere a questa separazione sarebbe un elemento di trasparenza".

Questo di Chicco Testa è solo il riconoscimento di un necessario primo passo verso l'ineluttabile destinazione finale. Testa, che ha un proprio retroterra politico ben definito, ne è perfettamente consapevole. Non lo dice ma lo pensa. Perciò lo diciamo noi, anche perchè lo stiamo ripetendo da anni. Un sistema basato sulle rinnovabili intermittenti, ovvero un sistema del tutto irrazionale che si fonda solo su una pianificazione centralizzata, renderà, prima o poi, inevitabile la (ri) nazionalizzazione di tutta la produzione energetica.

Passiamo adesso all'articolo di Antonio D'Amato: "Gli slogan green che l'Europa del futuro deve arginare", che sottotitola "I danni al tessuto industriale creati da una Ue ideologica, ostaggio della iper regolamentazione. Parola di europeista":

"L'Europa sta vivendo una delle fasi più drammatiche dalla fine della seconda guerra mondiale... la pace che davamo come un valore acquisito è minacciata... Al tempo stesso, stiamo vivendo la crisi economica più grave del dopoguerra, in quanto crisi non finanziaria, ma strutturale e di competitività... Oggi risultano sempre più evidenti le contraddizioni e soprattutto le debolezze competitive dell'economia e dell'industria europea, accumulate nel corso degli ultimi quindici anni e che hanno registrato un'accelerazione violenta con il Green Deal e le sue forti derive ideologiche, con la conseguente deindustrializzaione del nostro Continente. Questa crisi nasce da tre errori fondamentali. Il primo è quello di aver creduto che, nella nuova fase della globalizzazione, l'Europa potesse continuare a rimanere l'area di maggiore qualità della vita di welfare, di democrazia e civiltà del pianeta pur delocalizzando le proprie attività produttive nelle regioni del mondo a basso costo... Il secondo errore è stato quello di avere accentuato, dalla metà del decennio scorso, il vizio della iper-regolamentazione europea... Fino ad arrivare ai giorni nostri, al terzo errore, e cioè al Green Deal che, cavalcando il "main stream" che individua nello sviluppo industriale la causa principale dell'emergenza climatica, ha prodotto una messe di provvedimenti legislativi, direttive e regolamenti che hanno travolto tutte le filiere economiche e produttive, accelerando così il processo di impoverimento dell'Europa... con l'illusione di ritornare ad un'economia silvestre che non ha nessuna sostenibilità né economica né sociale... Paradossalmente quello che sembra oggi caratterizzare il comune sentire europeo è soprattutto l'eccesso di demagogia e ideologia che ha segnato, in particolare, questa legislatura. Mentre il mondo si attrezza in maniera sempre più aggressiva per competere e le tensioni nei rapporti internazionali sono contraddistinte da un crescente livello di conflittualità, l'Europa resta chiusa all'interno della propria bolla di autoreferenzialità... Quando l'Europa delle ideologie e della demagogia vince su quella degli ideali e dei valori, saltano la coesione sociale e la tenuta politica e istituzionale, la democrazia soffre e la pace è a rischio."

Queste sono parole di una gravità che non sentivamo più evocare da un esponente delle élite italiane (D'Amato, già presidente della Confindustria, è indiscutibilmente un esponente delle élite italiane) almeno dai cosiddetti anni di piombo. Oggi la situazione è ben più seria di quella di allora. Si spera che il pensiero di D'Amato sia condiviso (e venga espresso) anche da altri e che non rimanga solo un argomentare strumentale in vista delle incombenti elezioni europee.

Quantus tremor est futurus...

 

Alberto Cuppini