Ribaltati gli scenari fasulli previsti fino a ieri per la transizione al "tutto rinnovabili"

Il Titanic dell'European Green Deal ha colpito l'iceberg della dura realtà, e adesso i sostenitori delle politiche climatiche aggressive e della fattibilità di drastici scenari di transizione si affrettano a gettare a mare le zattere di salvataggio.

 

 

Grande inversione a U dell'Agenzia Internazionale per l'Energia (Iea nell'acronimo inglese) sul picco dei consumi. E' probabile che la causa principale sia stata la recente minaccia del nuovo segretario all'energia USA Wright (gli USA sono i maggiori contribuenti e come tali garantiscono ai mandarini dell'Iea gli stipendioni, i begli uffici, i begli alberghi e le grandi magnate) di "ritirarsi dall'Iea se questa non avesse cambiato il suo modo di operare".

 

Ne parlava in questo bell'articolo il solito Sergio Giraldo su La Verità del 14 settembre: "Rimandata la morte del petrolio. L'uso crescerà ancora per decenni", che sottotitolava: "Picco dei consumi ben oltre il 2030: L'Agenzia per l'energia si rimangia le previsioni". Che bell'esempio di serietà! Apre il cuore alla speranza nel futuro. Riporto l'ultimo capoverso dell'articolo di Giraldo:

 

"La manipolazione dei dati e degli scenari da parte di agenzie cosiddette indipendenti, nazionali e sovranazionali, emerge sempre più come un problema enorme. Gli esempi sono moltissimi. Appare evidente che l'uso delle statistiche serve ad orientare i comportamenti e a disegnare un mondo che non c'è, a meri fini politici."

 

Ma l'improvviso abbandono da parte della Iea di quelli che Giraldo ha chiamato "scenari fasulli" non è stato un caso isolato. Ormai troppi sono i segnali in questo senso, in nome del "pragmatismo", che è diventata la nuova parola d'ordine.

Non possono essere - e non sono - una coincidenza.

Il Titanic dell'European Green Deal, lanciato a tutta velocità verso l'obiettivo "Net zero" al 2050, ha colpito l'iceberg della realtà, e adesso tutti si affrettano a gettare a mare le zattere di salvataggio. E' stato superato un punto di non ritorno. Dopo il dietro-front dell'Iea, lo stesso capita adesso, tra gli altri, a BloombergNef e a S&P.

Per quello che riguarda la prima istituzione, raccomando il post del professor Alberto Clò sul blog della Rivista Energia "La giravolta di BloombergNef per una transizione pragmatica", che sottotitola: "La giravolta di BloombergNef per una transizione pragmatica è forse inattesa ma senz’altro auspicabile."

Vi leggiamo il nuovo mantra:

 

"Resettare le politiche climatiche, scrive Liebreich, accettando la ‘dura realtà’ e smettendo di ‘inginocchiarsi davanti a Greta Thunberg’, ponendosi obiettivi pragmatici potenzialmente raggiungibili ed economicamente sostenibili."

 

Davvero non poca cosa, come novità, per "un ente di ricerca da sempre sostenitore di politiche climatiche aggressive e della fattibilità di drastici scenari di transizione".

Dalla Staffetta Quotidiana dell'altro ieri apprendiamo di analoghe considerazioni, ma partorite in questo caso da Standard & Poor's. Le leggiamo nell'articolo "S&P ripensa gli scenari: "andare oltre la transizione energetica", che così conclude:

 

"Alla riflessione-aggiornamento sugli scenari, la nuova edizione del S&P Global Sustainability Quarterly affianca anche una nuova analisi probabilistica analizzando "i motivi per cui il mondo dovrebbe pianificare un riscaldamento globale di 2,3 gradi Celsius", mettendo dunque l'accento su "adattamento e resilienza" al cambiamento climatico."

 

S&P è quindi giunta con qualche anno di ritardo alla nostra stessa conclusione. Prima del contrasto al cambiamento climatico utilizzando nuove fonti  di energia alternative ai combustibili fossili (che non esistono ancora) si deve cominciare con la mitigazione e l'adattamento ai cambiamenti climatici, investendo nel contempo in ricerca scientifica e tecnologica quelle ulteriori centinaia di miliardi che si vorrebbero invece utilizzare per sussidiare altre sterminate distese di inefficaci pale eoliche e pannelli fotovoltaici.

 

Ora però sorge un problema. Lo leggiamo nella presentazione del nuovo numero della Rivista Energia, quando si fa riferimento all'articolo scritto da Francesco Gracceva (ricercatore Enea: un altro che recentemente è stato folgorato al contrario rispetto al tradizionale entusiasmo suo e del suo istituto per il Green Deal). Francesco Gracceva

 

"che, sulla base di una puntuale e indipendente metodologia, analizza gli esiti ad oggi della transizione energetica a livello europeo. Esiti che non sono in linea con l’autoreferenziale valutazione positiva che ne dà la Commissione e che i singoli paesi tentano di sostenere, pur di motivare gli enormi costi addossati ai consumatori..."

 

Parole forti, specie per l'Enea. Ad analoghe conclusioni è giunto Paolo Annoni (a cui però va riconosciuta una coerenza pluriennale nelle sue critiche all'ubriacatura green) sul Sussidiario di ieri, nell'articolo "I dogmi green che l'Ue fatica ancora a scrollarsi di dosso":

 

"Ciò che si legge e si sente intorno alla transizione energetica e alla politica europea è molto diverso da quello che si scriveva anche solo due anni fa. Oggi in Europa arriva un’onda lunga partita dagli Stati Uniti molto prima dell’elezione di Trump quando i principali protagonisti della finanza americana dichiaravano la fine del dogmatismo energetico e l’inizio di un approccio pragmatico. L’Europa realizza solo oggi quanto fossero fragili e irrealizzabili i suoi dogmi, ma non riesce ancora a scrollarseli di dosso. Bisognerebbe ammettere di aver sbagliato, di aver perso tempo e speso tanto e male, ma non è facile".

 

Questioni dure... Ma la realtà è più dura ancora. Il problema in soldoni è: e adesso chi glielo va a spiegare ai consumatori, a cui tutti gli esperti avevano garantito fino a ieri la fattibilità e le potenzialità della transizione green, a che cosa sono servite le centinaia di miliardi fin qui spesi (200 miliardi scialacquati nella sola Italia e solo in "incentivi" a pale e pannelli) per ottenere un fiasco assoluto (l'aumento delle emissioni clima-alteranti globali) e, insieme, l'esplosione delle bollette, la greenflazione e il disastro industriale in Europa? E quindi a Bruxelles si procede business as usual, in attesa di cadere tutti nel burrone.

 

Alberto Cuppini