Rinazionalizzare l'energia elettrica

Una proposta forte per interrompere l'altrimenti inarrestabile deriva dei costi energetici crescenti - e già ora insostenibili - provocati dalla burocrazia europea che ha innescato la speculazione "verde".

 

 

Il professor Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, in vita sua si è sempre distinto (conformandosi all'àmbito politico-intellettuale che frequenta) per minimizzare tutto e spesso per voltarsi dall'altra parte di fronte a problemi le cui soluzioni sarebbero potute risultare politicamente compromettenti. Eppure, dall'intervista fattagli da Luigi Grassia oggi sulla Stampa, in occasione dell'incremento di un miliardo di euro degli stanziamenti governativi per meglio fronteggiare l'aumento delle bollette energetiche, nell'articolo "Prezzi irrazionali, questa mossa non basta. Bisogna tornare alle tariffe amministrate", si direbbe che ci troviamo di fronte ad un uomo nuovo, franco fino alla brutalità. Oppure ad un uomo che sa che, questa volta, voltarsi dall'altra parte, ignorando il problema, non è possibile:

"Rincari insostenibili per il sistema economico", "da gennaio migliaia di famiglie e di piccole imprese smetteranno di pagare le bollette", "ci saranno fallimenti a catena di Pmi per l'energia troppo cara", "a gennaio io prevedo un disastro economico e sociale", "siamo in una situazione paragonabile a quella del petrolio a 1000 dollari al barile"...

Facciamo qualche conto molto grossolano (non è necessario essere precisissimi) per definire gli ordini di grandezza in ballo. Il PUN (cioè il prezzo all'ingrosso dell'energia elettrica sul mercato di riferimento in Italia) nel 2020 è stato in media di 38,92 euro al MWh. Un prezzo all'ingrosso così basso ha nascosto in questi anni gli incentivi abnormi riversati in bolletta a favore delle rinnovabili elettriche, eolico e fotovoltaico in primis. Nelle ultime settimane il PUN ha superato con decisione i 240 euro. Si tratta dunque di un aumento medio di oltre 200 euro al MWh. Se tali prezzi si dovessero confermare per un anno, ciò comporterebbe un aggravio in bolletta, solo per la componente energia all'ingrosso, di circa 60 miliardi per le tasche degli utenti italiani: 200 euro al MWh moltiplicato per i consumi lordi, pari ad oltre 300 TWh, cioè 300 milioni di MWh, fa, per l'appunto, 60 miliardi di euro. Un aggravio, per intenderci, superiore a quello del servizio del mostruoso debito pubblico italiano, che, grazie anche ai prestiti europei ipocritamente dedicati alla "Next Generation" che li dovrà ripagare, si sta dirigendo a gonfie vele, nell'entusiasmo delle agenzie internazionali di rating che sponsorizzano Mario Draghi, verso il non lontano traguardo dei 3.000 miliardi di euro. 60 miliardi in più all'anno, dunque, cioè 5 miliardi al mese: un'emorragia che condurrà rapidamente il Paese alla morte per dissanguamento.

La causa prima per cui i prezzi del gas (che, nonostante tutti gli sforzi retorici dei lacchè degli speculatori dell'eolico e del fotovoltaico, rimane testardamente necessario alle economie europee) e dell'energia elettrica sono esplosi va ricercata, come da noi più volte spiegato nel famigerato mercato delle quote ETS, il sistema europeo per lo scambio delle quote di emissione (proposte dalle altrettanto famigerate COP ONU, ma adottate solo dall'Unione Europea). Dopo l'annuncio del luglio scorso del piano europeo per il clima che prevede la "decarbonizzazione integrale" già nel 2050, è diventato un mercato rialzista per definizione, in cui l'offerta delle quote viene ridotta d'imperio, in tempi ristretti e programmati, dalla commissione UE, incentivando così gli speculatori di tutto il mondo ad acquistare, scommettendo al rialzo con la sicurezza di guadagnare. L'altro ieri, su questo mercato, il prezzo della CO2 ha raggiunto i 90 euro a tonnellata (la media sia del 2019 che del 2020 era di 24 euro) ed il trend appare destinato ad aumentare, in teoria fino all'infinito, come peraltro negli auspici della commissione, perchè ciò renderebbe più conveniente l'uso delle energie rinnovabili, che è esattamente il fine ultimo che la commissione si propone. Così, come sostenuto con soddisfazione la settimana scorsa dalla sconsiderata presidente Von der Leyen:

“a causa dell’aumento dei prezzi del gas cui stiamo assistendo, l’idrogeno verde può essere oggi anche più economico di quello grigio”.

Si tratta dunque di un disastro (uso qui lo stesso termine usato oggi dal prof. Tabarelli) auto-inflitto ai popoli europei dalla commissione UE. Ma questo è solo uno dei motivi. Gli altri due (almeno quelli più importanti) sono legati alla legge della domanda e dell'offerta. Se la domanda di energia aumenta perchè i Paesi più poveri del nostro devono crescere (pare che nessuno, e non solo tra i terzomondisti, metta in dubbio questa necessità) per raggiungere i nostri livelli di consumo (che gli stessi terzomondisti di cui sopra giudicano, per i loro stessi popoli, assolutamente deprecabili), è un guaio. Ma se contemporaneamente l'offerta diminuisce perchè investire in idrocarburi fossili viene perseguitato in tutti i modi possibili in Occidente (a cominciare dalla... Banca Centrale Europea, che ha abbandonato, senza dire niente a nessuno, il suo ruolo di difesa dell'Euro dall'inflazione preferendo scrutinare i bilanci delle banche europee per misurare il rischio climatico), altro che guaio: i prezzi dovranno necessariamente aumentare finchè non faremo tutti la fine del Venezuela.

In Italia siamo da tempo bene avviati in tale direzione. Come ha scritto ieri sul Sole Giorgio La Malfa (un altro economista - e un tempo politico - che difficilmente può essere accusato di radicalismo):

"Questa non è una crisi congiunturale e neppure l'esito di una serie di crisi congiunturali. E' un processo di drammatica deindustrializzazione che rischia di riportare il Paese indietro di decenni... bisogna smettere (di sbagliare) ora, prima che il disastro economico generi, ancor più di quanto già avvenuto, la crescita di partiti estremisti e, alla fine, la crisi del sistema democratico".

E dunque Tabarelli oggi propone senza infingimenti, come minore dei mali, il ritorno alle tariffe amministrate, cioè "stabilite dalla mano pubblica". Io aggiungo la consequenziale deduzione logica, che Tabarelli non osa nominare: nazionalizzare, come già fatto sessant'anni fa seguendo l'intuizione di Ernesto Rossi, il sistema elettrico italiano.

Ribadisco per l'ennesima volta un invito, e questa volta sarò più esplicito: le associazioni ambientaliste nostre amiche devono immediatamente prendere le distanze dagli oltranzisti del clima e dalle gretine, tra le quali va annoverata la Von der Leyen. La richiesta di una (ri) nazionalizzazione del sistema elettrico, di fronte al fallimento contemporaneo sia del dirigismo della commissione UE che del mercato (che hanno portato solo all'arricchimento delle compagnie energetiche - e delle rinnovabili in particolare - mentre l'Italia torna a grandi passi alla miseria più ancestrale), sarebbe una prima proposta fortissima. Poi ci sarebbe da mettere in discussione, ma di questo parleremo un'altra volta, una commissione europea che dimostra ormai quotidianamente, con le sue direttive ed i suoi regolamenti, di vivere in una dimensione allucinata sua propria. Altrimenti già a gennaio (lo sostiene Tabarelli) "la gente ci correrà dietro coi forconi" (come ama ripetere il maestro di Tabarelli Romano Prodi). Potete stare certi che, questa volta, la gente non correrà dietro solo ai politici e agli economisti, ma a tutti i responsabili del disastro della "decarbonizzazione" suicida, a cominciare dagli ambientalisti che per primi hanno avuto la brillante idea di far funzionare l'Italia solo con le pale eoliche ed i pannelli fotovoltaici.

 

Alberto Cuppini