Rinnovabile non significa alternativo: i costi marginali crescenti di eolico e fotovoltaico svelati dall'apagòn

Dall' apagòn spagnolo una lezione alla mistica delle energie rinnovabili gratuite e salvifiche ed un'altra conferma ad una nostra vecchia tesi, funesta per le rinnovabili non programmabili: quella dei costi marginali crescenti (il contrario dei costi marginali decrescenti, che permettono le economie di scala, e speculare alla teoria dei rendimenti decrescenti di ricardiana memoria) per l'eolico e il fotovoltaico, sufficiente da sola a prevedere che - prima o poi - l'installazione di nuovo potenziale elettrico non programmabile verrà necessariamente abbandonata da tutti, abolendo gli "incentivi" a pale e pannelli (gli USA di Trump lo stanno già facendo, la Francia ha appena cominciato a porsi il problema). 

Le reti elettriche europee sono state progettate e costruite per assolvere ad un modello distributivo completamente diverso da quello che viene chiesto oggi dalle rinnovabili intermittenti. Ottimizzare il trasferimento di energia dai grandi impianti di generazione a combustibili fossili, nucleari o idroelettrici ai grandi centri di domanda è cosa profondamente diversa del trasferire energia da una molteplicità di impianti di rinnovabili intermittenti, spesso di dimensioni ridotte, distribuiti sul territorio. Pertanto, con l'aumento della penetrazione dell'energia rinnovabile nella rete, si verificano vincoli ed inefficienze che si manifestano per i consumatori in oneri di congestione e bilanciamento. La penetrazione delle rinnovabili intermittenti - eolico e fotovoltaico - nel mix energetico di una rete elettrica comporta costi che aumentano in misura più che proporzionale rispetto all'aumentare della percentuale di energia prodotta con queste tecnologie. Agli attuali livelli di penetrazione delle fonti intermittenti l'impatto sui costi, trasferito ai consumatori, viene ancora accettato e assorbito ma, oltre un certo punto, i costi celati nelle bollette elettriche - che furbescamente i lobbisti delle rinnovabili intermittenti a Bruxelles chiamano “investimenti”, che “ci chiede l’Europa” - aumentano rapidamente (come dimostrano gli esempi della Germania e della California) e diventano evidenti. Ma soprattutto impossibili da digerire.

 

 

La rete elettrica spagnola: in rosso le linee a 400 kV  ed in blu quelle a 220 kV.

 

Il rapporto del governo spagnolo sul blackout del 28 aprile indica nell'incapacità delle centrali termoelettriche a rispondere alle esigenze di regolazione della tensione della rete la causa primaria dell’accaduto. Nella sostanza, un’errata pianificazione da parte dell'operatore di rete, Red Eléctrica, che non ha calcolato correttamente il numero di centrali termiche (a carbone, a gas o nucleare) necessarie per far fronte alle sovratensioni durante la giornata.

Rimane tuttavia un confine incerto tra le responsabilità di Red Eléctrica e la realtà fisica della rete elettrica spagnola, in questi anni dimostratasi sistematicamente instabile, con frequenti episodi di sovratensioni e variazioni di frequenza.

La frequenza è come il battito cardiaco della rete: se scende troppo, i parchi solari ed eolici, molto sensibili alle variazioni di frequenza, capiscono che il malato sta collassando e si disconnettono automaticamente per proteggere le apparecchiature dai picchi di tensione: da qui l’improvvisa perdita di circa 15 GW di potenza del 28 aprile e il conseguente crollo della rete.

La frequenza della rete elettrica è sincronizzata con la velocità di rotazione delle turbine delle centrali idroelettriche, a carbone, a gas o nucleari che azionano i generatori. Esiste una diretta correlazione tra la frequenza della rete e l’energia rotazionale delle turbine che conferisce quell’inerzia, tipica di un corpo in rotazione, che consente di stabilizzare le fluttuazioni del carico conferendo resilienza alla rete. Questo principio delle masse rotanti sincronizzate non è nuovo: è alla base delle nostre reti elettriche da almeno un secolo e serve a garantire che in ogni istante venga prodotta esattamente la stessa quantità di elettricità consumata.

Prontamente il governo Sánchez ha annunciato che, sulla base di questa analisi, il blackout non è stato causato dall'elevata dipendenza della Spagna dalle energie rinnovabili: è proprio così?

Le reti elettriche europee sono state progettate e costruite per assolvere ad un modello distributivo completamente diverso da quello che viene chiesto oggi dalle rinnovabili intermittenti. Ottimizzare il trasferimento di energia dai grandi impianti di generazione a combustibili fossili, nucleari o idroelettrici ai grandi centri di domanda è cosa profondamente diversa del trasferire energia da una molteplicità di impianti di rinnovabili intermittenti, spesso di dimensioni ridotte, distribuiti sul territorio. Pertanto, con l'aumento della penetrazione dell'energia rinnovabile nella rete, si verificano vincoli ed inefficienze che si manifestano per i consumatori in oneri di congestione e bilanciamento.

La penetrazione delle rinnovabili intermittenti, eolico e fotovoltaico, nel mix energetico di una rete elettrica comporta costi che aumentano all'aumentare della percentuale energia prodotta con queste tecnologie. La quantificazione di questi costi è piuttosto complessa e peraltro imbarazzante: passare dal “sole e vento sono gratis” a costi per trilioni di euro il passo non è breve, e nemmeno mediaticamente agevole.

I costi vanno dal "curtailment" delle rinnovabili intermittenti che vengono “staccate” dalla rete quando l’energia immessa eccede la capacità di assorbimento della rete elettrica, al pagamento delle centrali a turbogas per mantenerle a disposizione quando sole e vento ci abbandonano, ai costi per i servizi di bilanciamento. Questi costi aumentano con la penetrazione di eolico e fotovoltaico nel mix energetico nelle reti di trasmissione come quelle europee, poiché sono nate per assolvere altri compiti. L’analisi dei dati dei singoli Paesi mostra che, limitando le rinnovabili intermittenti al di sotto del 10-15% della potenza complessiva della rete, i costi di congestione e bilanciamento risultano accettabili e già assorbiti dai consumatori. Una volta superata questa soglia, questi costi aumentano progressivamente fino a raggiungere, con una penetrazione del 50%, i 110 euro per megawattora (MWh), un aumento che diventa non più tollerabile quando si riversa sulle bollette dei consumatori.

L’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA) nel suo recente report “Integrating Solar and Wind: Global experience and emerging challenge” ci spiega come “Alcune questioni chiave per i sistemi elettrici con una penetrazione molto elevata di VRE rimangono irrisolte.” Dalle problematiche legate alla variabilità stagionale, a come far funzionare una rete elettrica con livelli molto elevati di fonti basate su inverter, a come garantire la redditività di sistemi che producono concorrentemente nelle stesse fasce orarie. Tuttavia, nella sua analisi, l’Agenzia tralascia uno di quelli che vengono definiti dettagli significativi: i costi.

Il grafico sottostante, realizzato sulla base dei costi sopportati dagli attuali gestori di rete nazionali, consente di visualizzare la correlazione tra gli oneri di congestione e bilanciamento della rete (asse Y) e la produzione di energia da fonti intermittenti (asse X) sulla medesima rete elettrica in due casi, Germania e California, in cui la penetrazione di rinnovabili intermittenti è particolarmente significativa.

 

 

Per la Germania i costi si riferiscono al quadriennio ‘19-’22 mentre per la California il periodo esaminato è ’16 – ’23.

Fonte CRU Power Transition Service.

 

Questi costi potrebbero essere eliminati investendo in una rete più flessibile, così come in capacità di stoccaggio, con ulteriori costi, tuttavia l'attuale approccio, basato sui pagamenti per la congestione e il bilanciamento, è quasi certamente l'opzione più economica per gestire le rinnovabili intermittenti quando la loro penetrazione nel mix energetico è bassa.

A questi livelli di penetrazione delle fonti intermittenti l'impatto sui costi, trasferito ai consumatori, viene ancora accettato e assorbito ma, al di sopra di questo punto, i costi aumentano rapidamente e diventano evidenti ma soprattutto più difficili da digerire per i consumatori.

Infatti, i costi per rendere più flessibile la rete europea - che furbescamente i lobbisti delle rinnovabili intermittenti chiamano “investimenti”, che “ci chiede l’Europa” - sono di oltre 1.200 miliardi di euro entro il 2040: 730 miliardi per le reti di distribuzione e 472 per quelle di trasmissione.

Quello che legittimamente un consumatore europeo è indotto a chiedersi sono le ragioni per cui gli esperti di rete del settore delle utility elettriche non si sono espressi quando negli ultimi 20 anni sono stati sviluppati e promossi obiettivi "verdi" irrealistici. L’errata convinzione circa le potenzialità dello sviluppo tecnologico futuro coniugata al coro di accademici, consulenti, giornalisti, politici ed “esperti” della lobby delle utility circa le possibilità delle reti “100% rinnovabili” hanno offuscato per molti la chiara evidenza che l'aumento dei livelli di eolico e solare presentava minacce per l'affidabilità.

In definitiva, quello che emerge dalla realtà fisica delle reti spagnole è la responsabilità del governo Sánchez che ha spinto aggressivamente la diffusione delle energie intermittenti sapendo di non disporre di una rete elettrica in grado di sostenerle, agevolato in questo da una Commissione europea che è solita permeare la vita dei cittadini europei di controlli normativi e che, in questo caso, pur di promuovere l’illusorio Green Deal, ha evitato di rendere obbligatorio il miglioramento dell'affidabilità della rete, almeno per i nuovi progetti, come requisito di base per ricevere sussidi pubblici.

 

Giovanni Brussato.