Rinnovabili, Draghi: i territori collaborino, c'è la guerra

 

 

L'articolo del giorno. Rassegna stampa per i resistenti sui crinali a cura di Alberto Cuppini.

 

"Al centro dell'azione del governo per affrontare le conseguenze della guerra in Ucraina sugli approvvigionamenti e sui prezzi dell'energia c'è la semplificazione delle autorizzazioni per gli impianti rinnovabili."

Oggi abbiamo scelto questo articolo della Staffetta Quotidiana, ma avremmo potuto scegliere l'articolo di un qualsiasi altro giornale. Draghi ieri alla Camera, con la scusa della guerra e della necessità di rinunciare al gas russo, ha tirato la spallata definitiva, che ancora mancava, al sistema delle tutele amministrative contro l'invasione dei barbari dell'eolico e del fotovoltaico. 

Riportiamo alcuni brani del suo intervento dal resoconto della Camera dei Deputati:

“Occorre la collaborazione dei territori e delle Regioni. È cambiato il contesto: certe considerazioni di tipo autorizzativo, che magari erano giustificate in un contesto normale, non sono più giustificate in un contesto di emergenza… la transizione non è soltanto approvvigionarsi di più gas, la transizione è anche riuscire a capire che bisogna sospendere certe norme in un periodo di guerra... Per avere una vera sicurezza energetica senza una profonda semplificazione burocratica, soprattutto in merito ai nostri obiettivi di aumento di produzione delle energie rinnovabili, dobbiamo muoverci in fretta. Il grosso ostacolo all'espansione significativa delle energie rinnovabili oggi è rappresentato dai procedimenti autorizzativi e questo è un problema che, se non superiamo, non andiamo da nessuna parte".

La cosa più divertente (se in questa situazione e con certi governanti si può ancora usare il termine "divertente") è la conclusione della sua relazione, che sembra fatta dal primo che ieri passava per caso da Montecitorio, con una condanna senza mezze misure della precedente attività governativa su tutti i fronti:

"Questo dimostra non solo una sottovalutazione del problema energetico, ma anche una sottovalutazione di politica estera, di politica internazionale”.

Ma quello che nell'immediato più ci preoccupa è questa frase, in cui si afferma la volontà governativa di “rispettare l'obiettivo del Piano nazionale di ripresa e resilienza di 70 GW di rinnovabili entro il 2026. Se si sbloccano le autorizzazioni però."

Con la massima nonchalance, il presidente del Consiglio ci fa sapere che l'obiettivo per le rinnovabili previsto dal Pniec per il 2030 viene anticipato al 2026, ossia finchè ci sono da sperperare i soldi della "Next Generation". Non solo bisogna fare in fretta: bisogna fare più in fretta. I barbari saranno contenti: le loro pretese sono state, almeno in parte, soddisfatte.

Ci permettiamo però di ricordare a Draghi e al suo governo che la faccenda in realtà non è così semplice. Ce lo diceva l'altro ieri il titolo di un editoriale della stessa Staffetta Quotidiana, che faceva riferimento ad una serie di affermazioni facilone del ministro Cingolani, amplificate dai mass media, per ridurre i prezzi dell'energia rinunciando al contempo al gas russo:

"Non è così semplice. Col Pun a 587 euro/MWh cercare di rassicurarci sulla rinuncia al gas russo è prematuro. Che nei momenti drammatici le autorità si incarichino di rassicurare l'opinione pubblica è normale e in certa misura opportuno. Esagerare facendola troppo facile, però, può avere conseguenze non meno gravi che spargere allarmismo... rischia così di trasmettere un'idea fuorviante della situazione".

Oltre a rimandare alle argomentazioni del professor Davide Tabarelli, che hanno riempito la nostra edicola nei giorni scorsi, consigliamo Draghi di riflettere su questa considerazione fatta dal professor Enzo Di Giulio sul blog della Rivista Energia:

"Perché, se il costo di un kWh verde è straordinariamente più basso di quello delle fonti fossili – come sostiene la narrazione green – esse non si espandono celermente? Il problema è solo nel permitting e nella burocrazia delle approvazioni? La burocrazia può più della spinta centrifuga, dal fossile, indotta dai carri armati e dai missili?"

Agli italiani, che il prossimo inverno rischiano di doversi scaldare con i pannelli fotovoltaici voluti da Draghi e dal suo governo, e di illuminare case, uffici e fabbriche con le pale eoliche, la non troppo ardua sentenza. La daranno la primavera prossima alle urne.