Tabarelli (Nomisma Energia): "Questo inverno non avremo gas a sufficienza"

La pazzesca decisione della Von der Leyen di fare dell'Europa il primo continente "climaticamente neutro" nel 2050 ha paralizzato tutti gli investimenti non giudicati "green", destinando ogni risorsa disponibile ad incentivare le rinnovabili, che però non hanno carattere alternativo alle fonti energetiche tradizionali. Le drammatiche conseguenze cominciano a manifestarsi e rischiano di comportare, oltre alla miseria diffusa, il totale discredito del movimento ambientalista. Già ha cominciato il ministro della Transizione energetica Cingolani: "Gli ambientalisti radical chic sono peggio della catastrofe climatica". 

 

 

Ieri ci è stato segnalato da un amico del fronte anti-eolico calabrese un articolo scritto dal presidente di Nomisma Energia prof. Davide Tabarelli, che campeggiava sulla prima pagina del Quotidiano del Sud, dal titolo "Il Paese delle energie effimere".

Ne riportiamo qui qualche passaggio:

"Lo sfilacciamento fra politica e realtà è sempre stato molto evidente nell’ambientalismo, perché gli obiettivi perseguiti sono sempre rivoluzionari, mentre i risultati sono, al contrario, molto deludenti. Ultimamente, tuttavia, il distacco s’è allargato, in particolare con le ambizioni europee accentuatesi lo scorso giugno 2021, quando la Commissione ha reso noto il suo pacchetto di misure per arrivare all’obiettivo del meno 55% delle emissioni nel 2030 rispetto al 1990. Così, mentre una delle più gravi crisi energetiche degli ultimi decenni ha investito il sistema elettrico e del gas dell’Europa, i nostri politici discutono di effimere questioni come l’idrogeno verde, blu o grigio, a volte viola... Quest’inverno non avremo gas a sufficienza... Pirandello ne avrebbe tratto ispirazione... È un fallimento della politica sull’energia del nostro paese... Basterà poco per rendersi conto che non è sufficiente cambiare nome (Tabarelli si riferisce al nuovo miracoloso ministero della "Transizione ecologica". Ndr) per risolvere il problema della dipendenza da petrolio e da gas".

E poi qualcuno dice che NOI siamo eccessivi quando scriviamo i nostri articoli per il sito RRC! Peccato che questi (giustificatissimi) toni alti e striduli gli economisti dell'energia li avrebbero dovuti usare, come abbiamo fatto noi, (almeno) dieci anni fa. Adesso è tardi: la frittata è fatta, e l'ha fatta la Von der Leyen, nell'acquiescenza generalizzata delle élite europee.

Già in precedenza Tabarelli aveva alzato i toni, anche se non fino a questo punto. In prima pagina del Sole del 18 agosto avevamo letto il titolo del suo articolo "Il silenzio assordante di Bruxelles su rincari e politica energetica":

"Come cicale che cantano al sole, gli Europei non si accorgono della crisi del mercato del gas, un po’ distratti dalle vacanze, un po’ preoccupati dagli scenari apocalittici del rapporto IPCC sui cambiamenti climatici appena uscito... Al ritorno i funzionari di Bruxelles riprenderanno ad occuparsi della tassonomia degli investimenti sostenibili e della proposta della maggioranza del Parlamento Europeo di escludere quelli destinati al gas, proprio mentre i prezzi, quale migliore segnale, ci indicano che mancano strutture... I nostri politici riflettano bene sul fatto che quando scarseggia il gas si usa più carbone".

Ancora, nell'articolo su Libero del 24 agosto "In arrivo la stangata di ottobre: più 10% sulle bollette di luce e gas", intervistato da Tobia De Stefano, il professore aveva parlato di "una follia che pagheremo carissima":

"Il problema è non presentare piani irrealizzabili e soprattutto essere chiari e trasparenti sui costi di certe politiche. Negli ultimi 30 anni l'Europa e l'Italia hanno ridotto le emissioni di CO2 del 23% sfruttando gli enormi margini di manovra a disposizione, pensi solo alle vecchie fabbriche a carbone da chiudere o ai progetti sulle rinnovabili che erano praticamente all'inizio, mentre nel resto del mondo le emissioni aumentavano. Adesso ci si chiede di raddoppiare quei tagli (l'obiettivo è arrivare al 55% entro il 2030) in 9 anni, potendo contare però su spazi decisamente inferiori. Una follia che pagheremo carissima e le prime conseguenze le vedremo sulle bollette di luce e gas di ottobre... Un gap intollerabile (con le maggiori emissioni di CO2 del resto del mondo e quindi con i maggiori costi che l'Europa decide di accollarsi. Ndr) che si ripercuote sulle bollette, certo, ma anche sulla qualità della vita della classe media che infatti è in fase decadente. Tutti lo sanno - Draghi in primis - ma nessuno fa niente."

La pazzesca decisione della Von der Leyen di fare dell'Europa il primo continente "climaticamente neutro" nel 2050 ha infatti paralizzato tutti gli investimenti non giudicati "green", destinando ogni risorsa disponibile ad incentivare le rinnovabili, che però non hanno carattere alternativo alle fonti energetiche tradizionali.

Ma che cosa ha fatto propendere il professor Tabarelli, che abbiamo spesso accusato di ambiguità e di scarso nerbo, per un simile salto di qualità nella sua critica al mainstream ambientalista e per una presa di posizione così decisa e compromettente?

Forse l'atteggiamento del professor Alberto Clò, suo maestro sebbene da tempo non più suo mentore? Anche Clò è inorridito da quello che sta per accadere, al punto da aver perso, ultimamente, il suo tradizionale aplomb. Non tanto nella sua intervista "Troppa isteria ecologista nel dibattito sull'ambiente"  pubblicata dal Giornale, dove pure Clò si è esposto con espressioni a lui inconsuete ("Isteria ecologista", "flop del G20 di Napoli") ed ha attaccato la Germania ed i silenzi di Bruxelles, quanto piuttosto, più compiutamente, nell'articolo pubblicato sul blog della Rivista Energia, dal titolo "Fit for 55: tante domande, poche certezze", che invitiamo a leggere per l'intero, così come l'intervista del Giornale, sul sito web della sua rivista.

No! A convincere Tabarelli ad osare tanto è stata l'ormai arcinota affermazione del ministro Cingolani pronunciata alla scuola di formazione di Italia Viva: "gli ambientalisti radical chic sono peggio della catastrofe climatica", riportata in prima pagina su Libero (e su molti altri quotidiani nazionali) del 2 settembre sotto il titolo "Parola del ministro ecologico / Gli ambientalisti chic catastrofe ambientale", il cui testo è integralmente disponibile sul sito web di Libero.

Mentre il prezzo dell'energia elettrica nell'estate 2021 ha raggiunto massimi insostenibili, stabilendo ogni settimana nuovi record storici di prezzo all'ingrosso, i giornali italiani hanno ignorato il disastro ma, in compenso, sono pieni di interviste agli "ambientalisti radical chic" in merito alle scelte lessicali di Cingolani.

Fa notare l'incongruenza solo Paolo Annoni sul Sussidiario del 4 settembre, nell'articolo "Cingolani, sì al nucleare / Un sogno per addolcire i costi della transizione green?

"Smettere di investire in tecnologie e risorse affidabili ed efficienti che ci hanno “regalato” ampia disponibilità di energia e beni e investire in tecnologie che non sono ancora in grado di sostituirle né in termini di costi né di disponibilità, dato che ogni tanto non c’è vento, ha un costo enorme. Tutte le discussioni sul tema partono dall’assunto che lo status quo non muti se si toglie la premessa. Diamo per scontato lo stile di vita attuale senza considerare che è possibile grazie a precise tecnologie e risorse. Potremmo anche interrogarci su quanto sia invasiva per l’ambiente e il territorio l’estrazione dei metalli necessari per le batterie elettriche o l’impatto sul territorio di parchi eolici che dovranno essere un multiplo di quelli attuali per soddisfare la domanda di energia. La direzione che si è presa in Italia e in Europa presenterà velocemente il conto e il dibattito si sposterà su un altro livello e cioè su quanto i consumatori siano disposti a sacrificare per “salvare il pianeta”. Oggi il dibattito tralascia i costi, perché non si sono ancora esplicitati se non in via preliminare".

Annoni fa il confronto con la Spagna, dove il tema del prezzo dell'elettricità "è al centro del dibattito politico".

Gli allegri zuzzurelloni italiani (che, ricordiamolo per inciso, sono anche i soli ad avere richiesto i prestiti europei del Recovery fund considerandoli alla stregua di regali come quelli del Piano Marshall, mentre persino gli spagnoli, che sono messi male ma non sono cretini fino a quel punto, si sono limitati a chiedere i sussidi, che non dovranno essere restituiti) avranno un brusco risveglio entro breve. Quando si renderanno conto di che cosa hanno combinato, malediranno la democrazia (cioè essi stessi) più di quanto i loro nonni, sotto i bombardamenti, maledicevano il fascismo. E stavolta non ci sarà neppure un Mussolini, da essi sempre osannato quando attuava i provvedimenti più demagogici, da immolare come capro espiatorio.

Proprio in coincidenza dell'intervento di Cingolani a Ponte di Legno, il PUN (il Prezzo unico nazionale, che è il prezzo di riferimento dell’energia elettrica rilevato giornalmente sulla borsa elettrica italiana) ha registrato il massimo storico a 145 euro al MWh, dato sufficiente a far prevedere una recessione economica in autunno. Da notare che in Italia nessun giornalone ne ha parlato, al contrario di quello che avvenuto in Francia e soprattutto in Spagna.

I giornaloni hanno preferito dare spazio alle reazioni di un tal Bonelli (che pare essere qualcuno molto importante nell'altrettanto molto importante "galassia verde") e della Muroni, ex presidente di Legambiente, che in Parlamento prosegue la benemerita (benemerita secondo loro) opera dei vari Realacci, Ferrante, Della Seta e compagnia bella nell'influenzare, a vantaggio dell'eolico salvifico, l'attività del legislatore e, se possibile, le decisioni del governo o di altri organi della pubblica amministrazione.

Stranamente, neppure l'interrogazione dell'onorevole Benamati  e di altri deputati PD al MITE circa l'aumento del costo dell'energia elettrica ha prodotto effetti lenitivi. Benamati ha sbagliato. Per conoscere le ragioni del disastro ed i suoi rimedi, avrebbe dovuto interrogare la persona che vede tutte le mattine allo specchio, mentre si fa la barba. Il PD sta raccogliendo i frutti di una pluriennale, sconsideratissima politica energetica che, per favorire le proprie clientele, attribuisce virtù magiche alle "energie pulite" ed in particolare eolico e fotovoltaico, che pure non possono essere alternative alle energie tradizionali, in quanto non programmabili. Negare la realtà (fatto gravissimo in particolare per chi, come Benamati, è ingegnere), attribuendo ad esse il carattere "alternativo" che non hanno, è stato il peccato originale, che, una volta accettato, ha aperto la strada alle rappresentazioni deformate della realtà presenti nelle chiassate dei grillini e poi - amplificate - nelle oceaniche esibizioni gretine di ansie apocalittiche. 

Quelli che sarebbero stati gli inevitabili, infausti risultati erano sotto gli occhi di tutti fin dall'inizio: la decrescita (infelice), già evidente prima del Covid, appena mascherata in Italia da un debito pubblico da repubblica delle banane, e la riproposizione del nucleare.

Non era necessario avere doti profetiche. Presto l'effetto anestetizzante dell'indebitamento pubblico senza limiti causa pandemia terminerà ed i danni saranno visibili e colpiranno le tasche degli italiani. Il PD deve riacquisire consapevolezza ed assumersi la responsabilità di modificare la propria politica energetica, sia in Italia che in Europa, sacrificando la volubile ed emotiva Von der Leyen, che si è dimostrata del tutto "unfit" (termine a suo tempo usato dai media al servizio dei potentati globalizzati contro Berlusconi) al suo ruolo. Sarebbero decisioni impopolari, ma esse sole permetterebbero di evitare di trasformare un disastro congiunturale in una catastrofe epocale per il nostro Paese e per l'Europa intera.

Il mese scorso il PUN ha superato mediamente i 110 euro al MWh, pur in presenza di una bassa domanda agostana. Vediamo che cosa escogiterà il governo questa volta per non fare esplodere, tra un mese, le bollette elettriche più di quanto sia sopportabile da quella massa di pecoroni che si stanno rivelando gli italiani. Non credo che essi, ridotti in miseria, rivolgeranno grati pensieri a chi (soprattutto tra gli "ambientalisti") ha cantato le lodi degli apocalittici responsi oracolari recitati in stato di estasi dalla Pizia di Stoccolma.

Il ghiribizzo, sull'onda delle manifestazioni gretine dei "Fridays for future", della Von der Leyen, poi tramutato in obbligo giuridico, mirante alla "decarbonizzazione" dell'Europa ha esiti fin da ora drammatici. Alla fine, quando il folle progetto sarà inevitabilmente abbandonato (si spera il più presto possibile), avrà comunque fatto più danni di una guerra guerreggiata. Chi sarà il primo a farlo notare (perché non ci vuole molto a prevederlo) sui giornali? Si aspetterà la fine della COP26 e delle sbrodolate retoriche che ci verranno rovesciate addosso senza pietà in quell'occasione dai media globalizzati? Eppure allora (a metà novembre) potrebbero già esserci state le prime manifestazioni di piazza di gente che rischia di rimanere al freddo o disoccupata.

E poi, dopo tutte le follie che escogitano a Bruxelles (e non solo in campo energetico), qui da noi si biasimano... i talebani dell'Afghanistan! I posteri saranno molto divertiti da cotanta stoltezza.

I No-triv, i No-TAP e tutti gli altri della "galassia verde" rimarranno scolpiti per sempre nella storia dell'umanità. Anzi: di più. Finiranno come monito alle generazioni future, assieme alla Piccola Greta, nelle Sacre Scritture della prossima religione, come accadde a Sodoma e Gomorra nel Vecchio Testamento. Che ormai - non a caso - non legge più nessuno.

Alberto Cuppini