Torlizzi: "L'Ue deve rivedere le politiche climatiche"

"Fino a che la Ue non comprenderà il reale impatto sull'economia derivante dagli zelanti target climatici, sarà condannata a fronteggiare bassa crescita, alta inflazione, tassi di interesse elevati e crescente frammentazione tra Paesi membri".

 

"Stop all'invasione cinese di auto elettriche ma l'Ue deve rivedere le politiche climatiche".

Rimarchevole articolo di Gianclaudio Torlizzi su Libero (dei nuovi direttori Sechi e Capezzone) di oggi. Un'occasione per i resistenti sui crinali e, più in generale, per la stanca e rassegnata borghesia italiana per andare in edicola a verificare se, con la nuova linea editoriale di Libero, c'è un barlume di speranza per contrastare senza sguaiataggini il Pensiero Unico Globale e Obbligatorio, di cui le "rinnovabili" salvifiche sono un cardine imprescindibile.

Unico neo: Torlizzi scrive da "Fondatore di T-Commodity" e non come consigliere del ministero della Difesa nè come "riflettore strategico" del ministero dello Sviluppo pardon delle Imprese.

Per invogliare l'acquisto di Libero in edicola, proponiamo di seguito il paragrafo conclusivo, intitolato "La terza via", di questa lunga analisi di Torlizzi sulla dubbia sostenibilità economica della "transizione ecologica" di matrice UE:

 

"Tra la de-industrializzazione e l'innalzamento incontrollato dei tassi di interesse esiste però una terza via, quella che passa per la revisione strutturale dei piani climatici. Rivedere le politiche climatiche infatti non solo metterebbe in condizione le imprese europee di perseguire un percorso di decarbonizzazione realmente sostenibile, ma stroncherebbe anche le attuali strozzature che insistono sul comparto energetico e delle materie prime. Fino a che la Ue non comprenderà il reale impatto sull'economia derivante dagli zelanti target climatici nell'attuale contesto geo-strategico contraddistinto da de-globalizzazione, disaccoppiamento delle catene di fornitura e militarizzazione delle materie prime, sarà condannata a fronteggiare bassa crescita, alta inflazione, tassi di interesse elevati e crescente frammentazione tra Paesi membri. Non agire ora significa lasciare che sia un domani il mercato a correggere le distorsioni create dal green deal. E potrebbe non essere piacevole."

 

Qualche osservazione. O, meglio, una osservazione: non si tratta di trovare una "terza via" tra deindustrializzazione e rialzo incontrollato dei tassi di interesse. Questi due fenomeni oggi sono le due facce di una stessa medaglia, che si chiama "European Green Deal" (che però ha solo accelerato gli effetti perversi della decisione europea già adottata nei decenni precedenti di affidarsi a eolico e fotovoltaico come "energie alternative" alle energie fossili). Questa medaglia, già ben conosciuta, una volta si chiamava stagflazione. Oppure, con termine meno tecnico e più immediatamente comprensibile, "miseria". Le altre volte, però, non la si era ricercata con una simile determinazione suicida, per il tramite degli "zelanti target climatici" imposti dalla sciaguratissima commissione Von der Leyen. Niente "terza via", dunque: qui si tratta solo di scegliere se "perseguire un percorso di decarbonizzazione realmente sostenibile" (che è impossibile: in realtà si tratta di abbandonare in toto, con una decisione politica, le rinnovabili non programmabili e cercare rapidamente altre soluzioni davvero percorribili) oppure, appunto, "lasciare che sia un domani il mercato a correggere le distorsioni del green deal". Anche se, a dire il vero, il mercato sta correggendo già adesso le distorsioni, senza bisogno di attendere "un domani". Di questa "correzione" delle "distorsioni" green realizzata dal "mercato" se ne stanno già accorgendo gli italiani (e tutti gli altri europei) quando pagano le bollette, la benzina e il conto del supermercato.

 

Alberto Cuppini