Altro che bla bla bla! Stanno arrivando le prime bollette targate Greta. Poi tornerà il nucleare.

Diario dei trenta giorni che sconvolsero l'Europa in una rassegna stampa (terza parte).

 

 

Qui la seconda parte della rassegna stampa.

Complimenti ai nostri rinnovabilisti salvatori del Pianeta tramite i pannelli fotovoltaici e le pale eoliche sui crinali appenninici. Che disastro hanno combinato! Sarebbe stato difficile fare peggio. Eppure non era difficile da prevedere, e infatti noi lo avevamo fatto.

E così, adesso ci stanno piombando addosso a tutta velocità prima la miseria, poi il ritorno del nucleare (a fissione).

In realtà i trenta giorni che sconvolsero l'Europa sono già finiti, ma i loro effetti a valanga si stanno manifestando proprio in queste ultime settimane, al punto che la visione edulcorata della "transizione energetica" felice, trasmessa da almeno una dozzina d'anni dai media globalizzati, non riesce più a sostenere il confronto con la dura realtà. Ne siano testimonianza i titoli allarmistici comparsi improvvisamente proprio questa mattina sui giornaloni italiani (si veda in fondo a quest'ultima nostra rassegna stampa), che sarebbero stati impensabili fino a pochi giorni fa.

La disinformazione programmata dell'opinione pubblica, che ha rimosso il passato (e il buon senso) spingendosi fino alla diffusione - tramite i media globalizzati - delle allucinate teorie della "destroy culture", ha trovato in Italia un terreno particolarmente fertile, dissodato per decenni dalle nostre élite, in massima parte di derivazione sessantottesca.

Fino ad un paio di generazioni fa in Italia l'accesso al carbone era considerato un privilegio, a causa del suo costo, in quanto nel nostro Paese se ne produceva poco e di cattiva qualità, e di quello del Nord Europa non esisteva la libera circolazione prima della costituzione della CECA. I miei genitori (non parlo quindi del Medioevo) e tutti - tutti - i nostri antenati (compresi i più ricchi), senza carbone e gli altri combustibili fossili, hanno provato l'ineluttabile drammaticità del freddo invernale, per così dire, sulla loro stessa pelle. Allora nessuno, chissà perchè, aveva ancora pensato di scaldarsi con i mulini a vento, come si vorrebbe fare adesso in Europa. L'Arcadia felix non era affatto felix. Soprattutto perchè di una banale polmonite si moriva. Chi non riusciva - e chi tuttora ancora non riesce - a scaldarsi in inverno se ne frega dei mutamenti climatici. Non vorrei che gli italiani, nuovi ricchi - attualmente ricchi soprattutto di debiti - di ben scarsa memoria storica, tornassero in quel novero. Già nei prossimi mesi.

Ed a maggior ragione potrebbero presto tornare a provare i morsi del freddo gli scandinavi, che hanno dimenticato in fretta la loro storia costellata di bambini che soffrivano il gelo invernale senza avere i mezzi per scaldarsi a sufficienza. Bambini e, per essere politicamente corretti, bambine. A differenza di quelle che adesso se ne vanno in giro per il mondo in barca a vela con i principi monegaschi. Almeno finchè non si concretizzeranno le prime brutte sorprese, che si preannunciano fin da ora molto brutte per la maggior parte degli europei. 

Proponiamo di seguito la terza parte di una rassegna stampa di articoli selezionati - privi di qualsivoglia nostro commento, a parte una brevissima considerazione finale - per meglio comprendere che razza di pasticcio abbiano combinato gli sciagurati (e le sciagurate, soprattutto le sciagurate) a Bruxelles.

 

 

Editoriale non firmato dal Wall Street Journal del 20 ottobre "Il masochismo dell'Occidente sull'energia":

"I leader europei si sono auto-mutilati sull'energia in nome del perseguimento di un'agenda climatica che non avrà nessun effetto sul clima, ma che aumenta i prezzi dell'energia, danneggia consumatori e industrie e adesso rafforza pure i bulli del Cremlino... La volontà dell'Europa di danneggiarsi in nome di obiettivi climatici irraggiungibili è uno dei più grandi atti di auto-sabotaggio democratico nella storia. Tuttavia i leader dell'Europa sono determinati a recarsi il prossimo mese ai colloqui sul clima globale a Glasgow per espandere ancor di più il proprio masochismo sull'energia. E il presidente americano Biden è bramoso di unirsi a loro nell'abbandonare la sicurezza energetica. Putin dev'essere letteralmente sbalordito, di fronte ad una simile fortunaccia strategica".

 

Articolo non firmato dalla Staffetta Quotidiana del 21 ottobre "Tassonomia, la UE rimanda la decisione su gas e nucleare":

"L'impennata dei prezzi di elettricità e gas ha sovraccaricato il dibattito sull'inclusione o meno del gas naturale e del nucleare nelle regole europee per la finanza sostenibile. Una decisione sulla proposta della Commissione europea relativa alla tassonomia arriverà probabilmente solo nel 2022... Resta perciò una questione aperta - “a livello tecnico e politico” - se includere o meno gas e nucleare nella tassonomia. Eventualmente si potrebbe creare un'etichetta “ambra” per le tecnologie che non rientrano tra quelle verdi della tassonomia."

 

R.M. dal Quotidiano Energia del 21 ottobre "La transizione e l’Europa “senza follower:

"L’Europa vuole guidare la transizione ecologica, “ma un leader si misura dai follower e l’Europa è senza follower” nell’accelerazione verso la decarbonizzazione... Il Rappresentante permanente presso le Organizzazioni Internazionali a Parigi, l'ambasciatore Antonio Bernardini... ha sottolineato... "questa crisi fa capire cosa può succedere se la transizione non è gestita in maniera ben oculata"... Fenomeni, ha aggiunto Bernardini, che evidenziano una volta di più come la transizione sia un passaggio con "effetti dirompenti dal punto di vista economico e geopolitico". In tutto questo quello che manca è la dimensione democratica del dibattito, la comprensione da parte del cittadino di quanto sta avvenendo, come evidenziato dal vicedirettore del Corriere della Sera, Federico Fubini... D'altronde anche tra gli addetti ai lavori si fatica a individuarne le cause e, come già sottolineato da Energy Advisors su QE, "se non si riesce a identificare esattamente l'elemento scatenante della crisi è impossibile trovare una strategia per una risposta efficace"."

 

Federico Rampini dalla Repubblica del 21 ottobre "Il grande ingorgo delle merci che mette in crisi la ripresa economica mondiale":

"questo stress test ha messo a nudo le fragilità di catene logistiche troppo globalizzate... Per cui allo stress oggettivo della frenata-ripartenza si è aggiunto un ripensamento strategico: siamo sicuri di voler affrontare la prossima pandemia - o un'altra crisi altrettanto imprevista, il "cigno nero" del futuro - con una dipendenza pericolosa da fornitori che stanno dall'altra parte del globo e potrebbero cessare all'improvviso di mandarci i loro prodotti? ... L'energia è un altro dei settori sconvolti dall'ingorgo. Quando la Cina ha ripreso a invadere il mondo dei suoi prodotti, ci si è accorti di quanto sia ancora incompiuta la sua transizione verso le energie sostenibili. Pechino ha allentato i limiti al consumo di carbone... ha fatto schizzare al rialzo i prezzi di gas e petrolio, con ripercussioni sui consumatori occidentali. Tanto più che Big Oil era in ritirata e stava disinvestendo dalle fonti fossili. Finora i governatori (delle banche centrali) hanno tenuto duro sulle rassicurazioni: l'ingorgo è transitorio, colpa dello stop-and-go troppo brutale, ma passerà. Ora si rafforza un'analisi alternativa: potremmo essere agli albori di una nuova spirale prezzi-salari, quindi un rilancio durevole dell'inflazione."

 

Editoriale non firmato dalla Staffetta Quotidiana del 22 ottobre "Gas e petrolio, una riflessione su prezzi e sicurezza":

"Lo shock di questi mesi può far superare le amnesie del passato. Il messaggio deve essere arrivato forte e chiaro a Bruxelles, e a veicolarlo è stata anche (forse soprattutto) l'Italia: basta con l'idea di “rimuovere” il gas dall'orizzonte energetico dall'oggi al domani. Sul gas bisogna fare una profonda riflessione, o lo shock che stiamo vivendo in questi mesi rischia di diventare la nuova normalità. E c'è da augurarsi che analoga riflessione si sviluppi anche sul petrolio... Lo stesso messaggio deve essere circolato con forza negli uffici del Mite. In settimana la sottosegretaria Ilaria Fontana, intervenendo al question time alla Camera, ha usato argomenti non proprio in linea con il movimento politico di appartenenza (M5S)... ha sottolineato ad esempio che “il processo di transizione energetica verso la decarbonizzazione necessita di tempi certamente non brevi, che va accompagnato anche da misure temporanee di miglioramento delle modalità di approvvigionamento di combustibili fossili e di rafforzamento delle infrastrutture strategiche europee e da misure di mitigazione delle crisi di prezzo per le categorie più esposte”... Fontana ha citato tra le cause... anche la mancanza di nuovi investimenti in produzione dovuti tra l'altro “a politiche restrittive sui finanziamenti nel settore petrolifero”, concludendo che il petrolio “riveste ancora un ruolo significativo nella transizione verso la decarbonizzazione”... Antonio Bernardini, ambasciatore presso l'Aie e le organizzazioni internazionali a Parigi, ha detto ad esempio che l'Aie “ha un po' ritrattato l'errore” fatto con il rapporto Net Zero, “sottolineando che non esiste una sola strada per raggiungere l'obiettivo. Quella che l'Agenzia ha prodotto – ha aggiunto – non è una bibbia e gli eventi recenti come la crisi energetica fanno capire che il percorso è accidentato”... Dire che la filiera del gas e quella del petrolio devono poter partecipare alla transizione energetica non è dunque un tentativo di far rientrare dalla finestra le fonti fossili che pensavamo di aver messo fuori dalla porta (?) con il pacchetto Fit for 55. Né è l'estremo tentativo delle lobby per continuare a tenere la presa sul settore energetico – elemento ovviamente presente. È semplicemente un richiamo a tenere d'occhio tutti i pilastri della politica energetica europea, compresi quelli che riguardano “sicurezza degli approvvigionamenti” e “prezzi”."

 

Paolo Annoni dal Sussidiario del 23 ottobre "La “promozione” dell’Italia appesa a caro energia e investimenti":

"I costi energetici in Europa sono esplosi con un incremento del prezzo del gas di sei volte rispetto alla primavera del 2021; è un incremento che si rifletterà nelle bollette per famiglie e imprese e che ha già portato alla cassa integrazione in diversi siti industriali. Non si comprende come si possa invertire il trend nel breve medio periodo senza sconfessare la strategia green dell’Unione europea e senza alleanze sia nel Mediterraneo, dove l’Italia ha perso moltissime posizioni, che con la Russia... L’Italia, e l’Europa occidentale in generale con l’eccezione della Francia, farà molta fatica ad attrarre investimenti con prezzi dell’energia alti e superiori a quelli di molti concorrenti dell’Est Europa, del Mediterraneo o del sud-est asiatico."

 

Alberto Gentili dal Messaggero del 24 ottobre "Il piano Draghi da 5 miliardi contro la mina caro-bollette":

"Mario Draghi getta sul piatto oltre 5 miliardi per mitigare la stangata sulle bollette del gas e della luce da qui alla primavera del prossimo anno. L'obiettivo, per evitare che a Natale molte famiglie si trovino di fronte alla scelta se scambiarsi i regali o restare al freddo, è calmierare i nuovi rincari di circa il 30%. «Non è molto, ma ciò che è possibile fare in base alla compatibilità dei conti. E comunque si tratta di un aiuto concreto», dicono fonti di governo... A lanciare l'allarme sugli aumenti anche per il 2022 è stato nelle ultime ore Stefano Besseghini, presidente dell'Arera (l'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente): «Se le previsioni di questi giorni dovessero mantenersi, si profilerebbe per il primo quadrimestre del prossimo anno un ulteriore, significativo, aumento dei prezzi per i servizi di tutela che determinerebbe una situazione analoga a quella dello scorso trimestre». Insomma, almeno l'inizio del 2022 sarà uguale alla fine di quest'anno."

 

 

Gabriele Rosana dal Messaggero del 24 ottobre "E l'Europa riabilita gas e nucleare equiparati a energie (quasi) verdi":

"Ursula von der Leyen... lo ha ribadito al termine del summit: nei prossimi trent'anni il continente dovrà necessariamente far affidamento su «fonti stabili», come l'atomo, e su fossili di minore impatto come il gas. Incassata la benedizione della guida dell'esecutivo, il negoziato continua sotto traccia. Alla ricerca di un compromesso, la tavolozza di colori della Commissione per la tassonomia potrebbe arricchirsi di una nuova tonalità e associare un bollino più scuro - ambrato - a gas e nucleare, confermandone però al tempo stesso il ruolo di fonti necessarie per sostenere la transizione green dei Ventisette."

 

Gianclaudio Torlizzi dalla Verità del 24 ottobre "Le politiche su green e acciaio danneggiano l'export extra Ue":

"La crisi energetica incrina le certezze (sbagliate) di Bruxelles... La crisi energetica sembra aver finalmente provocato qualche momento di riflessione da parte di Bruxelles. Intervenendo al termine del vertice Ue, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha illustrato quelle che sembrano le nuove linee guida sul tema energia, cercando un difficile equilibrio tra carenza di gas naturale, prezzi dell'elettricità alle stelle e transizione ecologica. Pur continuando a tessere le lodi sulle fonti rinnovabili, indicando la loro attratività nei costi di produzione scesi negli ultimi dieci anni, la presidente della Commissione ha rimarcato la necessità di avvalersi di "una fonte stabile, come il nucleare, e, durante la transizione, anche del gas naturale". Se non si tratta di un dietrofront, poco ci manca."

 

Titolo dell'articolo di Antonella Aldrighetti dal Giornale del 24 ottobre: "Cingolani riapre al nucleare: "Inquina meno del carbone. Dopo le polemiche del mese scorso, il ministro preferito dai 5s cambia ancora idea: "L'atomo? Non lo condanno".

 

Alberto Clò dal blog della Rivista Energia del 25 ottobre "Regna il caos sul cielo di Bruxelles":

"Finché si è trattato di assumere impegni nel lungo-lunghissimo termine (2030-2050), oltre l’orizzonte politico-elettorale di chi governa, come sul Green Deal, tutto è parso facile e fattibile. Ora che la ‘casa brucia’ per l’esplodere dell’inattesa eppur prevedibile crisi energetica emergono le grandi differenze di situazioni, interessi, posizioni dei paesi dell’Unione. Il Consiglio Europeo che si è riunito il 21-22 ottobre ha palesato l’incapacità o mancanza di volontà dei 27 paesi a condividere responsabilità e costi... In sintesi, non si riporta alcuna decisione del Consiglio ma solo tre suoi inviti. Il primo alla Commissione di “studiare il funzionamento dei mercati del gas e dell’energia elettrica, nonché del mercato EU dell’ETS”... Paradossale considerando il profluvio di documenti, raccomandazioni, comunicazioni quotidianamente resi noti dalla Commissione su questi mercati. Che ora, nel pieno di un incendio, anziché spegnerlo la si inviti a studiare come stanno davvero le cose, appare surreale... Nulla di nulla sulle cause lontane e vicine della crisi energetica; nulla di nulla sui gravi effetti anche economici che essa va già producendo (inflazione, chiusura fabbriche, etc); nulla di nulla sulle decisioni assunte da diversi paesi in direzione opposta alla transizione verso la neutralità carbonica, a iniziare dalla Germania (ma anche la Gran Bretagna) che ha spavaldamente aumentato i suoi consumi di carbone; nulla di nulla sugli errori che si sono prodotti in passato nella condanna dei contratti a lungo termine del metano così sacrificando la sicurezza, salvo oggi raccomandare di tornare indietro... è emersa in sostanza la percezione che nessuno avesse esatta contezza dell’effettiva gravità della situazione. Forse per il timore che, tutti intenti a provvedervi, essi trascurassero le azioni che la Commissione ritiene ancor più urgenti (Fit for 55)."

 

Davide Tabarelli dal Quotidiano del Sud del 26 ottobre "Per le centrali di energia rinnovabile ci vuole tempo mentre il gas ci serve ora":

"L'Italia è il paese più esposto all'esplosione dei prezzi del gas. Politici ostaggio della faciloneria dell'utilizzo di vento e sole... Lo scollamento fra realtà delle industrie e proclami della politica in tema ambientale è sempre stato ampio, perché le bollette sono cosa, oltre che noiosa, difficile da capire, mentre il salvare il pianeta e rassicurare le adolescenti del Nord Europa è cosa molto più empatica. Tuttavia, le cose sono andate peggiorando nelle ultime settimane e la malattia della fuga alla realtà ha avuto una recrudescenza, un po’ perché i mercati sono fuori controllo, un po’ perché si sta avvicinando la scadenza della COP26...  È così in tutta Europa e il tasso di inflazione farà segnare nelle prossime settimane un’impennata, creando qualche grattacapo ai finanzieri che manovrano la loro liquidità da un investimento all’altro. Manca gas in Europa, manca carbone in Cina, magra consolazione, e molti politici, in vista della COP, continuano ad insistere che occorre far più rinnovabili, quelle che tutti vorremmo più sviluppate perché, non ci vuole molto a capire, è meglio usare il sole e il vento piuttosto che roba nera e sporca come il carbone o il petrolio. Fosse così facile come dicono alcuni politici di successo. Il problema è che anche le nostre istituzioni, nazionali ed europee, sembrano un po’ ostaggio di questa faciloneria e non hanno il coraggio di dire chiaramente che serve gas immediatamente... i poveri che quest’inverno non ce la faranno a scaldarsi, 31 milioni, il 7% della popolazione europea, di cui almeno 3 milioni sono italiani. L’Italia è il paese più esposto all’esplosione dei prezzi del gas perché è quello che usa più gas nella generazione elettrica ed è anche per questo che i prezzi dell’elettricità sulla borsa elettrica sono i più alti... Si liberino i politici dalla tentazione di parlare solo di cambiamenti climatici, di transizione e di rinnovabili, temi di cui avremo tempo per anni di discuterne, e si faccia un atto di umiltà prendendo atto della realtà della nostra dipendenza energetica."

 

Andrea Rossetti da Rienergia del 26 ottobre "Le sfide della distribuzione carburanti, tra caro energia e radicati preconcetti"

"L’impeto del caro energia dovrebbe richiamare l’attenzione di analisti e decisori sullo squilibrio strutturale tra domanda e offerta che è alla base degli aumenti, per cercare di porvi rimedio. Invece, per ora prevale l’attenzione sulle poche, ma costosissime, misure “tampone” messe in campo dai Governi per alleviare la tensione. Da più parti ci si concentra sull’analisi congiunturale che, tuttavia, appare miope e deliberatamente reticente nel sottostimare il nesso duraturo tra prezzi alti, fame globale di energia, “scarsità desiderata” di olio, gas e carbone dovuta al crollo degli investimenti, dipendenza dalle fonti fossili. Sotto il peso della contraddizione, riteniamo che la narrazione fiabesca e felice della transizione green tramonterà presto e l’agenda politica europea si concentrerà sempre più sulla ricerca del difficile bilanciamento tra sostenibilità climatica e sicurezza energetica, intesa quest’ultima come affidabilità ed economicità degli approvvigionamenti. Che tale complessità abbia fatto irruzione sulla scena proprio ora è, nonostante tutto, una buona notizia. Una sterzata benefica che ci inchioda alla realtà. L’urgenza della lotta al cambiamento climatico, che non è in discussione, non può riuscire senza realismo e pragmatismo. Occorre cercare nuovi trade-off, sapendo che saranno comunque difficili, costosi e mai privi di rischi. Senza uno sguardo complesso, depurato dalla demagogia, si rischia di allontanare quelle soluzioni di cui si ha invece drammaticamente bisogno. Specie in Occidente, la gigantesca distorsione comunicativa sull’energia fa spesso dimenticare i dati di fondo essenziali. Il mondo è affamato di energia: ogni giorno più o meno 100 milioni di barili di petrolio, 15 milioni di tonnellate di carbone, 11 miliardi di metri cubi di gas. Se l’80% circa della domanda è ancora soddisfatto da fonti fossili, ciò non è dovuto alle trame ordite dalle Big Oil o dai Petrolstati, ma alla cogenza di un paradigma tecnologico non ancora, non del tutto, superato. Le campagne di demonizzazione dell’industria Oil&Gas, quindi, non favoriscono in alcun modo il cambiamento... È sempre utile ricordare che una società ampiamente decarbonizzata come quella europea (8,7% delle emissioni totali, associate a livelli relativamente bassi anche di emissione pro capite) offre margini di ulteriore riduzione dei gas serra che sono in assoluto modesti e marginalmente costosissimi."

 

Alberto Clò dal blog della Rivista Energia del 28 ottobre "A mani vuote: i leader alla COP26":

"Le aspettative su COP26 sono realistiche? Temo ahimè di no. Per una dirimente causa: la gravissima crisi energetica che sta flagellando il mondo intero e della quale non sembra esservi piena contezza. La sua gravità – scarsità dell’offerta di energia, specie di metano; esplosione dei suoi prezzi che hanno contagiato quelli dell’energia elettrica; rischi che ne risenta la ripresa economica – hanno spinto la generalità dei paesi ad adottare decisioni opposte a quelle coerenti con gli obiettivi di contenimento del riscaldamento... Tutti i governi, tra cui quello italiano, sono poi intervenuti ad abbattere con soldi pubblici gli aumenti delle bollette dell’elettricità o del metano, rendendo oltremodo inverosimile la possibilità da tutti auspicata di innalzare in modo consistente i livelli del carbon price. Insomma: primum vivere deinde philosofari. I rappresentanti di tutti i paesi si presenteranno, chi più chi meno, a Glasgow a mani vuote, anche se è facile prevedere che stancamente ribadiranno i loro impegni magari appena disattesi... Un rito che attrarrà tuttavia anche questa volta una numerosissima la platea di partecipanti cresciuta nel tempo raggiungendo nel 2019 alla COP 25 di Madrid 26.000 accrediti per una durata di 12 giorni. Nonostante la possibilità di presenziarvi anche on-line, quest’anno si prevedono non meno di 30.000 persone... Che le COP... si siano trasformate in una passerella gioiosa con balli e concerti, strette di mano e sorrisi compiaciuti, risulta grottesco e ipocrita a fronte della gravità della situazione che lì si va denunciando."

 

Paolo Annoni dal Sussidiario del 29 ottobre "Il sogno green dell’Europa pagato da ceto medio e industria":

"La transizione energetica con cui l’Europa sogna di risolvere il problema non solo è costosissima, ma non è nemmeno detto che funzioni perché potrebbe regalare all’Europa la desertificazione industriale via perdita di competitività delle imprese europee. Gongolare perché gli incrementi dei prezzi energetici rendono competitive le rinnovabili è un lusso che si possono permettere i burocrati. Gli altri, il ceto medio in primis, sono quelli che dovranno pagare il sogno spegnendo i caloriferi oppure rinunciando alle vacanze. Sempre ammesso che ci sia energia per tutti e non si avveri lo scenario che qualche banca d’affari ha messo nero su bianco: la distruzione della domanda come soluzione agli squilibri tra domanda e offerta nel mercato del gas europeo. Significa che il problema si risolve perché le imprese chiudono e i cittadini si mettono due maglioni in casa. L’approccio della burocrazia europea e di chi pensa di affidargli il problema è fallimentare. È un approccio ideologico per cui si possono e si devono imporre sacrifici enormi alla generazione attuale per il bene dell’umanità futura. È uno schema già visto che ricorda solo cose molto tristi."

 

Sissi Bellomo dal Sole del 29 ottobre "Gas, prezzi in picchiata. Si spera nella Russia":

"A innescare il ribasso è stato ancora una volta Vladimir Putin, che mercoledì ha dichiarato di aver ordinato a Gazprom di esportare più gas in Europa dall’8 novembre, quando avrà terminato di ricostruire le scorte... Forse non è un caso che Putin abbia fatto un ulteriore passo conciliatorio, in attesa del via libero definitivo a Nord Stream 2. Gazprom ha affermato di non avere problemi ad aumentare le forniture in Europa, esortando però a fare un maggiore affidamento sui contratti di lungo periodo invece di farsi distrarre dai <<populisti che esortano a seguire la strada dell’energia verde>>."

 

Valerio Valentini dal Foglio del 30 ottobre "Taglio della bolletta, cortocircuito fra gli ultrambientalisti":

"I due miliardi per il caro bollette... forse i parlamentari grillini erano distratti. Loro, che fino a poco tempo fa accusavano lo stato, anche quando erano al governo, di "finanziare anche chi avvelena l'ambiente", nulla hanno avuto da ridire. Eppure, a rigore di logica, quel taglio di imposte andrebbe considerato proprio così: come un incentivo a inquinare. Almeno stando al cervellotico Catalogo dei Sussidi ambientalmente dannosi (Sad)... Fino ad oggi, fino a poche settimane fa perlomeno, era una delle letture di riferimento dell'ambientalismo di ogni colore, e di quello grillino in particolare... nel famigerato catalogo dei Sad c'è anche tra le voci da abolire: gli "sgravi" sul diesel. O meglio, le accise più basse rispetto alla benzina."

 

Gerard Baker dal Wall Street Journal del primo novembre "Per i progressisti privilegiati Noi significa Voi":

Il linguaggio ambiguo dei nostri padroni è in piena mostra al summit sul clima Cop26, dove politici, amministratori delegati e leader di gruppi ambientalisti consegnano i loro gravi avvertimenti sui sacrifici che devono essere fatti per salvare il pianeta dall'estinzione. L'avevamo già visto in semplici atti di ipocrisia, come il presidente Biden che la scorsa settimana ha attraversato Roma in un corteo di 85 auto per presentarsi in Vaticano per un incontro in cui lui e Papa Francesco si sono solennemente impegnati a combattere la "crisi climatica". O nello spettacolo di decine di migliaia di persone che volano a Glasgow... L'ultima dimostrazione dell'abisso tra le prescrizioni allarmistiche dei nostri leader e la realtà della vita per il resto di noi, è testimoniata da una crisi energetica che sta spingendo in alto il costo del carburante per i lavoratori già duramente colpiti, in gran parte a causa di politiche che hanno prematuramente ridotto la produzione di gas e reso la nostra fragile economia dipendente dall'energia eolica quando il vento non soffia... "Signori, noi abbiamo tutti quest'obbligo verso i nostri figli e i nostri nipoti" ha detto il presidente Biden... Nella neolingua della santificazione progressista, i pronomi sono diversi. Noi significa Voi. Tradotto grossolanamente, il presidente Biden dice: il mio obbligo è quello di parlare di imperativi morali... Il vostro obbligo è quello di pagare per tutto ciò."

 

Intervista di Fabio Dragoni a Davide Tabarelli dalla Verità del primo novembre "Gas e petrolio sono irrinunciabili":

"Il presidente di Nomisma energia: "Senza combustibili fossili non possiamo andare avanti, le rinnovabili non basteranno mai... Mi creda, sono completamente scollegati dalla realtà. Si fa un gran parlare di transizione verde e digitalizzazione. Ma senza l'elettricità tutta questa roba non funziona... Prenda la benzina che, ricordiamolo, è carbonio e idrogeno. Dentro un litro ci stanno 7.000 chilocalorie di energia. Stiamo parlando di una quantità straordinariamente elevata. In uno spazio ridottissimo... I nostri nonni che lavoravano nei campi senza nessun tipo di automazione ci mettevano 4 giorni per mettere a terra quella quantità di energia". Greta Thunberg le direbbe che c'è il sole. Una quantità di energia praticamente infinita. Scherza? Sempre per avere la stessa energia che c'è in quella bottiglia di benzina, dovremmo avere un pannello fotovoltaico di 10 metri quadrati illuminato ininterrottamente per 10 ore. Quanto territorio dovremo coprire per fare a meno della benzina? Anche questo ha un impatto ambientale. Ecco perché le rinnovabili non ci sono o non sono mai abbastanza. E sono gli stessi ambientalisti che non hanno capito. E poi, quando non c'è il sole cosa fai? Insomma non si può fare a meno della benzina? No, non possiamo. Da 50 anni sento dire che ne possiamo fare a meno. E negli anni Settanta consumavamo 60 milioni di barili di petrolio al giorno: prima della pandemia eravamo oltre 100... Ma per motivi di intensità energetica, avverto la responsabilità etica di dire che senza i combustibili fossili non possiamo andare avanti. La politica cosa può fare di fronte a questi presunti fallimenti del mercato? I competenti ministri del settore nell'Unione europea si sono riuniti ma non hanno deciso nulla perché non hanno strumenti. In compenso l'Ue ha avuto la brillante idea di dire che del gas non avremo più bisogno e questi sono i risultati."

 

Gianclaudio Torlizzi dalla Verità del 2 novembre "Dalle assenze di peso ai piani sconfessati. La Cop26 è già fallita":

"La realpolitik ha già ceduto il passo all'ideologia che di danni già ne ha fatti parecchi: proprio i piani zelanti di riduzione di CO2, contribuendo ai disinvestimenti in nuova capacità estrattiva da parte delle major petrolifere e minerarie, sono alla base della crisi energetica che... rischia di riproporsi il prossimo inverno. A parlare sono i fatti. In Cina la dismissione delle miniere di carbone in atto dal 2016 accompagnata all'eccessivo affidamento alle fonti rinnovabili... ha innescato un vero e proprio power crunch che da agosto sta mettendo in ginocchio il comparto manifatturiero... con un effetto a valanga sul settore industriale mondiale, se pensiamo all'impennata del 200% del prezzo di materiali come il magnesio e il silicio. La reazione del governo di Pechino non si è fatta attendere, tanto che nel giro di poche settimane ha sconfessato gli ambiziosi piani climatici... se i 4 maggiori produttori di CO2 del pianeta abiurano o sostengono solo a parole i piani di contenimento delle emissioni di carbonio come si può considerare seria l'impalcatura complessiva dei piani climatici? ... Pensare di perseguire politiche anti inquinamento agendo sulla restrizione dell'offerta si è infatti rivelata una strategia fallimentare in quanto oltre ad alimentare la corsa al rialzo dei beni energetici favorendo la speculazione finanziaria, trasferisce la produzione di energie fossili nei Paesi non allineati, aumentandone il potere contrattuale."

 

Titolo dal Corriere della Sera del 3 novembre "Il presidente di Confindustria Bonomi avverte: accelerare troppo i tagli della CO2 ci metterà in crisi".

 

Emanuele Bonini intervista Frans Timmermans dalla Stampa del 4 novembre "Timmermans apre al nucleare: “Ma servono scelte ponderate:

"Il vicepresidente della Commissione Ue responsabile per il Green Deal: «L’aumento dei costi dell’energia non durerà». Nell’Unione europea c’è spazio per il nucleare, purché frutto di scelte «ponderate» e consapevoli. Ricorrere all’energia da atomo resta «un diritto sovrano degli Stati nel decidere il proprio mix energetico», e per questo motivo la Commissione Ue non si opporrà nel caso gli Stati membri dovessero ricorrere a questa opzione per il futuro. Frans Timmermans non lo nasconde... «Sappiamo che il nucleare ha il grande vantaggio di non produrre emissioni di CO2»".

 

Tino Oldani da Italia Oggi del 3 novembre "I 400 jet altamente inquinanti piombati su Glasgow per la Cop26 svelano l'ipocrisia di fondo della politica ambientalista mondiale":

"Lungi da me l'idea di dare ragione a Greta Thunberg, che accusa i politici di fare solo del bla-bla-bla. Dietro a lei e al movimento ambientalista Fridays for future, di cui è l'icona, agisce da anni una potente lobby della finanza mondiale, che ha puntato ingenti risorse sulla rivoluzione verde nell'economia... Una svolta epocale, spinta con forza dai media mainstream e già in atto, comparabile all'avvento della prima rivoluzione industriale: distruggerà migliaia di aziende e milioni di posti di lavoro giudicati obsoleti, prima di crearne dei nuovi. Costi sociali dei quali Greta e il suo movimento non sembrano curarsi affatto... Ma un calcolo attendibile delle risorse necessarie per attuare la conversione verde di interi settori industriali e delle altre attività costrette ad adeguarsi alle direttive Ue non è noto. Di certo, serviranno più dei 200 miliardi del Pnrr, che potranno coprire solo una piccola parte degli investimenti necessari... Archiviato il G20, che è stato uno spot turistico ben riuscito per Roma, e archiviato la Cop26 di Glasgow, che ha fallito gli obiettivi, per l'Italia sarebbe bene prendere atto che la retorica ambientalista ha stufato e cessato la propria spinta propulsiva, mentre si va consolidando il timore che, tra nuove tasse, bollette più care, aziende che chiudono e posti di lavoro persi, la rivoluzione green assomigli sempre più a un suicidio."

 

Editoriale non firmato dalla Staffetta Quotidiana del 3 novembre "Se il Mite dimentica l'emergenza gas. Cingolani si ricorda solo adesso del Comitato di monitoraggio e richiama dirigenti in pensione":

"In questo 2021 le fonti fossili hanno tirato un brutto scherzo all'Europa: invece di sparire, come sembrava dovesse accadere stando a calcoli puramente retorici - ma acriticamente fatti propri da UE e governi - ci hanno ricordato che esistono e ancora per un po' saranno indispensabili. La reazione delle istituzioni è stata delle più impreparate e scomposte, come si è visto coi recenti Consigli UE e come conferma oggi un fatto italiano che ha dell'incredibile. Nonostante lo stress del sistema stoccaggi in arrivo fosse in parte prevedibile già lo scorso inverno, nonostante il successivo rally del gas e dell'elettricità sia iniziato già la scorsa estate, solo a ottobre inoltrato il ministero competente per la sicurezza energetica si è reso conto di non aver ancora provveduto a rinnovare il Comitato di emergenza gas... In pratica a stagione delle erogazioni dalle scorte già avviata e col mercato percorso da tensioni mai viste, non solo il Comitato non si era ancora mai riunito ma, a quanto risulta alla Staffetta, neppure erano stati ancora elaborati i consueti scenari di domanda/offerta giornaliere e sui rischi di emergenza nelle varie fasi dell'inverno. Un lavoro storicamente svolto dall'ex dg Dialuce, andato però in pensione a maggio. Anzi qui c'è la sorpresa finale: non solo il Mite non sembra essersi reso conto fino all'ultimo dell'importanza del problema, ma di fatto si è trovato costretto a riaffidarne la gestione agli stessi dirigenti che per anni lo avevano fatto con competenza, salvo dover andare in pensione (sono passati ormai molti mesi) per sopraggiunti limiti di età. Designando l'ing. Dialuce - diventato nel frattempo presidente dell'Enea, non certo un incarico da svolgere a mezzo servizio - e l'ing. Panei come esperti del Comitato, il Mite è riuscito ad assegnare loro nuovamente un dossier che non può essere retto con la mano sinistra e che, con ogni apparenza, non sapeva a chi dare: un escamotage poco degno di un'amministrazione seria."

 

Roberta Amoruso e Andrea Bassi da MoltoEconomia del Messaggero del 4 novembre "Bollette sempre più care: rischio tsunami per famiglie e imprese. E al Mise le aziende chiedono la cassa integrazione per il caro energia":

"La prima onda è arrivata. Un aumento delle bollette elettriche in poco più di tre mesi di quasi il 40%. Il governo ha provato ad alzare un muro per frenare l’impatto della mareggiata su famiglie e imprese... Quasi 6 miliardi di euro per provare a calmierare i prezzi di elettricità e gas. Sul tavolo, in poche settimane, sono stati messi più o meno gli stessi soldi che, in pratica, il governo ha deciso di destinare nei prossimi anni al taglio delle tasse. Ma che già sembrano insufficienti a fermare l’ondata che, il prossimo anno, rischia di trasformarsi in uno tsunami. Il prezzo del gas non accenna a scendere. E in Italia il gas viene bruciato per produrre energia elettrica... Se l’aumento di prezzo che si è registrato nel terzo trimestre di quest’anno fosse proiettato su 12 mesi, ha avvisato la società della rete, la bolletta elettrica nazionale passerebbe da 40 a 80 miliardi di euro. Si tratterebbe in pratica, di un raddoppio del conto per famiglie e imprese. Aumenti difficili da sostenere e che rischierebbero di impattare seriamente anche sulla ripresa economica... Al Mise, il ministero per lo Sviluppo economico, alcune imprese già si sarebbero fatte avanti con una richiesta del tutto inedita: poter mettere in Cassa integrazione i propri dipendenti con la causale «caro energia». Almeno per sostenere gli stop di produzione sempre più probabili. Dopo la Cassa Covid, insomma, più di un settore sta bussando alle porte del governo per ottenere un nuovo aiuto sotto forma di ammortizzatore sociale. Le più esposte, per il momento, sembrano le imprese che in gergo vengono definite energivore, quelle che cioè hanno produzioni che consumano grandi quantità di energia elettrica. Ceramica, vetro, gomma, plastica, sono in estrema difficoltà: per piccole e medie imprese certi costi stanno diventando insostenibili".

 

Energy Advisors dal Quotidiano Energia del 4 novembre "La crisi dei prezzi elettrici dimostra la centralità del gas":

"In una transizione che al momento è in buona parte una scommessa sullo sviluppo di tecnologie l’equazione niente carbone e meno gas non torna."

 

Alessandro Campi dal Messaggero del 4 novembre "Allarme clima/ Gli isterismi ecologisti e i politici che restano lucidi":

"il problema non è solo l’esistenza di ricette e prospettive su come affrontare l’emergenza climatica molto diverse tra loro e non tutte facilmente praticabili (almeno in tempi brevi). Ciò che più colpisce – guardando ai lavori della conferenza di Glasgow come ad altri appuntamenti dello stesso tipo negli ultimi anni – è il modo con cui vengono ormai abitualmente condotte, a livello politico-mediatico, le mobilitazioni a sostegno dell’ambiente e le discussioni sul tema. Vale a dire con un registro che oscilla sempre più tra spettacolarizzazione, populismo e senso della catastrofe: quello probabilmente più adatto dal punto di vista comunicativo se l’obiettivo è suscitare emozioni collettive e uno stato di allarme globale. Ma ci si chiede quanto sia quello giusto per affrontare un problema che, proprio perché serio e drammatico, richiederebbe, invece che enunciazioni retoriche e proclami di una fine del mondo imminente, un sovrappiù di razionalità, concretezza e pragmatismo... Cosa è, se non populismo, accusare i politici di limitarsi alle chiacchiere e al “bla bla bla” o pretendere di essere “noi”, quelli che stanno in piazza, i veri difensori dell’ambiente, mentre “loro”, quelli che stanno chiusi al calduccio nel palazzo, fanno solo finta di decidere e di preoccuparsi per il futuro? Delegittimare come inetti, insensibili e criminali i rappresentanti legali del popolo è sempre una pessima idea. Il populismo ambientalista – manicheo, semplificatore e privo di ricette come tutte le altre varianti del medesimo fenomeno – è accettabile solo perché a cavalcarlo sono giovani idealisti nei confronti dei quali si coltiva un terribile senso di colpa? ... Un immaginario apocalittico, allarmistico e fatalmente ansiogeno sostenuto (con irresponsabile leggerezza) un po’ da tutti: anziani uomini di governo e giovani contestatori, scienziati e professionisti dell’informazione. Ma siamo sicuri che una simile rappresentazione del futuro – come non bastassero le paure legate alla pandemia – induca comportamenti virtuosi nei singoli e favorisca decisioni sagge e ponderate negli uomini di potere? Ricordiamo che allo spirito di Apocalisse si associa sempre il fanatismo, che è l’opposto dello spirito di ragione richiesto a chi occupa responsabilità di potere. Ciò detto, qualcosa dovremo inventarci per affrontare la questione del degrado ambientale e, soprattutto, per risolvere il paradosso tragico che l’accompagna: ridurre le emissioni e l’inquinamento in un mondo che nel futuro richiederà sempre più energia. Ma piuttosto che promettere l’impossibile o assumere impegni inutilmente solenni e gravosi (salvo scoprire il giorno dopo che molti grandi Paesi del mondo non hanno alcuna intenzione di rinunciare al carbone come fonte strategica) sarebbe preferibile concentrarsi su obiettivi più limitati e realistici (tipo l’accordo per frenare la deforestazione). E rendersi disponibili... agli inevitabili compromessi, come del resto è già successo... Ci siamo del resto già passati, per chi ha la memoria corta, ai tempi della minaccia di un olocausto nucleare. Un copione analogo a quello odierno: allarmi sulla stampa e nel mondo intellettuale, mobilitazioni nelle piazze spesso ideologicamente ambigue e strumentali, isterismi para-religiosi, opinioni pubbliche impaurite, il timore di non avere un domani, ma la politica, in quel caso, a dispetto delle contrapposizioni ideologiche esistenti non perse la calma e col tempo dovuto arrivarono prima i trattati di non proliferazione nucleare, poi quelli sul disarmo".

 

Davide Tabarelli dal Quotidiano del Sud del 4 novembre "Giusta l'apertura sul nucleare, è però un gran favore ai francesi":

"Nonostante il rumore della COP26, qualche segnale di realismo giunge dai vari partecipanti e, se non altro, ciò è un avvicinamento utilissimo fra posizioni rivoluzionarie utopiche e la realtà di tutti i giorni... La nostra capa del governo europeo, la presidentessa della Commissione Ursula von der Leyen, ci dice finalmente che per la transizione servirà anche il nucleare... Anche per il gas naturale le posizioni sono cambiate, sarà per la crisi che ha portato i prezzi ad esplodere in ottobre, sarà per lo scambio, intravisto da qualcuno, fra Francia per il nucleare e la Germania per il gas. La realtà è che già oggi il gas e il nucleare sono due fonti pulite che permettono da una parte di tenere la luce accesa agli europei, perché il nucleare è lo zoccolo duro del sistema elettrico europeo, e, dall’altra, perché il gas limita il ricorso a carbone. Ciò è dimostrato dal fatto che quest’anno, causa scarsità di gas, la Germania ha aumentato i suoi consumi di carbone del 30% e le sue emissioni di CO2 rimbalzeranno verso l’alto almeno dell’8%. Sulle rinnovabili ci sono passi in avanti importanti, in quanto, bene o male, l’esperienza pluridecennale di politiche a loro favore, dimostra che i limiti tecnici che devono essere superati sono ancora enormi. Il principale riguarda il fatto che sole e vento sono intermittenti, ci sono a sbalzi, non quando ne abbiamo bisogno."

E per concludere, ecco una breve rassegna di titoli - molto significativi per un allarmismo ora non più rivolto al cambiamento climatico - comparsi sui giornaloni di oggi:

"Caro energia imprese in ginocchio" (Repubblica).

"Gas, delusione sulle forniture russe / In Europa i prezzi tornano a correre" (Sole 24 Ore).

"Allarme aziende / Con il caro energia la ripresa è a rischio" (Repubblica).

"Paura del blackout in Spagna si fa incetta di bombole e torce / Il governo rassicura: nessun pericolo" (Repubblica).

"Cop26, nella bozza del documento finale nessun riferimento ai combustibili fossili" (Corriere della Sera).

"Usa allo stremo per il blocco dell'Opec / Con il caro energia i democratici rischiano la sconfitta alle elezioni di Midterm del 2022" (Repubblica).

 

Nessun giornalone, però, ha mai fatto notare l'aristocratica levità - non solo durante questa crisi - mostrata dalla presidente della commissione Von der Leyen, che cambia la politica energetica dell'Unione Europea ogni tre per due. Non vorremmo che, se le cose dovessero peggiorare ed i poveri rimanessero senza neppure il pane, la Von der Leyen consigliasse loro, come Maria Antonietta, di mangiare brioche. Come Maria Antonietta, appunto. La Merkel - siamo pronti a scommettere - rimarrà in pensione per poco.

 

A cura di Alberto Cuppini