Con questo governo i lobbisti dell’energia rinnovabile appaiono superflui

Inutili il moltiplicarsi delle evidenze avverse, l'esplosione dei costi dell'energia elettrica, l'esperienza dell'apagòn e il mutato avviso di sempre più autorevoli personalità della più varia estrazione, come l'amministratore dell'ENI Descalzi, Romano Prodi e Fatih Birol: in Italia non esiste una politica che fa scelte diverse dal far installare quante più rinnovabili intermittenti (eolico e fotovoltaico) sia possibile quale soluzione ai cambiamenti climatici. Il conformismo mainstream, più o meno catastrofista, impera. Anche l’attuale governo di centro-destra, da cui lecitamente ci si attendevano scelte diverse, pare completamente prono ai diktat dei profeti del sole e del vento.

 

 

Un gruppo di pressione, o portatori di interessi, viene genericamente definito con l'anglicismo “lobby”, più genericamente si tratta di un gruppo di persone o aziende che cerca di indirizzare le strategie delle istituzioni per favorire specifici interessi. Negli USA i lobbisti, che sovente vedono tra le loro fila parlamentari o senatori uscenti, rendono pubbliche e trasparenti le loro attività garantendo che i cittadini e tutti gli attori interessati possano monitorarle.

I lobbisti che si occupano di energie rinnovabili sono gruppi di pressione la cui finalità è quella di far installare, nel nostro Paese, quante più rinnovabili intermittenti, eolico e fotovoltaico, sia possibile quale unica soluzione ai cambiamenti climatici. L’area politica di riferimento è la sinistra, più o meno catastrofista, a cui si è aggiunto, in epoca più recente, anche il Movimento 5 Stelle con posizioni spesso contraddittorie.

Sul fronte ambientalista lo zoccolo duro è costituito dalla cosiddetta “triplice” di Legambiente, Greenpeace e WWF, associazioni che, favorite dai principali media, si propongono nel complicato ruolo di tutori del Pianeta.

La conclusione di questa lunga premessa farebbe intendere che esiste una politica che fa scelte diverse e che induce la necessità dell’attività lobbistica per orientare opportunamente le sue scelte.

E’ una conclusione sbagliata.

Oggi i servizi dei lobbisti sono superflui: anche l’attuale governo di centro-destra, da cui lecitamente ci si attendevano scelte diverse, pare completamente prono ai diktat dei profeti del sole e del vento.

L’ennesima conferma si manifesta con la recente decisione del Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, MASE, di autorizzare, motu proprio, sette progetti di rinnovabili intermittenti, eolico e fotovoltaico, per quasi 700 MW in Sicilia malgrado il parere negativo dell'assessorato dei Beni culturali della Regione e soprattutto della logica.

Una scelta, quella del MASE, fatta in un momento in cui, sempre con maggior forza, emergono fatti evidenti che suggerirebbero una maggior cautela: sia perché ormai è palese che i costi delle rinnovabili “non” sono bassi, l’apagòn spagnolo almeno questo ce l’ha spiegato chiaramente, sia perché è altrettanto evidente che conservare l’energia è un processo troppo costoso per la scala necessaria al nostro Paese e che una rete “a prova di rinnovabili” è incompatibile con i portafogli degli italiani.

E se a sinistra i dubbi sulla scelta del “tutto rinnovabili” cominciano a fare proseliti, anche importanti, come Romano Prodi che trova assolutamente sbagliato puntare tutto su una sola tecnologia, a destra la recente reazione scomposta del Ministro Pichetto Fratin al termine della Conferenza di Confindustria ed ENEA sul nucleare fa comprendere come la tensione sia critica.

Visioni diverse sulle politiche energetiche si sono già palesate: sia in Confindustria tra coloro che l’energia la pagano e quelli che la producono, leggi Elettricità Futura, sia, più recentemente, agli Stati generali dell'energia alla Camera tra gli amministratori delegati dell'ENI, Descalzi, e dell'ENEL, Cattaneo, che ha reso plasticamente evidente l’esistenza di due politiche, del tutto opposte e contraddittorie, perseguite dai due colossi di cui il Governo è azionista.

Se per Cattaneo per abbassare i prezzi delle bollette la soluzione è l’ormai usuale mantra “installare più rinnovabili” per Descalzi questa è “una semplificazione fin troppo incredibile per un problema tanto complesso”.

Per Cattaneo le rinnovabili in Italia non hanno ottenuto lo stesso effetto di abbassamento dei prezzi ottenuto altrove per un problema di “permitting”: ovvero la colpa dei prezzi insostenibili delle bollette italiane va ascritta a quei disgraziati che si oppongono all’avere una pala eolica alta duecento metri che gli ronza nelle orecchie a poche centinaia di metri da casa.

Tuttavia il Governo sceglie la strada indicata da Cattaneo ed installa “più” rinnovabili in una regione, la Sicilia, dove la produzione eccede la domanda, e la produzione in eccesso, qualora non venisse tagliata (nessun rischio per i produttori, quelli vengono sempre remunerati) verrà esportata verso la Tunisia

Forse una piccola analisi se mettere le pale nella regione che ospita la Valle dei Templi piuttosto che i pannelli fotovoltaici nel Sahara andava fatta.

A pensarla come Descalzi, inopinatamente, è Fatih Birol, Direttore di quell'Agenzia internazionale dell'energia che i senatori del Congresso americano descrivono come la cheerleader del Green Deal, che a CERAWeek ha affermato come sia necessario investire nei giacimenti di petrolio e gas per sostenere la sicurezza energetica globale.

Condivisibile: alimentare la diversificazione dell’offerta e la competizione sui prezzi del mercato del gas aiuta, anche, a contenere i prezzi dell’energia.

In tutta Europa, i prezzi dell'energia elettrica sono fissati in base al costo della generazione marginale che, soprattutto nel nostro Paese, è basata sul gas naturale: se sovrapponeste l’andamento del prezzo dell'energia all'ingrosso negli ultimi anni a quello dei costi dell'energia elettrica basata sul gas li trovereste perfettamente coincidenti.

Alle condizioni attuali di determinazione dei prezzi e di costi delle emissioni di CO2 la proiezione al 2050 evidenzia come i prezzi all'ingrosso siano destinati ad aumentare in termini reali, soprattutto a causa dell'aumento del costo di autorizzazione all'emissione di CO2 in base al sistema europeo di scambio di quote di emissione (ETS), più nota come “carbon tax”.

In realtà le cose possono andare anche peggio se il Governo continuerà a perseguire le soluzioni proposte dall’AD di ENEL. Il costo di base dell'energia da fonti rinnovabili è inferiore del 35% a quello dell'energia fossile solo al lordo dei costi di stabilizzazione della rete: computando anche quelli la situazione si capovolge ed i costi totali dell’energia aumentano di un 40% rispetto a quella prodotta con il gas.

Perché il costo dell’energia elettrica basata sulle fonti rinnovabili sia competitivo rispetto a quello basato sul gas naturale è necessario che il prezzo di scambio della carbon tax superi i 140 euro per tonnellata di CO2 emessa.

Ecco, per arrivare a tanto forse sarà nuovamente necessario l’intervento dei lobbisti.

 

Giovanni Brussato.