Davide Tabarelli (presidente Nomisma Energia) ci ratifica che il re green è nudo

Gli amici anti-eolici calabresi ci hanno segnalato un interessantissimo articolo comparso ieri su Il Quotidiano del Sud: "Il sud è la zona più adatta in Europa per lo sviluppo delle fonti rinnovabili".

Non lasciatevi ingannare: il titolo dell’articolo appare del tutto incongruo rispetto al contenuto, fortemente critico sull’economia verde, almeno così come viene ammannita all'opinione pubblica. E pure - ammettiamolo - ricco di ambiguità. Però, visti i tempi iper-conformistici che corrono e quello che scrivono (e soprattutto non scrivono) gli altri economisti, l'autore merita non solo una segnalazione ma anche una menzione d'onore.

Si tratta del presidente di Nomisma Energia Davide Tabarelli, che lo scorso anno ci aveva magnanimamente degnati della sua attenzione, sia pure con atteggiamento critico, in un altro articolo, allora sul Mattino, a cui avevamo risposto sul nostro sito web.

Tabarelli, in questi ultimi anni, è stata una delle poche voci critiche verso troppo facili e demagogiche soluzioni green. Di lui ci siamo occupati più volte, come si può facilmente constatare con il motore di ricerca "Cerca" del nostro sito web. Ne abbiamo riportato un'importante posizione anche recentissimamente, come ispiratore di una svolta, da noi auspicata, della Confindustria in materia di transizione energetica.

Ma questa volta ci va giù durissimo.

Torniamo perciò all'articolo in questione con il quale il Quotidiano del Sud, che invitiamo tutti i nostri amici di Calabria, Basilicata e Campania a recuperare in edicola, conferma, almeno questa volta, di essere, come orgogliosamente riportato nella testata, "l'altra voce dell'Italia".

Declino, impoverimento, deindustrializzazione (del Sud. E il Nord, invece? Tutto bene, con questi oneri sull'energia?). Leggiamo, a seguire in grassetto, i passaggi più significativi:

“il facile entusiasmo per una supposta riconversione all’economia verde allontana tutti dalla realtà delle cose. L’esempio tipico è quello degli incentivi alle fonti rinnovabili, uno dei pilastri della transizione energetica, dell’economia circolare, della sostenibilità, concetti di cui tutti si riempiono la bocca senza sapere bene di che cosa si tratta”.

Dopo che noi l’avevamo fatto rilevare fin da subito, finalmente qualcuno, nell'orbita del Palazzo, riconosce che i dati della SEN e del PNIEC sono sbagliati (volontariamente, aumentando la produttività attesa di eolico e fotovoltaico per il 2030) per cui non 50 mila megawatt si dovranno costruire, ma 70 mila:

 “Nei prossimi 10 anni, in base agli impegni europei, si dovrebbero costruire in Italia, soprattutto al Sud, circa 70 mila megawatt di nuovi impianti di fonti rinnovabili, quasi il triplo di quelli che abbiamo realizzato negli ultimi 20 anni con generosi incentivi.”

Qui Tabarelli sbaglia. Sono “solo” il doppio e non il triplo, secondo gli obiettivi energetici PNIEC al 2030. Ma sarebbe comunque un disastro epocale. Nel caso dell’adozione di quanto lasciato intendere in sede europea dalle farneticazioni sul Green Deal (che almeno nessuno nella UE, per un minimo di serietà, chiama più “New”), invece, potrebbero essere... il quadruplo!

Un altro riconoscimento di quanto da noi fatto rilevare  prima che il PNIEC venisse inciso sulla pietra per il tramite della Commissione UE, alla quale è stato inviato per ottenerne l'imprimatur:

Proseguiamo con l'outing di Tabarelli:

 “Una delle ragioni per cui le rinnovabili non crescono molto è che gli investitori vogliono la certezza dei passati incentivi.”

Anche questo era stato da noi più volte denunciato.

Ancora, niente meno, leggiamo di  “frastuono delle politiche verdi nel tintinnio dei soldi che vi sono attaccate.”

Amici dei comitati, prendetene nota.

Bravo Professore! Però, se queste stesse cose le avesse scritte almeno un anno fa, nel novembre 2019, quando noi siamo andati, solitari, a criticare duramente  con questi stessi suoi argomenti (e altri ancora) la bozza del PNIEC durante le audizioni alla Camera, sarebbe stato meglio. E gli avremmo scritto: “Bravo Professore. Bravo e coraggioso!”

 

Alberto Cuppini