La superstizione delle rinnovabili salvifiche fa ripiombare l'Europa nel Medioevo

Abstract della rassegna stampa.

Finora la deflagrazione dei costi energetici (e quindi a maggior ragione le sue cause) era stata tenuta sotto silenzio. Ma le bollette con le brutte notizie arriveranno presto agli utenti italiani. Per la smania di essere la prima della classe (e perchè influenzata dalla lobby green) l'Europa alza costantemente il livello di riduzione di anidride carbonica. Le utilities non possono fare altro che ribaltare sul mercato finale parte degli aumenti dei costi. Questo rincaro fa il paio con l'aumento delle materie prime necessarie alla "rivoluzione verde". Il basso prezzo di mercato del gas naturale degli ultimi anni aveva finora permesso di limitare gli effetti sulle tasche degli italiani dell'esplosione degli incentivi alle rinnovabili elettriche inseriti surrettiziamente in bolletta come "oneri di sistema". Già ora il caro prezzi e il timore di una inflazione fuori controllo, tale da costringere presto le banche centrali ad alzare i tassi di interessi pur in presenza di livelli di indebitamento potenzialmente esplosivi, comincia a far più paura del cambiamento del clima. Intanto si scopre anche che, con l'avvento delle rinnovabili non programmabili, uno dei pilastri più scontati del funzionamento degli stati moderni, la continuità dell'energia elettrica, è in realtà meno solido di quanto fossimo abituati a pensare. Sapelli: "La follia dirigistica di contrastare l’innalzamento delle temperature non con politiche che emergono dalla contrattazione nel mercato e con il mercato, ma con decisioni tecnocratiche legittimate solo dallo stordimento ecologico, ha appena iniziato a produrre i danni immensi di una transizione non contrattata del tipo di quella che va inverandosi in una Ue sempre più simile all’Urss. Le politiche energetiche prevalenti affermatasi per contrastare l’aumento delle temperature medie sono guidate da un mix di ignoranza e di sudditanza alle lobbies dell’industria elettrica mondiale". Clò: "Se si continuerà ad insistere che di petrolio non c’è più bisogno, che le imprese non dovrebbero più investire in ricerche minerarie, come ha fatto Faith Birol direttore esecutivo dell'AIE, ebbene i prezzi potrebbero schizzare da qui a pochi anni a 150 o 200 dollari al barile. Pari a 3 e più euro al litro di benzina. Le salvifiche rinnovabili non potranno farci nulla. Diversamente dalle fantasie che molti propagano a piene mani da qui a metà secolo – quando nessuno potrà chiederne loro conto – per quelle odierne si potrà farlo, addossando loro la responsabilità di quello che il noto economista petrolifero Philip Verleger prospetta come possibile “catastrofe economica”. Tabarelli: "I permessi di emissione dell'ETS (i permessi a emettere CO2, un'invenzione del protocollo di Kyoto che solo l'Europa ha adottato) sono un elemento fondamentale della transizione energetica e una causa importante dell'aumento dei prezzi. L'Europa ha deciso che entro il 2030 le emissioni di CO2 dovranno essere abbattute del 55%. Un obiettivo semplicemente irraggiungibile. E' folle pensare che in soli 9 anni riusciremo a passare da un -20%, fatto in 30 anni, a un -55%. Ogni permesso consente di emettere una tonnellata di CO2, che vorrei ricordare non è veleno bensì uno dei mattoni della vita sulla terra. Cina e Usa non fanno nulla di tutto ciò. L'Europa sta penalizzando la propria industria a vantaggio di altri Paesi". I programmi europei di transizione energetica, in cui la nuova religione ambientalista si fonde con l'ideologia ordoliberista di matrice tedesca, hanno una forte componente irrazionale che purtroppo sta prevalendo. Ne è stata un'ennesima dimostrazione l'imprevista sovra-reazione all'operazione mediatica globalizzata "Piccola Greta", in particolare la pazzesca decisione della Von der Leyen della "decarbonizzazione integrale" del continente entro il 2050, che, se non altro, ha riportato l'Europa a fare immediatamente i conti con la realtà, con una decina di anni di anticipo rispetto a quanto sarebbe accaduto senza il "bug" Greta.

 

 

Due settimane fa il PUN (il prezzo di riferimento dell'energia elettrica all'ingrosso in Italia) aveva sfondato quota 100 euro al MWh. La settimana scorsa abbiamo passato quota 110. Oggi sfioriamo quota 120. Ricordo che nel maggio dello scorso anno la media del PUN era stata 21,8 euro al MWh e che nel maggio di quest'anno eravamo già a 69,9. Adesso, con i primi caldi, il PUN è decisamente decollato. Finora la deflagrazione dei costi energetici (e quindi a maggior ragione le sue cause) era stata tenuta sotto silenzio. Ma le bollette con le brutte notizie arriveranno presto agli utenti italiani. Attendiamo rese dei conti (con la realtà) a breve. Questo aumento fa il paio con l'aumento delle materie prime necessarie alla "rivoluzione verde". Vedremo che cosa succederà agli sciagurati politici (agli sciagurati e alle sciagurate, per essere rigorosamente p.c.) che un bel giorno si sono alzati da letto ed hanno deciso, tra l'entusiasmo di tutti i media, che l'Europa sarebbe stata il primo continente climaticamente neutro entro il 2050. Si è trattato della classica previsione auto-avverantesi, ma non nel senso - credo - immaginato dai suoi ideatori (ideatrici).

Il basso prezzo di mercato del gas naturale degli ultimi anni aveva finora permesso di limitare gli effetti sulle tasche degli italiani dell'esplosione degli incentivi alle rinnovabili elettriche inseriti surrettiziamente in bolletta come "oneri di sistema". Ora è diventato ancor più necessario ridurre tali oneri (i "famigerati oneri di sistema", come ha iniziato, con colpevole ritardo, a chiamarli la Federconsumatori), comprensivi di tutti i costi per tenere in equilibrio il sistema elettrico nazionale, sconvolto dalla scellerata "priorità di dispacciamento" e dagli incentivi abnormi concessi a forme di produzione elettrica non programmabili come l'eolico e il fotovoltaico.

Tutti questi costi, cagionati dall'ossessione per le rinnovabili non programmabili (l'idroelettrico a bacino esistente, non alla moda, viene invece lasciato andare in malora), a cui si devono aggiungere quelli per le reti sempre più estese e complesse destinate a supportarle, sono diventati da qualche anno la componente più cospicua della nostra bolletta elettrica, mentre la parte energia pesava sinora per appena il 32%. L'anno scorso abbiamo pagato quasi 12 miliardi di soli incentivi, a loro volta la componente predominante di tali oneri, per ottenere una quota irrisoria di energia elettrica, prodotta soprattutto dal sole e dal vento. Nel 2016 (l'anno del record, che sarà presto battuto quando, per raggiungere i valori obiettivo di produzione da Fer al 2030, sarà necessario aumentare ancora i sussidi), di miliardi in incentivi siamo arrivati a pagarne oltre 14, senza che nessuno, sui media o in Parlamento, alzasse altissime grida di sdegno.  

Leggiamo che cosa sta succedendo ai prezzi dell'elettricità dall'articolo del Sole del 2 luglio di Sissi Bellomo "Gas e CO2 al record storico in Europa":

"Nessuna regione al mondo è risparmiata: i rincari - forieri di ulteriori tensioni inflazionistiche - colpiscono in tutta Europa, così come in Asia e Nord America, anche se l'epicentro della crisi sembra essere proprio nel Vecchio continente... E' una spirale di rialzi che continua ad avvitarsi e che deriva soprattutto dalla scarsità dell'offerta... (in Europa non fanno eccezione neppure il nucleare, che in Francia fa le bizze, nè le rinnovabili, con scarsa generazione da eolico nelle ultime settimane)... per il gas... preoccupa in particolare la Russia, il nostro principale fornitore,... che oggi sembra aver perso la volontà - o la possibilità - di offrire volumi supplementari."

Già ora il caro prezzi e il timore di una inflazione fuori controllo, tale da costringere presto le banche centrali ad alzare i tassi di interessi pur in presenza di livelli di indebitamento potenzialmente esplosivi, comincia a far più paura del cambiamento del clima. Ne reca testimonianza la variazione negli argomenti e nei toni usati dagli analisti delle politiche della "transizione energetica": l'equilibratissimo prof. Clò ha concluso un suo recente articolo con le parole "catastrofe economica"; il prof. Tabarelli, non certo un cuor di leone, ha usato termini quali "obiettivo irraggiungibile" e "folle". Un intellettuale del calibro di Salvatore Settis ha ritenuto opportuno intervenire, in prima pagina della Stampa, per irridere alla magica trasformazione del "ministero dell'Ambiente" in quello della "Transizione ecologica", "quasi che - come da lui argutamente fatto notare - tale formula sia l'abracadabra che dischiude da solo le porte del paradiso ecologico che tutti desiderano".

Così si esprimeva il Foglio, che pure è sempre stato grande sostenitore delle rinnovabili elettriche, nell'articolo del 3 luglio di Daniele Raineri "Fame di elettricità":

"Il Texas ha chiesto agli abitanti di consumare meno energia elettrica per evitare blackout... E da due giorni anche il sindaco di New York ha chiesto ai cittadini di consumare meno corrente elettrica" ma "molti americani non tollerano le interruzioni di energia e vogliono un generatore." (Ma guarda che strano... Ndr.) "Uno dei pilastri più scontati del funzionamento degli stati moderni, la continuità dell'energia elettrica, è meno forte di quanto siamo abituati a pensare."

Al Foglio si devono essere improvvisamente accorti che, così come i pannelli FV non funzionano di notte e d'inverno, le pale eoliche non girano nell'afa estiva, lasciando chi non ha generatori diesel di riserva a soffocare in casa o in ufficio per il caldo.

Si conferma invece coerente alla sua posizione critica anche in tema di energia verso la burocrazia di Bruxelles, ora a maggior ragione, la Verità, nell'articolo di Gianclaudio Torlizzi del 4 luglio dal titolo "La transizione verde comincia a pesare subito sulle bollette", che così sottotitolava:

"Per la smania di essere la prima della classe (e perchè influenzata dalla lobby green) l'Europa alza costantemente il livello di riduzione di anidride carbonica. Le utilities non possono fare altro che ribaltare sul mercato finale parte degli aumenti dei costi."

e che così proseguiva:

"Tanto che, evidenzia sempre l'authority, se il governo non fosse intervenuto con un provvedimento di urgenza per diminuire la necessità di raccolta degli oneri generali in bolletta del prossimo trimestre, l'aumento della bolletta dell'elettricità sarebbe arrivato al +20%... Il comunicato dell'Arera è salutato dagli operatori come un game changer, perchè ha avuto il merito di far luce sulle responsabilità delle politiche climatiche implementate da Bruxelles sull'aumento dei prezzi dei beni energetici... se di un bene viene continuamente ridotta l'offerta è naturale attendersi come esso salga di valore... se qualcuno pensava che gli investimenti del Recovery plan e la transizione ecologica fossero un pasto gratis ora comincerà a ricredersi."

Il problema che assillava il mondo almeno dalla guerra del Kippur del 1973, ovvero la carenza di investimenti nel settore energetico, è stato brillantemente risolto dalle tecnocrazie UE proibendo tali investimenti ed affidandosi alle virtù taumaturgiche delle pale eoliche e dei pannelli fotovoltaici, che dovranno essere collocati ovunque. E più ce ne saranno, come ogni esperto in scaramanzia sa bene, meglio sarà.

Insomma: alle due classiche forme di inflazione, quella da eccesso di domanda e quella da potere di mercato, se n'è aggiunta una terza: quella da contrazione volontaria dell'offerta, che si potrebbe meglio definire come "inflazione da stupidità umana". Oltre alla natura non programmabile dell'energia prodotta da sole e vento si è anche trascurata - e non è trascuratezza da poco - l'ovvia constatazione che l'inerzia del sistema energetico mondiale, così come è stato costruito (almeno) dalla fine della seconda guerra mondiale, assicurerà, anche in presenza di fonti energetiche davvero alternative agli idrocarburi (ipotesi finora fantascientifica), un ruolo dominante e imprescindibile alle fonti fossili almeno per le prossime due generazioni.

Ma ecco il più duro di tutti nella critica ed il più profondo nell'analisi: Giulio Sapelli (che - ricordiamolo - è stato per un pomeriggio il presidente del Consiglio in pectore del governo "giallo-verde" prima dell'ancor oggi misteriosa comparsa di Giuseppe Conte) in un articolo (si noti la scelta dell'immagine di testa e la si confronti con quella di un nostro articolo di argomento analogo), da leggere da cima a fondo sul Sussidiario del 3 luglio, intitolato "Così l’ideologia verde ci aumenta la bolletta e aiuta la Cina":

"La follia dirigistica di contrastare l’innalzamento delle temperature non con politiche che emergono dalla contrattazione nel mercato e con il mercato, ma con decisioni tecnocratiche legittimate solo dallo stordimento ecologico, ha appena iniziato a produrre i danni immensi di una transizione non contrattata del tipo di quella che va inverandosi in una Ue sempre più simile all’Urss... Ma nel mentre questo accade – ed è un segnale di un fenomeno che va giustamente contrastato con giuste politiche ambientali – non ci si rammenta che poche settimane or sono milioni di cittadini texani si son visti privati per decine di ore dell’energia elettrica. Come questo sia potuto accadere nel cuore dell’industria petrolifera e tastiera mondiale storicamente affermatasi sino a un decennio or sono non se lo è chiesto nessuno, salvo pochi studiosi indipendenti come Alberto Clò e Davide Tabarelli (e, ci permettiamo di aggiungere senza false modestie, la Rete della Resistenza sui Crinali. Ndr)... Il fatto è che le politiche energetiche prevalenti affermatasi per contrastare l’aumento delle temperature medie sono guidate da un mix di ignoranza e di sudditanza alle lobbies dell’industria elettrica mondiale. Quest’ultima dispone di una serie di intellettuali organici della disinformazione".

Sapelli così concludeva:

"Pare che non vi siano alternative alla politica dei trattati senza democrazie. Eppure sono pesantissime le conseguenze geopolitiche. È superfluo ricordare il ruolo che, nell’inveramento delle produzioni citate prima, dirette a sostenere l’industria energetica elettrica non alimentata dai fossili, ha una potenza imperialistica come la Cina, che celebra proprio in questi giorni i suoi deliri ideologici neomaoisti (Cina che si avvale di una generalizzata caduta di autostima di tutto l'Occidente, di cui "la piccola Greta" è un chiaro sintomo. Ndr). È necessario un ritorno alla ragionevolezza e al confronto intellettuale. Solo gli intellettuali e i ricercatori indipendenti possono produrre questa svolta sempre più necessaria".

Durissimo anche l'articolo del primo luglio di Alberto Clò, che, stante la drammaticità della situazione, ha bruscamente mutato i toni pacati di critica a lui usuali: "Il ritorno dei prezzi politici", di cui riportiamo poche frasi, invitando a leggerlo tutto con attenzione dal blog della rivista Energia:

"Più si vorranno conseguire le finalità fissate a Parigi, più i prezzi dovranno necessariamente aumentare, al di là dei corsi all’origine delle materie prime.Con implicazioni di carattere sociale: la vera barriera alla transizione. Scrivemmo a suo tempo – spiace citarsi addosso – che la campana dei gilet gialli suonava anche per noi. Ma nessuno la ascoltò".

"Se si continuerà ad insistere che di petrolio non c’è più bisogno, che le imprese non dovrebbero più investire in ricerche minerarie, come ha fatto Faith Birol direttore esecutivo dell'Agenzia di Parigi, ebbene i prezzi potrebbero schizzare da qui a pochi anni a 150 o 200 dollari al barile. Pari a 3 e più euro al litro di benzina. Le salvifiche rinnovabili non potranno farci nulla. Diversamente dalle fantasie che molti propagano a piene mani da qui a metà secolo – quando nessuno potrà chiederne loro conto – per quelle odierne si potrà farlo, addossando loro la responsabilità di quello che il noto economista petrolifero Philip Verleger prospetta come possibile “catastrofe economica”."

Ripetiamo: "Possibile catastrofe economica".

Proseguiamo la rassegna stampa segnalando l'intervista di Gilda Ferrari a Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia (che nei giorni precedenti aveva correttamente previsto "una stangata sulle bollette di elettricità e gas dal primo luglio... un aumento del 12% che vola fino al 21% per il gas. Sono entrambi record mai visti in passato... (derivanti) dalla concomitanza di scarsità di offerta, di ripresa dei consumi e di politiche ambientali restrittive") sul Secolo XIX del 5 luglio “I permessi sulla CO2 sono sempre più cari. Ecco perché aumenta il costo dell’energia”:

"I permessi di emissione dell'ETS (i permessi a emettere CO2, un'invenzione del protocollo di Kyoto che solo l'Europa ha adottato) sono un elemento fondamentale della transizione energetica e una causa importante dell'aumento dei prezzi. L'Europa ha deciso che entro il 2030 le emissioni di CO2 dovranno essere abbattute del 55%. Un obiettivo semplicemente irraggiungibile... le rinnovabili... producono quando c'è sole e vento e non quando ti serve fare una dialisi o accendere la luce di notte. E' folle pensare che in soli 9 anni riusciremo a passare da un -20%, fatto in 30 anni, a un -55%... Ogni permesso consente di emettere una tonnellata di CO2, che vorrei ricordare non è veleno bensì uno dei mattoni della vita sulla terra... Cina e Usa non fanno nulla di tutto ciò. L'Europa sta penalizzando la propria industria a vantaggio di altri Paesi perchè si è posta un obiettivo irraggiungibile".

I più smaliziati pensano che la "neutralità carbonica" per tutto il continente voluta dalla Von der Leyen sia finalizzata a favorire, più che la Cina, l'industria tedesca nel suo complesso, in particolare per gli immensi mercati che le si aprirebbero con il passaggio generalizzato all'auto elettrica. Per questo, tra molti osservatori, si nutre la sensazione che, in realtà, la transizione ecologica dell'Europa sarà meno incidente di quello che potrebbe sembrare oggi.

Sarebbe augurabile che fosse così, e cioè che il motore principale dello "sviluppo sostenibile" avesse una giustificazione di natura razionale, sebbene bassamente commerciale. Ciò a prescindere dalla precedente esperienza negativa subita dagli stessi furbacchioni tedeschi nel settore delle energie rinnovabili, quando, a furia di sussidi e di dumping, i cinesi, più mercantilisti dei mercantilisti tedeschi, hanno fatto fallire gran parte delle imprese occidentali del settore eolico e fotovoltaico ed hanno conquistato la leadership mondiale.

In realtà questa interpretazione minimalista non è vera: i programmi europei di transizione energetica, in cui la nuova religione ambientalista si fonde con l'ideologia ordoliberista di matrice tedesca, hanno una forte componente irrazionale che purtroppo sta prevalendo. Eppure la storia del XX secolo dovrebbe avere insegnato le nefaste conseguenze della testardaggine dei tedeschi quando vogliono imporre a tutti i costi un loro fine insensato.

A proposito di irrazionalità vi riproponiamo, per concludere la rassegna stampa,  questa intervista politicamente scorrettissima (si badi bene: di due anni fa) del Sussidiario a Chris Foster, "Caso Greta/ Attenti al cortocircuito di democrazia e CO2", dove si esprimevano alcune argute tesi, tra cui il convincimento, analogo al mio, che Greta, inizialmente strumentalizzata per far mandare giù alle opinioni pubbliche europee il rospo (e i costi, già quelli schiaccianti) dei piani nazionali energia-clima, sia stata "un errore di programmazione del copione ideologico preparato dai soliti noti":

"Stava andando tutto abbastanza bene, secondo il copione deciso dai liberals di Washington, dall’Onu e dalle varie fondazioni e Ong, quando il fattore Greta è esploso. Forse un po’ troppo... Tutto ha preso un’accelerazione pazzesca e sta andando troppo in là, ben oltre quello che i dems newyokesi, Wall Street e la Silicon Valley immaginavano... Grazie a questa ragazzina, qualcuno è riuscito ad andare molto più in là del copione di ambientalismo “radical chic” amato dai californiani e newyorkesi, ricattando ora gran parte dei governi mondiali (e paradossalmente anche i governi definibili filo-ambientalisti)... il costo economico di assecondare politiche opportunistiche ed elettorali sarà alto. Insomma le politiche ambientali dei prossimi 5-10 anni saranno innanzitutto orientate al consolidamento di un certo potere e solo in secondo luogo orientate ad avere forse un reale impatto sull’ambiente... (In Italia) guarda caso le stesse persone che chiedono politiche ambientali forti sono quelle che spingono per il voto ai sedicenni, per lo ius soli e altre idee con simili obiettivi. Ma è la stessa storia che vediamo in varie forme in tutto l’Occidente. È un vasto movimento caratterizzato da un eccezionale coordinamento di notizie, azioni, propaganda e strategia... molti slogan sono fatti per colpire le coscienze più giovani, è evidente. (In Germania) i figli voteranno Verdi, lui/lei magari Csu. Ma in fondo questo importa sempre di meno. Tanto, le regole che contano non vengono scritte nei parlamenti, ma negli uffici degli “azionisti di maggioranza” dei grandi partiti occidentali".

Azionisti di maggioranza a cui però è sfuggito "il bug" Greta, in prospettiva ben più pericoloso del Coronavirus uscito dal laboratorio di Wuhan.

Come da me intuito ed in parte auspicato, l'imprevista sovra-reazione all'operazione mediatica globalizzata "Piccola Greta", in particolare la pazzesca decisione della Von der Leyen - da tutti acclamata (da tutti gli europei occidentali, per meglio dire) - della "decarbonizzazione integrale" dell'Europa entro il 2050, dettata dal desiderio di sfruttare politicamente l'ondata emotiva seguita alle manifestazioni dei ragazzini che facevano fughino da scuola il venerdì, ha riportato l'Europa a fare immediatamente i conti con la realtà, con una decina di anni di anticipo rispetto a quanto sarebbe accaduto senza l' "errore di programmazione" Greta. Evitando così di morire lessata lentamente, senza più forze per reagire, come la proverbiale rana. Se son rose fioriranno. Anche se, in realtà, si tratta di una faccenda tutt'altro che olezzante.

Se continuasse così, cioè senza investimenti in fonti di energia affidabile, presto i nostri problemi di pale e pannelli conficcati da tutte le parti sarebbero finiti. Peccato che ce ne sarebbero di ben più gravi. Adesso però, nell'immediato, bisogna vigilare che l'aumento del prezzo all'ingrosso dell'elettricità non venga trasformato in una scusa per aumentare il prezzo base (attualmente sotto i 70 euro al MWh) delle future aste Fer, già anticipate dal ministro Cingolani per i prossimi anni. E questo nonostante la SEN e il PNIEC ci avessero assicurato che dopo il 2020 le rinnovabili elettriche avrebbero raggiunto la market parity, rendendo inutili ulteriori incentivi.

L'amara conclusione.

Il problema è l'Europa (questa Europa) piegata all'ideologia globalista e, allo stesso tempo, i singoli stati che hanno come maggiore preoccupazione quella di spendere il più possibile (evitando di far pagare nuove tasse) per mantenere le proprie clientele e, più in generale, per incrementare l'assistenzialismo che gli elettori reclamano a gran voce, pena il passaggio, al momento del voto, all'opposizione o l'astensione. Per questo gli stati nazionali (una volta si sarebbero detti "socialdemocratici", ma adesso sono "assistenzialistici" puri e semplici) utilizzano strumentalmente l' "Europa" perchè tiene bassi i tassi di interessi sui loro debiti pubblici sempre più mostruosi. Almeno finchè ci riuscirà...

Seguendo questa logica, appare evidente come i governi europei e statunitense abbiano usato l’emergenza pandemica come “scusa” per finanziare a debito programmi fantasmagorici di modernizzazione, tra cui la transizione energetica. E' altrettanto evidente che la soluzione, qualunque essa sia, di questi problemi inestricabili (il cambiamento climatico, ammesso che esista, non è così inestricabile) avrà natura traumatica. Il Venezuela si avvicina.

Povertà energetica significa in prima battuta rimanere al buio e soffrire il freddo in inverno ed il caldo in estate. In seconda battuta, significa crisi economica. La mancata disponibilità di energia a buon mercato provocherà l'accelerazione del processo di deindustrializzazione in corso e l'immiserimento della popolazione, che tornerà a soffrire per la fame, le malattie non curate e tutti gli altri fenomeni, che già stanno ricomparendo nel nostro Paese, sintomatici del pauperismo, sofferenze comuni ai più, in Italia, fino a poco tempo fa, prima delle fauste scelte post-belliche di politica economica.

Non solo in Italia, a dire il vero, ma in tutta Europa, allorchè i suoi leader decisero di riscattare, con il lavoro ed il benessere comune e diffuso, l'orribile esempio di aver provocato due guerre mondiali fratricide. Oggi tutte queste lezioni della storia sono state dimenticate e, grazie all'ignoranza accuratamente coltivata dalle èlite, prevale anche nella politica economica la sgangherata ideologia sessantottina, sconfitta politicamente ma trionfante culturalmente, della fantasia al potere, che si sta ulteriormente evolvendo nella sempre più insopportabile gabbia del politicamente corretto, fino a giungere ai recenti deliri della "destroy culture".

Senza più salde radici a cui ancorarsi, tutto sta rapidamente deragliando, cominciando dal fulmineo aumento del costo delle materie prime e dell'energia che impoverirà l'elettorato occidentale. Se ne vedranno gli effetti gà dalle prossime elezioni tedesche e francesi. Il professor Clò, che teme la diffusione della jacquerie dei gilet gialli in tutta Europa, non si rende ben conto di quali forze brutali attendano nell'ombra di essere scatenate come reazione all'altrettanto brutale globalizzazione, imposta dall'alto ai popoli europei, di cui la transizione energetica è un corollario ideologico irrinunciabile.

C'è dunque l'obbligo assoluto e prioritario di un ritorno alla serietà ed a politiche razionali. L'arduo compito di mantenere represse queste poderose forze del male, capaci di far ripiombare l'Europa nelle "Età oscure", non deve certo spettare nè a qualche bambina e neppure a qualche mammina (in tedesco: "Mutti").

Alberto Cuppini