Lontano dagli occhi ma non dal portafoglio

L’eolico offshore è ritenuto da alcuni un compromesso tra le esigenze paesaggistiche e la produzione di energia pulita: un ipotetico punto d’incontro dove le istanze di tutela del paesaggio italiano, per cui evidentemente la Costituzione non è sufficiente, accolgono le ansie di un’altra categoria di ambientalisti per i quali c'è una catastrofe climatica incombente e prevenirla è più importante di qualsiasi altro valore sociale, che si tratti di democrazia, libertà di parola o leggi esistenti.

Le vicende di questi giorni ci stanno insegnando che è necessario che l’energia abbia dei costi sostenibili se non si vuole devastare il tessuto economico del paese: cerchiamo di analizzare quale sia il concreto contributo che l’eolico offshore può dare al nostro mix energetico.

 

Le gigantesche strutture in cemento armato di 22 delle 71 fondazioni sommerse delle turbine eoliche del parco eolico Fecamps su una superficie di 60 km2 in costruzione a Le Havre in Francia. Nulla in ciò che si vede attiene all'ecologia.

 

L'eolico offshore è estremamente costoso, molto più del solare, dell’eolico onshore, dell’idroelettrico e del geotermico. E nonostante le affermazioni contrarie dei profeti del vento, i costi di installazione di impianti eolici offshore non stanno diminuendo, anzi.

 

Greenflation.

 

Malgrado il settore stia godendo di una situazione estremamente favorevole che si compendia di sostegno governativo, outlook positivo, aumento delle richieste da parte di grandi clienti l’impennata dei prezzi delle materie prime sta creando problemi di redditività all’intero settore.

Dopo aver prosperato negli ultimi dieci anni con i prezzi delle materie prime a livelli minimi oggi gli effetti degli aumenti dei prezzi ne stanno minando la competitività, come afferma Mads Nipper, CEO di Ørsted: "Le turbine eoliche hanno un uso di materiale molto pesante. Stiamo parlando di centinaia e centinaia di tonnellate di materiale". Con il prezzo dell'acciaio, del rame e dei minerali critici che sono saliti alle stelle, il risultato non avrebbe potuto essere diverso per le aziende produttrici di turbine e ciò che sta accadendo al settore eolico, può facilmente applicarsi alle tecnologie green: dai pannelli solari, alle batterie per storage ed auto elettriche, sono tutti ambiti fondamentali per la transizione energetica.... e tutti in lotta contro le pressioni inflazionistiche della “greenflation”.

 

Le azioni di molti produttori sono crollate.

 

Siemens Gamesa ha dichiarato di aver subito un calo di oltre il 20% delle entrate per il primo trimestre fiscale della società, da ottobre a dicembre e la quotazione del titolo in borsa è sceso di circa il 55% da gennaio 2021. Una conseguenza diretta dell’aumento dei costi delle materie prime che ha comportato inoltre consistenti ritocchi ai listini per compensare la contrazione dei profitti di circa 229 milioni di euro.

Da allora l'azienda ha aggiunto clausole sui nuovi contratti di vendita per trasferire l'inflazione dei costi delle materie prime o della logistica ai clienti.

Inoltre se parte dei problemi che oggi affliggono il settore possono essere imputati alla ripresa post pandemica, come i problemi della catena di approvvigionamento, Andreas Nauen, amministratore delegato di Siemens Gamesa Renewable Energy SA, ha detto che non si aspetta che il costo delle materie prime e della logistica tornerà ai livelli pre-Covid nel 2022 o nel 2023. Ma, a nostro avviso, probabilmente nemmeno dopo quella data: troppi governi messi a dura prova dalle carenze di bilancio alimentate dalla pandemia, stanno accarezzando l’idea di tassare le riserve minerarie di metalli critici per migliorare l’economia dei loro paesi.

 

Questi spaventosi mastodonti.

 

Le turbine eoliche offshore stanno progressivamente ingigantendosi: le nuove turbine GE pesano 825 tonnellate e sono alte 260 metri, circa tre volte la Statua della Libertà. Vestas ne installerà una dimostrativa da 15 MW nel 2022, che sarà alta 280 metri. Esistono progetti per turbine eoliche ancora più grandi, con capacità di generazione di 20 o addirittura 25 MW, ma è improbabile che queste turbine vengano installate nel prossimo decennio perché le leggi della fisica presentano inevitabili e difficili problemi di scalabilità.

Il processo di installazione di queste nuove turbine richiede navi altamente specializzate e costose, circa 500 milioni di dollari ciascuna, chiamate "navi per l'installazione di turbine eoliche" (wind turbine installation vessels, WTIVS). Sono navi con caratteristiche derivate da quelle utilizzate per le trivellazioni petrolifere offshore ma oggi sono operativi solo 16 WTIVS in tutto il mondo e non tutti sono in grado di installare turbine grandi quanto quelle più recenti, inoltre con l'aumentare della domanda di queste navi, è probabile che il costo per noleggiarle aumenti, aumentando i costi del progetto.

Un'altra sfida che gli sviluppatori eolici offshore devono affrontare è l'installazione di cavi sottomarini che trasportano l'elettricità generata alle interconnessioni continentali. L’effettiva costruzione di un progetto eolico offshore e dell'infrastruttura di trasmissione (cavi sottomarini, sottostazioni a terra, nuove linee di trasmissione ad alta tensione) necessaria per fornire l'elettricità che produrrà al sistema di alimentazione di massa è complessa e richiede tempo. Gli impianti non possono essere semplicemente "collegati" alla rete di trasmissione ad alta tensione, devono essere sottoposti a studi dettagliati sull'impatto del sistema per garantire che la loro produzione possa essere gestita dalla rete di trasmissione senza causare instabilità che potrebbe portare a interruzioni forzate.

Inoltre la sepoltura dei cavi offshore è problematica: se i cavi sono troppo poco profondi rischiano di rimanere insepolti e possono essere intercettati da draghe o persino da ancore di navi ma se vengono seppelliti troppo in profondità rischiano il surriscaldamento, il che riduce la quantità di elettricità che può essere trasmessa. I rapporti suggeriscono che nei prossimi cinque anni saranno necessari più di 16.300 km di cavi elettrici sottomarini per costruire nuovi parchi eolici offshore in tutto il mondo. Secondo gli operatori del settore anche in questo caso le navi, le Cable Lay Vessels, non saranno sufficienti.

Inoltre anche l’approvvigionamento delle materie prime, in particolare del rame, sarà economicamente rilevante: il peso del cavo offshore è di circa 240 tonnellate per miglio con un consumo, per miglio, di circa 90 tonnellate di rame.

 

 Cavo sottomarino di una turbina eolica offshore (Joey Keasberry)

 

Altra voce di costo sono le attività di manutenzione, O&M, che prevedono l’ispezione e riparazione delle turbine, dei cavi di collegamento tra le turbine e la centrale elettrica offshore e tra quest’ultima ed il sistema di trasmissione di energia onshore comprese le sottostazioni elettriche, inoltre le ispezioni e riparazioni alle fondamenta delle turbine e alle strutture sottomarine. Queste attività rappresentano circa il 25% dei costi di esercizio di un normale parco eolico offshore e non includono inoltre il profitto perso a causa dei tempi di fermo delle turbine.

 

Previsione di crescita delle attività O&M nel settore offshore in UK.

 

Nel corso dei prossimi vent'anni, la manutenzione del settore eolico offshore potrebbe trasformarsi in un settore industriale a sé stante, riservato a poche realtà che dispongono delle tecnologie e delle competenze necessarie. Ad esempio, nelle previsioni del governo del Regno Unito per lo spiegamento dell'eolico offshore, le attività di manutenzione per oltre 5500 turbine potrebbero valere quasi 2 miliardi di sterline all'anno che significa un costo da circa 25 € / MWh a 40 € / MWh in funzione della distanza dalla costa e di conseguenza del tipo di supporto necessario.

 

La siccità eolica.

 

Inoltre, poiché è intrinsecamente intermittente, l'eolico offshore richiederà investimenti significativi nella fornitura di risorse di backup, principalmente centrali a gas, per compensare le ore in cui il vento non soffia. Sebbene i profeti del vento affermino che lo stoccaggio mediante batterie eliminerà la necessità di generazione di backup di combustibili fossili, i costi, i requisiti delle materie prime e la tecnologia odierna rendono questa ipotesi impraticabile.

L'energia eolica non è solo intrinsecamente intermittente, ma, a differenza di molte centrali a combustibili fossili, le turbine eoliche non possono aumentare o diminuire la loro produzione in risposta a cambiamenti istantanei nella domanda complessiva di elettricità. Il mantenimento di una rete affidabile, quindi, richiede la generazione di backup per "consolidare" l'output di tali strutture che generalmente significa avere più generatori a gas che operano in standby: come un motore (a combustione interna) di un'auto tenuto al minimo in modo che possa partire immediatamente, se necessario.

Perché come hanno imparato a proprie spese gli abitanti del Regno Unito il “wind drought”, la siccità eolica, è un fenomeno più tangibile di quanto si supponesse. La storia meteorologica mostra che mentre tali episodi sono intrinsecamente imprevedibili, è del tutto prevedibile che si verificheranno, e frequentemente, nel corso dei decenni in cui le turbine eoliche sono state costruite per funzionare.

E come stiamo sperimentando oggi in Europa l'opzione di una doppia rete ci ha esposto a picchi dei prezzi del carburante derivanti dalla realtà delle catene di approvvigionamento. Convertire la fornitura di carburante di una rete per la generazione convenzionale da contratti di carico di base a lungo termine all'acquisto episodico di enormi quantità, non solo espone i consumatori a enormi picchi di prezzo, ma crea quei picchi.

 

Extraprofitti

 

Ma c’è un dato numerico su cui basare le nostre riflessioni sulla convenienza economica dell’eolico offshore, utilizzando un dato portato all’attenzione di tutti proprio da queste vicende: il prezzo unico nazionale (PUN) che è il prezzo di riferimento dell’energia elettrica rilevato sulla borsa elettrica italiana.

 

Come ben illustrato dal grafico sopra il valore medio del PUN era di circa 50 €/MWh fino al primo trimestre del 2021 quando è iniziata una progressiva crescita fino all’ultimo trimestre dell’anno dove l’esplosione del prezzo del gas ha fatto capire agli europei in genere, ma agli italiani in particolare, la vulnerabilità del futuro della loro industria manifatturiera e di conseguenza dell’intero sistema paese: con il prezzo dell’energia elettrica all’ingrosso costantemente al di sopra dei 200 euro al MWh, l’Italia finirà sott’acqua senza bisogno dello scioglimento dei ghiacci polari. La conferma di quanto anticipato è arrivata con la stima dell'Ufficio studi della Cgia di Mestre: rispetto al 2019, per il primo semestre del 2022 è calcolato un aumento del costo di luce e gas di 44,8 miliardi.

Partendo quindi da queste considerazioni, confermate dai ripetuti tentativi del nostro governo di arginare, con scarsi risultati, l’insostenibilità dei prezzi dell’energia valutiamo se l’energia prodotta dalle turbine eoliche offshore sia compatibile con il prezzo medio dell’energia che ha permesso, fino a qualche mese fa, la produzione industriale del nostro paese.

Il Levelized Cost of Energy (LCOE) rappresenta il ricavo medio per unità di elettricità generata necessario a recuperare i costi di costruzione e gestione di un impianto di generazione durante un presunto ciclo di vita finanziaria e di funzionamento. Il LCOE è spesso citato come una misura sintetica della competitività complessiva delle diverse tecnologie di generazione. Gli input chiave per il calcolo del LCOE includono i costi di capitale, i costi del combustibile, i costi fissi e variabili di esercizio e manutenzione (O&M), i costi di finanziamento e un tasso di utilizzo presunto per ogni tipo di impianto. L'importanza di ciascuno di questi fattori varia a seconda delle tecnologie così come la disponibilità di vari incentivi, tra cui crediti d'imposta statali, può influenzare il calcolo del LCOE.

 

Ma nel caso dell’eolico offshore abbiamo visto che le attività O&M sono particolarmente gravose, oltre naturalmente al costo effettivo dell’impianto, e a conferma di ciò il grafico sopra ci illustra come l’LCOE di questa tecnologia sia, attualmente, di oltre 115 €/MWh per quanto, la narrativa green ci abbia abituati al costante ritornello “del crollo dei prezzi” ben esemplificato, anch’esso, nel medesimo grafico.

Ma oggi il mercato dice il contrario.

E con previsioni a lungo termine, come confermato dall'Energy Information Administration (EIA) statunitense che stima che LCOE degli impianti eolici offshore che entreranno in servizio nel 2026 sarà ancora di almeno 115 $/MWh.

Naturalmente questo non spaventa gli speculatori eolici che, nel nostro paese, godono di lauti incentivi se, come afferma Renexia S.p.A., per Beleolico, il parco eolico in costruzione nella rada antistante il porto di Taranto, la tariffa, che i contribuenti italiani pagheranno, ammonterà a 201,7 €/MWh per i prossimi 20 anni.

Ad ulteriore conferma dell’insostenibilità per il sistema paese di simili soluzioni vanno messi in conto alcuni potenziali limiti di alcune metriche di costo livellato dell'elettricità (LCOE) per confrontare le fonti di generazione di energia. Uno dei limiti potenziali più importanti dell'LCOE per una fonte intermittente è che potrebbe non controllare gli effetti temporali associati all'abbinamento della produzione di elettricità alla domanda. Di fatto è l’inclusione, in termini economici, di quanto espresso circa la siccità eolica ossia la produzione di elettricità quando non è necessaria nella rete senza stoccaggio.

Il valore di questa elettricità può essere inferiore a quello che si avrebbe se fosse stata prodotta in un altro momento, o addirittura negativo: ma in questo caso il rischio non lo corre l’imprenditore ma il cliente: i costi aggiuntivi associati alla necessità di disporre di stoccaggio o generazione di backup saranno a suo carico visto che il produttore ha già un prezzo che gli garantirà, per l’appunto, un extraprofitto.

Deliberatamente in questa trattazione abbiamo omesso gli ingenti danni ambientali causati dall'estrazione e dalla lavorazione dei metalli critici, o dal lavoro minorile e degli schiavi: sono solo “danni collaterali”. Così come sono irrilevanti le preoccupazioni per gli impatti negativi sulla pesca e sulle specie in via di estinzione.

Il credo delle associazioni ambientaliste vicine all’economia del vento, per prevenire il cambiamento climatico, è fatto di massicci investimenti in queste tecnologie, eliminando d’un colpo - non è chiaro come ma questo è un dettaglio - tutti i combustibili fossili assieme ad altri cambiamenti draconiani nella società.

Dovrebbe essere la politica a porsi alcune semplici domande circa gli ipotetici vantaggi dello sviluppo eolico offshore a fronte dei danni, certi, sia economici che ambientali. L’irrisoria riduzione delle emissioni di CO2 non avrà alcun impatto sul clima mondiale ma, i costi, coniugati al conseguente aumento dei prezzi dell'elettricità che si ripercuoterà sull'intera economia, distruggerà molti più posti di lavoro ed investimenti di quanto potrebbe essere creato dai massicci sussidi richiesti da questi progetti.

 

Giovanni Brussato

 

Fonti:

Taboada, J.; Diaz-Casas, V.; Yu, X. Reliability and Maintenance Management Analysis on OffShore Wind Turbines (OWTs). Energies 2021

Garrad Hassan, A Guide to UK Offshore Wind Operations and Maintenance, Scottish Enterprise and The Crown Estate, 2013