Scala mobile per gli impianti eolici

In Italia contro la Greenflazione torna la scala mobile... ma solo per incentivare ancor di più la speculazione delle rinnovabili elettriche.

 

Quando venerdì 29 settembre leggevamo sulla Staffetta Quotidiana nell'articolo "Incentivi Fer, appena 100 MW assegnati al dodicesimo bando Gse" il resoconto della figuraccia epocale dell'ultima asta Gse ("Al dodicesimo bando Gse per l'assegnazione degli incentivi alle rinnovabili elettriche si registra un minimo storico di richieste, con assegnazioni di poco più del 5% rispetto ai contingenti disponibili. Tante in particolare le rinunce di soggetti che proponevano grandi progetti eolici e fotovoltaici") - ed in particolare del flop generalizzato dei progetti del grande eolico industriale - eravamo convinti che nel sottotitolo ci fosse un refuso: "Dal prossimo bando tariffe indicizzate all'inflazione".

Tariffe indicizzate all'inflazione? Ma come? Mentre tutti gli italiani soffrono per l'inflazione generata dalla pazzesca decisione di Bruxelles di rinunciare in pochi anni ai combustibili fossili sostituendoli con pale e pannelli, di fronte all'evidenza del disastro annunciato dell'esplosione dei costi energetici e delle materie prime, adesso si indicizzano... gli incentivi alle rinnovabili elettriche? Incentivi di cui, ci avevano assicurato, non ci sarebbe stato più bisogno dopo il 2020.

Non potevamo crederci. Non volevamo crederci.

E invece, sempre sulla Staffetta Quotidiana di questo venerdì, nell'articolo "Fer, il 17 ottobre i nuovi bandi Gse" abbiamo avuto la ferale conferma:

"per la tredicesima procedura d'asta FER i valori delle tariffe saranno aggiornati facendo riferimento all'indice nazionale dei prezzi al consumo per l'intera collettività (NIC), per tenere conto dell'inflazione media cumulata da agosto 2019 a settembre 2023."

"Da agosto 2019 a settembre 2023"! Niente meno! I furbacchioni dell'eolico avevano ritirato i loro progetti dalle aste precedenti, come la Staffetta faceva notare ma senza darne spiegazioni, perchè già sapevano che il governo, di fronte alle loro pretese, avrebbe calato le braghe e spalancato ancor di più il portafogli di Pantalone. E quegli stessi spudorati per anni avevano attribuito le colpe agli eccessivi intralci burocratici e alle Sovrintendenze, sostenuti in tali accuse da tutti i giornali e dai principali media.

Pudore l'è morto.  

La Greenflazione oggi furoreggia pur in assenza (per fortuna!) di meccanismi di adeguamento automatico dei redditi all'inflazione fuori controllo come invece avveniva nei drammatici anni '70, prima dell'abrogazione della scala mobile, che stava conducendo il Paese alla rovina. Però, senza tali meccanismi automatici di adeguamento, nel 2022 l'inflazione "green" ha causato l'impoverimento della popolazione italiana più consistente dal Dopoguerra ad oggi. Adesso la scala mobile viene reintrodotta... ma solo per incentivare ancor di più la speculazione delle rinnovabili elettriche, che sono alla base del disastro dell'esplosione dei costi dell'energia. Sarà come gettare paglia nel fuoco.  

Qualche mese fa avevamo spiegato perchè ci sarebbe stato bisogno in eterno di sussidi sempre crescenti per le rinnovabili non programmabili e avevamo messo in guardia dal tentativo di un colpo di mano degli speculatori e dei loro turiferari.

Di recente, l'allarme per contrastare il grande assalto alla diligenza della spesa pubblica con la scusa della "Salvezza del Pianeta" era stato rinnovato dal professor Alberto Clò nell'intervista al Sussidiario del 13 settembre sotto il titolo "Rinnovabili dal 32% al 42,5%. Clò: impossibile senza incentivi, saremo noi a pagarne il prezzo" (un'intervista da leggere in linea dall'inizio alla fine):

"L’eolico sta avendo grandi difficoltà: le ultime aste in Gran Bretagna sono andate deserte, perché le rinnovabili, checché se ne dica, necessitano di incentivi. Le aste fissano dei prezzi, non li fissa il mercato. Sono andate deserte perché sono stati fissati prezzi troppo bassi. Bisogna che la Commissione o il Parlamento, individuando questi obiettivi, avvisino anche i consumatori che questa decisione avrà un impatto sui prezzi. I consumatori sono anche elettori e alla scadenza delle elezioni potrebbero farsi sentire; è un orientamento che già si vede in Germania e anche in altri Paesi, compreso il Nord Europa con Svezia e Finlandia. Commissione e Parlamento sappiano che più decidono in questo senso più è possibile che alle prossime votazioni i cittadini li mandino a casa."

Come osservava qualche giorno dopo (il 16 settembre) Paolo Annoni, sempre sul Sussidiario, nell'articolo "BCE & UE/ La vera cura ai problemi dell’economia non è il taglio dei tassi":

"l’Europa si avvia verso una rivoluzione energetica che richiede migliaia di miliardi di euro. Se la Bce optasse per una politica monetaria più espansiva si avvierebbe verso un indebolimento dell’euro di cui non si vede la fine e che l’Europa in questo momento non vuole o non può prendere in considerazione... L’Europa si sente ancora ricca, non è venuta veramente a patti con quello che è successo negli ultimi due anni; non sembra aver compreso quanto profonda sia la sconfitta incassata. Si sente ancora talmente ricca da impegnarsi in una transizione energetica, con costi da brividi, che nessuno dei suoi competitor farà mai; sicuramente non nelle proporzioni europee... La politica della Bce cerca di mantenere l’Europa tra le economie “ricche” in attesa che vengano risolti i problemi della competitività della sua industria. Questa è una sfida che oggi si può vincere trovando soluzioni in settimane e mesi, non in anni, e alla condizione di abbandonare alla velocità della luce le ideologie che l’Europa dava per scontato di potersi permettere con la rivoluzione green".

Usando le stesse parole di Sergio Giraldo alla conclusione del suo articolo del primo settembre su La Verità dal titolo inequivoco "Flop eolico, antipasto della transizione Ue":

"In definitiva, si stanno cementando le basi di una inflazione strutturale sui costi dell'energia, mentre le aporie della transizione energetica emergono ad ogni passo".

In definitiva, cioè: un'altra occasione persa dal governo Meloni per distinguersi dagli sponsor politici degli speculatori eolici, dopo quella che avevamo di recente fatto notare.

Una decisione suicida, questa volta, presa oltretutto per favorire le clientele altrui.

Se la Premier non sarà in grado di fornire neppure sulle energie rinnovabili, come già sull'immigrazione, un'alternativa valida alle politiche mainstream, l'astensionismo alle urne potrebbe esplodere già il prossimo anno, in occasione delle elezioni europee, e l'Italia compiere un altro passo deciso nella direzione del Sudamerica. Ma non dell'Argentina, che pure è finita per l'ennesima volta in rovina, ma del Venezuela. E con esso verso l'uscita dall'Europa con, come primo provvedimento conseguente, la nazionalizzazione di tutto il settore dell'energia in puro stile castrista. Per la gioia delle nostre geriatriche élite sessantottine. Chissà se, in tal caso, i nostri amici dell'Anev saranno finalmente sazi e soddisfatti.

 

Alberto Cuppini