Un filo di gas

 

 

Tabarelli (Nomisma Energia): "Solo ora abbiamo scoperto che l'energia è il motore dell'economia ma fino a ieri eravamo convinti che si potesse rimpiazzare il fossile con il green dalla mattina alla sera."

L'articolo del giorno. Rassegna stampa per i resistenti sui crinali a cura di Alberto Cuppini. 

 

 

"Paghiamo errori del passato, previsioni sbagliate, impostazioni ideologiche... solo ora abbiamo scoperto che l'energia è il motore dell'economia ma fino a ieri eravamo convinti si potesse pagare poco, e si potesse rimpiazzare il fossile con il green dalla mattina alla sera".

 

Il presidente di Nomisma Energia Davide Tabarelli, nell'intervista concessa a Carlo Cambi sul numero di Panorama appena uscito in edicola nell'articolo "Un filo di gas", ha pubblicamente svelato che cosa pensa davvero delle politiche green e della "Transizione ecologica". Tabarelli ha così concluso, come da noi costantemente sollecitato, il suo doloroso percorso di outing, rivelando, con almeno una dozzina d'anni di ritardo, il suo più intimo sentire circa l'idea di rimpiazzare i combustibili fossili con le pale eoliche e i pannelli fotovoltaici:

 

"Di gas e petrolio ce n'è in abbondanza. Il punto è un altro: se insisti con la propaganda delle rinnovabili è chiaro che le compagnie non investono in ricerca, nella manutenzione dei pozzi, nelle nuove esplorazioni... ma se gli ambientalisti spingono su un'illusoria transizione è chiaro che ce ne sarà sempre meno disponibile...

I nostri governanti di Bruxelles, quelli che si preoccupano dei diritti civili, della qualità dell'aria o dei cani e dei gatti, oggi non sanno garantire il nostro livello di benessere e non sono stati in grado di prevedere e prevenire la guerra...

Noi godiamo di tali miglioramenti nella qualità della vita grazie ai combustibili fossili, ed è difficile immaginare di costruire la pace eliminando ciò che ci ha assicurato lo sviluppo...

L'Europa invece di assecondare chi coltiva il sogno delle rinnovabili per fare politica e anche lauti guadagni, avrebbe fatto meglio a coltivare il sogno di una Russia europea. Ed è più probabile che si realizzi tale prospettiva rispetto al Green deal e alla sostituzione del fossile con le rinnovabili".

 

Con questa intervista (e con quelle degli ultimi mesi che ne hanno fatto l'uomo più fotografato d'Italia) Tabarelli si candida al ministero dello Sviluppo economico (che lui chiama ancora "Industria") del prossimo governo, a cui andrebbero restituite tutte le competenze trasferite da Draghi all'immaginifico ministero della "Transizione ecologica":

 

"Penso che Mario Draghi, Supermario, abbia fatto il fenomeno: ha chiuso il ministero dell'Industria e ha aperto quello della Transizione ecologica. Una prospettiva sbagliata. Si sapeva già dal febbraio 2021 che sarebbe arrivata questa crisi: andava militarizzata la fornitura energetica, andava compreso che inseguire politiche green non era saggio."

 

Intanto, però, sarebbe opportuno che il direttore di Panorama facesse leggere questa intervista al ministro Tabarelli (scusate: mi è scappato un lapsus) a Carmine Gazzanni e Flavia Piccinni, autori, sullo stesso numero di Panorama, dell'articolo "Quei semafori rossi contro l'energia green", che sembra quasi quasi scritto dal presidente dell'ANEV Simone Togni in persona:

 

"Se l'Italia rimarrà al freddo si deve anche ai vari progetti di elettricità "verde" osteggiati dagli ambientalisti o bloccati per motivi paesaggistici. Eppure, senza veti, l'autonomia dal gas sarebbe più vicina."

 

Noi capiamo il pluralismo, capiamo le esigenze delle sponsorizzazioni, capiamo tutto, ma leggere queste cose a pagina 26 di Panorama, dopo che a pagina 22 ci viene spiegato da Tabarelli l'esatto contrario, alla lunga potrebbe compromettere la credibilità della rivista. Specie quando i lettori si ritroveranno al freddo perchè eolico e fotovoltaico senza gas (come stanno cominciando a capire i cittadini tedeschi che hanno sfregiato il loro Paese con decine di migliaia di gigantesche pale eoliche) non servono a niente, tranne a generare continui blackout. E miseria senza fine.

 

Alberto Cuppini