Corriere della Sera contro pale eoliche? Più indizi fanno una prova

L’inesistenza, nel nostro Paese, di una borghesia culturalmente matura per accompagnare l’ingresso dell’Italia nella modernità e nell’Occidente è un discorso vecchio, che Montanelli ha ripetuto fino alla noia sul Corriere della Sera e su tutti i giornali dove ha scritto. La deriva sessantottina della cultura occidentale dalla tradizione, il deragliamento della modernità stessa e la separazione delle élite - non solo italiane ma occidentali tout court - dal popolo e dalla nazione (e, contemporaneamente, delle "masse" dalla cultura) non hanno fatto che peggiorare il quadro italiano complessivo e renderlo sempre meno gestibile dalla politica. Il problema, ormai non più percepito come tale da gran parte delle élite italiane, della devastazione del nostro Paese con le rinnovabili elettriche fuori scala “per la salvezza del Pianeta” ne è solo una fattispecie.

 

 

Il grande passo è compiuto? Su 7, settimanale del venerdì del Corriere della Sera, stamattina abbiamo letto un articolo di Antonio Polito dall'ironico titolo "Abbattere 250 faggi per mettere pale eoliche non è sempre innovazione".

"Stavo camminando con altri amici... scavalcando l'Appennino, in soli 55 chilometri si va dal Mar Ionio al Mar Tirreno da Soverato a Pizzo. Eravamo appena giunti a Petrizzi, suggestivo borgo... e soprattutto grandi boschi di castagni e faggi... c'era un progetto per abbattere una cospicua parte della foresta e far spazio a un parco di pale eoliche. Che saranno, sì, ecologiche, ma mai quanto i boschi."

Dopo Federico Fubini, Ferruccio De Bortoli, Gian Antonio Stella, e Ernesto Galli della Loggia, un’altra grande (...) firma del Corrierone si accorge che mettere delle pale eoliche (queste dovrebbero essere già quelle alte complessivamente oltre 200 metri) sui crinali appenninici al posto dei boschi, per far funzionare l'Italia col vento al posto delle centrali elettriche tradizionali, forse non è una buona idea.

Effetto della crisi dei prezzi energetici, evidentemente. Altrettanto evidentemente è arrivata dalla direzione (in termini più o meno espliciti) il contrordine di (parziale) riposizionamento del giornale sugli impianti ad energie rinnovabili, finora propagandati indefessamente, che appaiono oggi la causa prima della crisi. Ormai tutti hanno capito (anche se lo avrebbero dovuto capire fin dall'inizio) che le rinnovabili non programmabili non hanno natura alternativa alle fonti tradizionali di energia, ed avere abbandonato per anni gli investimenti nella filiera del gas naturale (ma non solo nel gas), confidando nell'errata ipotesi della "alternatività" di eolico e fotovoltaico, è stato suicida. 

Nella candida ammissione di Stefano Grassi, capo di Gabinetto del commissario Ue all'energia Kadri Simpson, intervenuto giovedì ad un webinar organizzato dall'Arel:

"nelle fasi iniziali del Green deal era difficile pensare al gas come a una componente essenziale della transizione e si pensava che questo decennio avrebbe segnato la fine dei combustibili fossili, ma questa percezione adesso si è modificata".

Già questo decennio! Incredibile. Neppure la "Piccola Greta" sarebbe stata tanto ingenua da fare una dichiarazione del genere. Ma in che mani ci siamo messi? Questi sciagurati (e sciagurate: le due principali responsabili politiche del disastro dell'European New deal, Ursula Von der Leyen e Kadri Simpson, sono donne, evidentemente messe lì solo per soddisfare il criterio politicamente corretto delle quote rosa) pensavano davvero di far marciare l'Europa solo con le pale e i pannelli.

Sarà pure un parziale sollievo, per noi, leggere di tutte queste ammissioni dei giornaloni italiani, sebbene in ritardo di almeno una dozzina d'anni in cui il territorio appenninico è stato tutelato dagli "abominevoli" comitati, ma quante amarezze!

E’ peraltro sconfortante notare come, per rendersi conto che in tutta Italia stiamo affrontando una follia epocale che viene disconosciuta dai mass media, un giornalista di fama debba sbatterci il naso di persona, come se, in tutti gli altri casi di levate di scudi da parte delle popolazioni inferocite da progetti di impianti Fer spesso ben più impattanti di questo in Calabria (qui si parla di “appena” 250 faggi da abbattere), gli speculatori dell’eolico abbiano a che fare con delle tribù di isterici egoisti.

Però la cosa che più dovrebbe interessare - e preoccupare - i comitati della Rete della Resistenza sui Crinali (per merito dei quali l'Appennino tosco emiliano-romagnolo non è ridotto ad un incubo di pale eoliche conficcate in ogni dove, come in sempre più vaste plaghe del Sud e delle Isole maggiori) nell'articolo di Polito è questa:

"La verità è che nella fretta di usare i soldi del Pnrr, e nell'incapacità di presentare nuovi progetti in tempo, hanno riciclato ciò che era già pronto, uno studio di vent'anni fa."

Allarme, amici dei comitati: stanno tornando! E tornano con quegli stessi progetti che voi a suo tempo avete contribuito a respingere. Come da noi previsto, il fine ultimo di questo governo appare ogni giorno di più lo sfruttamento insensato e predatorio del Recovery fund, per attuare il quale sono stati emanati numerosi decreti chiamati ipocritamente "Semplificazioni", che rendono possibili azioni contro il territorio che prima sarebbero state impossibili. Anche a costo di sacrificare il millenario paesaggio italiano che tutto il mondo ci invidia.

Ormai la nostra unica speranza di fermare in tempo questi scalmanati risiede nell'aumentata consapevolezza che la proliferazione delle pale eoliche, oltre a non essere la soluzione della crisi climatica, è la causa scatenante della crisi energetica che in questi mesi sta trascinando a fondo l'Italia.

Una constatazione invero desolante per tutto il movimento ambientalista italiano ed in particolare per gli amici della Coalizione articolo 9, ma la triste realtà è questa.

 

 

Alberto Cuppini