Non c'è limite al peggio dopo le semplificazioni delle tutele amministrative, metodicamente smantellate per favorire sfacciatamente l'eolico a detrimento della preservazione dell'ambiente e del paesaggio. Riproposti i progetti in tutti i siti a suo tempo bocciati. I comitati delle Rete della Resistenza sui Crinali si ricompattano per mobilitare di nuovo le popolazioni dell'Alto Appennino, presso le quali si rafforza un senso di ingiustizia, ed operare coordinati contro le prevaricazioni dei lobbysti e dei loro sponsor politici a Roma, che alimentano un'opposizione sempre più forte ed attiva agli impianti eolici.

 

Il crinale tra il Molinatico e il Croce di Ferro. Sullo sfondo Borgotaro.

 

A far da contraltare al demenziale progetto eolico Cisa Cirone, nel comune di Pontremoli in provincia di Massa-Carrara, c'è la riproposta di un vecchio impianto eolico, a suo tempo bocciato, che coinvolge il crinale che fa da testata alla Lunigiana, nel territorio del  comune di Borgo val di Taro, in provincia di Parma. E' in fase di valutazione di VIA il progetto "PARCO EOLICO MONTE CROCE DI FERRO", che prevede l'installazione di sette pale dell'altezza complessiva di 200 metri in una zona ricca di peculiarità paesaggistiche, faunistiche e botaniche.

Il crinale interessato chiude a nord ovest la valle del Magra e il parco eolico rappresenterebbe uno sfregio paesaggistico immane per la terra dei castelli, come  viene anche chiamata la Lunigiana. Come se non bastasse la zona interessata dal cantiere è ricca di reperti del neolitico, frequentata da fauna protetta e luogo di crescita di piante tutelate. E' difficile comprendere cosa spinga certe amministrazioni a prendere anche solo minimamente in considerazione simili insulti all'integrità ambientale e culturare di luoghi così preziosi e delicati. Sarà nostra cura informarci presso l'amministrazione comunale se intende sostenere oppure contrastare questa follia.

 

Comitato CISATEL (Comitato interregionale salvaguardia Appennino tosco-emiliano-ligure)

Giuliano Garavini sul Fatto Quotidiano: "Lo Stato intervenga direttamente nella produzione e distribuzione di rinnovabili, potendosi accontentare di profitti nulli e avendo come missione quella di fornire energia ai cittadini a prezzo abbordabile".

 

 

Non è la prima volta che ci occupiamo delle analisi - ad evidente vocazione marxista - di Giuliano Garavini.

Oggi lo spunto ci viene dalla prima pagina del Fatto Quotidiano, dove abbiamo notato l'occhiello "Extra-utili": chi li reinveste?"

Da quello siamo risaliti all'articolo "Inutile illudersi, non useranno i soldi per piani “green”: toccherà allo Stato", che sottotitola: "Buybacks: I colossi ricomprano le azioni e non investono".

Garavini osserva che le grandi società petrolifere stanno annunciando i maggiori profitti da sempre, ma che nessuna di loro reinveste questi profitti, nè nelle fossili (perchè in Occidente sono state messe - di fatto - fuori legge per favorire le rinnovabili) nè nelle rinnovabili (perchè assicurano profitti solo se sussidiate dallo Stato, che, sulla spinta dei costi insostenibile delle bollette, potrebbe eliminare queste sue garanzie in qualsiasi momento). E così le grandi società preferiscono ricomprare le proprie azioni, arricchendo azionisti e "manager", nessuno investe, l'offerta energetica diminuisce, i prezzi schizzano in alto, il popolo finisce in miseria e, alla fine, l'economia collassa (come vorrebbero molti sedicenti e improbabilissimi "gretini" nostrani, ai quali del clima non interessa niente). Nel frattempo, le emissioni globali di CO2 aumentano perchè in tutto il mondo, per limitare i costi, si torna dappertutto a bruciare il carbone.

Conclude Garavini:

"Da questo stallo si può uscire in due modi. Il primo, quello intrapreso finora, è garantire agli investitori "low carbon" lauti profitti e ritorni sugli investimenti, grazie a benefici fiscali o a prezzi garantiti. In questo modo la collettività si caricherà sulle spalle il profitto delle aziende green e i consumatori rischieranno di essere in affanno a pagare le bollette."

Ovviamente questo primo modo non è una soluzione, ma la causa stessa del problema che si è creato. Per inciso: divertente leggere che i consumatori rischieranno (al futuro) di essere in affanno a pagare le bollette. Ma proseguiamo:

Il secondo modo è che lo Stato, le municipalità o le cooperative, intervengano direttamente nella produzione e distribuzione di rinnovabili, potendosi accontentare di profitti nulli e avendo come missione quella di fornire energia ai cittadini a prezzo abbordabile. Dalla scelta fra le due strade dipende il futuro (e il successo) della transizione ecologica."

Trascurando come concessione allo spontaneismo sessantottino il riferimento alle municipalità e alle cooperative, la nazionalizzazione (almeno) degli impianti ad energia rinnovabile (insopportabilmente costosi ma con costi marginali nulli, almeno per ciò che riguarda la sola produzione di energia) appare ogni giorno che passa sempre più inevitabile.

La (ri) nazionalizzazione dell'energia elettrica è da sempre un nostro cavallo di battaglia. 

Strano che si senta dire una cosa di Sinistra in Italia, dove la Sinistra pare avere ormai a cuore solo i migranti, i comportamenti sessuali più bizzarri e le ragazzine ricche e annoiate che fanno fughino il venerdì per lo sciopero climatico (ma che non si presentano a protestare in massa quando è caldo e loro sono in vacanza al mare).

Ancora più strano leggere queste cose sul giornale che ha affiancato e sostenuto il Movimento 5 Stelle, che, giunto al potere a Roma, non ha saputo trovare niente di meglio da fare, tra le tante corbellerie, che favorire le lobby dei "rinnovabilisti", storiche clientele del PD.

Un suggerimento: la nazionalizzazione delle Fer elettriche, che avevano già guadagnato in modo vergognoso con gli incentivi pubblici e adesso stanno guadagnando in modo ancor più vergognoso con l'esplosione dei prezzi dell'elettricità (per la crisi dell'offerta di combustibili fossili da esse stesse cagionata), non potrebbe essere una concreta proposta di quella "Destra sociale" che vincerà le prossime elezioni (ammesso che si tengano e che il giudizio degli elettori, almeno per una volta quando non vince il PD, venga rispettato) ma di cui tutti ancora ignorano la politica economica?

 

Alberto Cuppini

 

Dopo Poggio Tre Vescovi, sull'Alto Appennino ricompaiono, uno dopo l'altro, i progetti eolici negli stessi siti a suo tempo bocciati. E' il frutto avvelenato delle "semplificazioni" del regime di tutela ambientale e paesaggistica ottenute dai lobbysti con la scusa del conseguimento degli inverosimili obiettivi europei pretesi dalla Germania, che vuole imporre a tutta Europa le sue pale eoliche.

E questo proprio mentre l'interruzione del gas russo ha svelato l'inutilità delle decine di migliaia di aerogeneratori già installati in Germania.  

 

 

Gli stupratori di montagne e paesaggi sono tornati. Due devastanti progetti di eolico industriale minacciano il crinale dell'Appennino ai confini tra la Lunigiana in Toscana e la Val Taro in provincia di Parma. Uno, non ancora in fase di VIA, riguarda il crinale Cisa Cirone. E' la riproposizione di un vecchio progetto già respinto anni fa.

L'altro riguarda il monte Croce di Ferro (già in fase di VIA) in territorio Emiliano, anch'esso già presentato e ritirato in passato.

Per quanto riguarda il primo, alcuni membri locali del comitato di Gravagna si sono mossi tempestivamente. Riportiamo la relazione fatta da Simona Compiani, referente per Gravagna:

"Lo scorso 29 maggio si è tenuta in località Molinello di Pontremoli (MS) un incontro organizzato dall'Ing. Lorenzino Marzocchi (noto ex manager ENI) che si è presentato quale Amministratore Unico di Futuro Energia srl, dichiarando un capitale sociale di euro 10.000 (da verifiche effettuate risulta in realtà un capitale sociale di euro 800!) con una trentina di proprietari dei terreni del crinale Cisa-Cirone. Il Marzocchi ha annunciato ai presenti che la società tedesca Gruppo Geo mbh è interessata a presentare il progetto "Eolico popolare" per la realizzazione di un parco eolico nel tratto Groppo del Vescovo-Cirone. Il progetto non è ancora definito. Contano di costruire 9-15 generatori, l'altezza dei pali dovrebbe essere di circa 130 metri, ed il diametro di 90 metri per un'altezza totale di 155 metri circa".

La Compiani continua raccontando che l’ingegnere ha proposto la creazione della società “Eolico Popolare” per la realizzazione del progetto, alla quale potranno partecipare i cittadini di Pontremoli e Comuni limitrofi, prospettando che, per i circa 300 proprietari dei terreni interessati, andranno il 3% dei ricavi annuali e un ulteriore  3% dei ricavi sarà per il Comune di Pontremoli, forse ignaro che la sentenza 46 della Corte Costituzionale del 23 marzo 2021 prevede che gli Enti locali possano richiedere le sole compensazione ambientali. Insospettiti dai nebulosi impegni presenti nel contratto, che prevede la cessione di superfice e di servitù per trent’anni, i proprietari hanno organizzato un incontro per una consulenza legale nella quale sono emerse le criticità relative alle conseguenze dell’accettazione del contratto proposto. Il giorno dopo, a una nuova riunione organizzata dalla Società proponente per la raccolta firme, si è presentato un solo proprietario. Ora il proponente è a caccia di consensi impegnandosi in un porta a porta. I consiglieri di minoranza del consiglio comunale di Pontremoli hanno fatto un’interpellanza per capire qual è, se c’è, il coinvolgimento degli amministratori in questa storia.

 

Comitato Valdantena

 

Compaiono anche sul nostro territorio i primi effetti delle "semplificazioni" amministrative pretese (e ottenute) dai lobbysti delle "rinnovabili" elettriche non programmabili per coprire l'Italia di pale e pannelli anche nelle aree più suggestive del Paese. E questo proprio mentre in Germania (dove sono già state installate decine di migliaia di giganteschi aerogeneratori rivelatisi improvvisamente inutili senza il gas russo, che rappresenta il solo mezzo per tamponare l'irrimediabile imprevedibilità della produzione eolica) il governo è terrorizzato dalla prospettiva di rimanere senza elettricità  a causa dell'embargo deciso da Putin.

 

 

 

Nel sito della società “Ambiente” s.p.a. si legge, in data 23 marzo 2021, quanto segue:

"Uno dei principali punti di forza del lavoro eseguito da Ambiente sc consiste nel cosiddetto approccio alla “progettazione integrata ambientale” in grado di realizzare una stretta interconnessione fra aspetti tecnici e ambientali. Il progetto è localizzato in un ambito appenninico che segna il confine amministrativo fra le Regioni Emilia Romagna e Toscana, interessato da tre differenti Amministrazioni Comunali (Badia Tedalda, Casteldelci e Verghereto). L’impianto, proposto dalla società GEO Italia S.r.l., è costituito da 36 aerogeneratori della potenza di 3,4 MW ciascuno, per una potenza complessiva di 122,40 MW. L’energia prodotta verrà convogliata tramite un cavidotto interrato con tensione di esercizio pari a 33 kV alla stazione di elevazione 33/132 kV/kV da realizzarsi all’interno del parco e, successivamente, verrà immessa nella Rete di Trasmissione Nazionale (R.T.N.) per mezzo di un collegamento a 132 kV alla stazione di consegna da realizzarsi in Loc. Castelnuovo.”

In altre parole si ripresenta il progetto rifiutato dalle Regioni interessate  e respinto dal governo nel 2017.

Nell’assemblea tenutasi a Badia Tedalda l’8 luglio scorso i proponenti hanno parlato di un impianto di 13 pale alte 180 m, più un eventuale altro insediamento di 8 pale, da collocare tutte nell’area di Poggio Tre Vescovi compresa nel territorio del comune di Badia Tedalda, forse per aggirare il probabile diniego della Regione Emilia Romagna. 

In realtà dal punto di vista paesaggistico e ambientale non cambia nulla essendo la zona ben visibile dalla Val Marecchia e dalle alture circostanti: Monte Fumaiolo, Alpe della Luna, Parco del sasso Simone e Simoncello, Monte Carpegna.

Giuseppe Prosperi

 

"Abbiamo fatto degli errori ideologici. Qualsiasi cambiamento nella produzione di energia primaria deve essere considerata in maniera molto attenta. La transizione avrà bisogno di tempo. Un cambiamento rapido potrebbe portare a impatti sociali catastrofici. Abbiamo bisogno di fonti energetiche verdi programmabili e questo non può essere fatto senza nuove tecnologie. L'unica cosa che possiamo fare ora è di investire in ricerca, sviluppo e tecnologia altrimenti arriveremo al 2030 raggiungendo forse gli obiettivi di decarbonizzazione ma non avremo le nuove tecnologie per combattere il cambiamento climatico."

 

Il ministro della "Transizione ecologica" Roberto Cingolani è intervenuto mercoledì al Festival Internazionale dell'Economia di Torino. Nel suo intervento introduttivo - in inglese - ha ammesso alcuni errori che coincidono con alcune delle critiche da sempre rivolte dalla Rete della Resistenza sui Crinali alle politiche energetiche degli ultimi governi italiani, eccessivamente sbilanciate verso le fonti di produzione "rinnovabili" non programmabili ed in particolare verso l'eolico. Proponiamo di seguito, senza commenti, la traduzione integrale del suo primo intervento, che potrete ascoltare nel video qui sopra:

 

"In passato abbiamo fatto tanti errori. Un errore certamente è stato non occuparci mai in modo serio della sicurezza nazionale in termini di energia. I Paesi dovrebbero essere indipendenti e sicuri in termini di forniture energetiche. Abbiamo fatto degli errori anche nel mix energetico. Più è ampio il mix energetico più è sicuro un Paese in termini di approvvigionamento energetico. Abbiamo anche fatto degli errori ideologici. Non abbiamo prestato attenzione ai problemi ambientali negli ultimi 20 anni. Non abbastanza e adesso stiamo reagendo in un modo che potenzialmente non è sostenibile. La transizione avrà bisogno di tempo. Qualsiasi cambiamento nelle energie primarie, nella produzione di energia primaria deve essere considerata in maniera molto attenta. Un cambiamento rapido potrebbe portare a impatti sociali catastrofici come la perdita di posti di lavoro, recessione, problemi economici. Un aumento delle disuguaglianze globali. Allo stesso tempo un'azione troppo lenta sul fronte della decarbonizzazione però porterebbe a fenomeni ambientali catastrofici. Quindi siamo in una fase di forte, profonda e difficile transizione. La cosa importante è trovare l'equilibrio giusto. Non dobbiamo essere nè troppo veloci nè troppo lenti e forse dovremmo rivedere un po' le regole del mercato che al momento sembrano essere non sensibili, non attente alle esigenze di diversi popoli nel mondo e di diversi Paesi."

 

Dialogando, sempre in inglese, con il premio Nobel Michael Spence, il ministro ha poi aggiunto alcune cose ancor più dirompenti. In particolare, la necessità riconosciuta di "fonti energetiche verdi programmabili" sottintende la sostanziale inutilità di coprire l'Italia di pale eoliche e pannelli fotovoltaici (entrambe fonti NON programmabili), che servirebbero solo, come ammette Cingolani, a raggiungere (forse) gli obiettivi europei per il 2030, ma sarebbero inutili per combattere il cambiamento climatico. Segue la traduzione scritta dell'intervento di Cingolani nel video del dialogo con Spence, qui sotto dal minuto 2,40.

 

"Avremmo dovuto avere una visione più chiara. Avremmo dovuto essere più intelligenti nel gestire il nostro mix energetico, il paesaggio energetico. E' ora di cambiare. E vorrei che fosse estremamente chiaro che per il futuro abbiamo bisogno di fonti energetiche verdi programmabili e questo non può essere fatto senza nuove tecnologie. Per esempio la cattura del carbonio, la fusione nucleare, piccoli reattori moderni. L'unica cosa che possiamo fare ora è di investire in ricerca, sviluppo e tecnologia. Questo è il momento di investire. Se non investiamo ora a questo punto arriveremo al 2030 forse raggiungendo gli obiettivi di decarbonizzazione ma non avremo le nuove tecnologie per combattere il cambiamento climatico."

 

Alberto Cuppini

 

 

 

 

Nel pieno della crisi energetica che attanaglia l’Europa il libro “La sfida dell’energia: le fonti, le tecnologie, il nucleare” di Franco Casali e Giordano Dominici Loprieno Ed. 21mo SECOLO, presenta un’analisi razionale delle fonti energetiche che parte da un concetto fondamentale ma poco assimilato: ogni forma di energia comporta effetti ambientali, sia positivi che negativi. Non esiste una tecnica per ottenere energia in modo totalmente ‘pulito’ in tutte le fasi del processo, e neppure gratuitamente: bisogna accettare impatti ambientali e costi, e contestualmente fare in modo da rendere minimi gli uni e gli altri.

Sulla base di questi presupposti gli Autori affrontano problematiche complesse, quali quelle dell’energia, proponendosi, con tono divulgativo, di dare gli strumenti necessari a chi desidera farsi un’idea propria sulle sfide che ci attendono, scegliendo un’abitudine ormai in disuso: leggere un libro sul tema di proprio interesse in luogo di una ricerca su Google.

Chi scegliesse questa soluzione d’altri tempi avrà la possibilità di seguire un percorso che partendo da alcuni concetti fondamentali, frequentemente ritenuti scontati, vi porterà fino agli SMR, i nuovi reattori nucleari, attraverso le energie rinnovabili, l’energia nucleare da fusione senza evitare tematiche difficili come la sicurezza e le scorie nucleari.

Le conclusioni sono a cui conduce l'analisi scientifica sono quelle a cui è possibile agevolmente pervenire se si affronta il problema della transizione energetica con l’onestà intellettuale di fare confronti ragionati dei dati evitando fanatismi, catastrofismi ed interessi di parte.

Gli Autori sottolineano che, per quanto l'energia solare ed eolica sia preziosa, non è pensabile una rete elettrica basata esclusivamente su queste tecnologie e come il nostro Paese sia tra coloro che hanno già fatto di più in Europa per trarre elettricità da queste fonti.

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L'articolo del giorno

Parchi eolici nell'Appenino

Mappa interattiva delle installazioni proposte ed esistenti