Crinali Bene Comune si sta costituendo come comitato dedicato all’informazione, all’approfondimento e al dialogo, a partire da questioni ambientali inerenti alla crescente occupazione dei crinali da parte dell'industria eolica, in particolare nel territorio dell’Alta Val Marecchia e della regione storica del Montefeltro, di confine fra Emilia-Romagna, Toscana e Marche, il nostro territorio.

 
 
 
Crinali Bene Comune si sta costituendo come comitato dedicato all’informazione, all’approfondimento e al dialogo, a partire da questioni ambientali inerenti alla crescente occupazione dei crinali da parte della industria eolica, in particolare nel territorio dell’Alta Val Marecchia e della regione storica del Montefeltro, area cosiddetta interna, di confine fra Emilia-Romagna, Toscana e Marche, il nostro territorio. Territorio con un paesaggio di pregio, ricco di beni storico-architettonici, integro, tutelato e custodito nella sua bellezza per secoli. Territorio considerato “di periferia” nonostante presenti un contesto sociale vibrante e attivo e nonostante si stia affermando come centro di interesse culturale e come nodo di scambio con altre realtà che sui crinali - appenninici e alpini - stanno sperimentando modelli innovativi e virtuosi di ripopolamento e di valorizzazione del territorio e delle sue risorse.

Le associazioni ambientaliste aderenti alla #CoalizioneArticolo9 scrivono al nuovo ministro per l’ambiente Gilberto Pichetto Fratin per reclamare l’attuazione delle norme che il Governo stesso si è dato in un precedente decreto di semplificazione (si vedano l'Astrolabio e le osservazioni fatte a suo tempo dagli Amici della Terra) che prevedono l’emanazione di linee guida per l’individuazione di aree idonee all’installazione di pale eoliche e di impianti fotovoltaici di dimensione industriale. Un’attuazione in ritardo di otto mesi, mentre è già annunciato un nuovo decreto che recepisce pedissequamente le richieste dei lobbysti delle rinnovabili. A seguire il testo integrale della lettera della Coalizione.

 

On. Prof. Gilberto Pichetto Fratin
Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica
Roma, 10 febbraio 2023

Gentile signor Ministro.

Sono ormai diversi anni che le scriventi Associazioni, molte delle quali riconosciute dal Ministero dell’ambiente (con alcune di esse che hanno fatto parte del Consiglio Nazionale dell’ambiente sin dall’istituzione del Ministero nel 1986), raggruppate da circa due anni nella #CoalizioneArticolo9, si adoperano affinché la diffusione nel nostro Paese degli impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili abbia luogo arrecando il minor danno possibile all’ambiente, alla biodiversità ed al paesaggio, tutelati dall’art. 9 della Costituzione.

È infatti nostra ferma convinzione che sia necessario evitare che i rimedi messi in campo per fronteggiare, nello scorcio di questo decennio, le sfide climatiche ed energetiche che abbiamo davanti, costino al nostro Paese un prezzo troppo elevato in termini di danneggiamento dell’ambiente, perdita di biodiversità e deturpazione del paesaggio e dei beni culturali, con grave danno anche per le aspettative di sviluppo del turismo e delle attività economiche, già duramente provate dalla pandemia, che su tali peculiarità italiane si basano.

 

Grazie alle "semplificazioni" imposte dal governo Draghi (ovvero lo smantellamento del sistema di tutele ambientali e paesaggistiche faticosamente costruito in Italia nel corso di intere generazioni) per permettere di piantare pale ovunque, aumenta il potenziale eolico installato in Italia ma diminuisce la produzione. E il vento, come accaduto in dicembre al culmine della crisi energetica, non soffia quando serve.

 

 

Un paio di settimane fa l'Anev ("l'associazione nazionale energia del vento e di protezione ambientale che vede riunite circa 70 aziende che operano nel settore eolico") aveva diffuso presso i giornaloni (tutti apoditticamente favorevoli ad eolico e fotovoltaico) e presso la stampa specializzata (a cui gli eolici garantiscono un'imprescindibile raccolta pubblicitaria) una trionfale infografica sull'attività del settore nel 2022 (si veda qui sotto).

 

 

Agli osservatori più attenti e smaliziati (che conoscono i loro polli da oltre una quindicina d'anni) non era sfuggito che, nella pletora di dati forniti in tale documento, l'Anev aveva riportato la produzione mondiale del settore (definita sgangheratamente "potenza eolica prodotta") ma aveva dimenticato di riportare il dato più rilevante, ovvero la produzione degli impianti eolici realizzata lo scorso anno in Italia.

La cosa ci aveva insospettito e lasciava intuire che qualcosa non era andato come avrebbe dovuto, almeno secondo i piani dell'Anev.

Il ruolo istituzionale di una banca centrale è tenere sotto controllo l'inflazione, non il clima. A modificare quello ci hanno sempre pensato, in ogni civiltà umana, gli stregoni e le fattucchiere.

 

 

Il 10 gennaio è stato pubblicato dal Financial Times l'articolo "Fed will not become a ‘climate policymaker’, says Jay Powell", che sottotitolava: "E' essenziale che noi resistiamo alla tentazione di allargare la nostra sfera d'azione". L'articolo così esordiva:

 

"Jay Powell (il presidente della Riserva federale degli Stati Uniti) ha dichiarato che la Fed non diventerà un "climate policymaker" (un decisore politico in materia di contrasto ai cambiamenti climatici. NdT), difendendo così l'indipendenza della banca centrale statunitense dall'influenza della politica."

 

Ancora Powell:

"Senza una esplicita legislazione del Congresso,sarebbe inappropriato per noi usare la nostra politica monetaria o i nostri strumenti di supervisione per promuovere una economia più green o per raggiungere altri obiettivi climatici. Noi non siamo, e non saremo, un "climate policymaker"... Mi preoccupa che, trascinati dal grande entusiasmo di agire bene, si stia in realtà mettendo a rischio l'indipendenza della banca centrale... Ripristinare la stabilità dei prezzi quando l'inflazione è alta può richiedere misure che non sono popolari nel breve termine, come quando alziamo i tassi di interesse per rallentare l'economia. L'assenza di controllo politico diretto sulle nostre decisioni ci permette di prendere queste misure necessarie senza considerare fattori politici di breve termine."

 

Il presidente Powell ha messo le mani avanti per evitare che gli americani facciano la stessa, meschina fine degli europei. L'articolo del Financial Times avrebbe meritato di essere riportato e commentato nell'edicola della Rete della Resistenza sui Crinali, se non fosse che siamo stati preceduti da Tino Oldani su Italia Oggi del 13 gennaio, nell'articolo "La Bce non è infallibile: Schnabel si è inventata un ruolo-guida per la politica green, estraneo al mandato. L'opposto della Fed".

E dunque ubi maior... Vi invitiamo perciò a leggere tutto l'articolo di Oldani, liberamente disponibile in linea. Qui il passaggio che più ci interessa:

 

"Sulla politica green e il cambiamento climatico, come emerge da dichiarazioni ufficiali, la Bce e la Federal Reserve Usa (Fed) hanno visioni opposte. Pochi giorni fa l'economista tedesca Isabel Schnabel, membro influente del board della Bce, ha dichiarato: «In linea con il nostro mandato, siamo pronti a intensificare ulteriormente i nostri sforzi per sostenere la lotta contro il cambiamento climatico, sulla base del nostro piano di azione. Il nostro obiettivo a lungo termine è garantire che tutte le azioni di politica monetaria siano in linea con gli obiettivi dell'Accordo di Parigi. Ciò significa rendere più ecologiche le nostre scorte di partecipazioni obbligazionarie, comprese le obbligazioni del settore pubblico, nonché le nostre operazioni di prestito e il quadro delle garanzie. Il ruolo green della politica monetaria richiede modifiche strutturali al nostro quadro di politica monetaria, piuttosto che aggiustamenti alla nostra funzione di risposta». In buona sostanza, Schnabel annuncia che la Bce, d'ora in poi, userà la leva monetaria per finanziare la politica green in Europa, in linea con gli obiettivi della lotta al cambiamento climatico fissati dall'Accordo di Parigi del 2015. Il tutto, precisa Schnabel, «in linea con il nostro mandato». Il che sa molto di «excusatio non petita», poiché è arcinoto che il mandato statutario della Bce si limita al contenimento dell'inflazione al 2%, e non ad altri obiettivi, come la crescita e l'occupazione, previsti invece nello statuto della Fed."

 

Tabarelli: "Proprio mentre servirebbe un allentamento dei suoi obiettivi, la politica europea ne ribadisce e rafforza gli impegni. E' un'altra fuga dalla realtà del disastro energetico in cui ci siamo ficcati... E' un fallimento clamoroso della nostra politica". Dobbiamo per l'ennesima volta rilevare che il presidente di Nomisma Energia è l'unico economista italiano dell'energia che contesta con tanta determinazione la politica energetica europea ed in particolare il "Green Deal". Gli diamo atto del suo coraggio. Il professore bolognese sarebbe molto utile al presidente del Consiglio Meloni per combattere il conformismo della Sinistra tuttora imperante in Italia in materia di energia.

 

 

Martedì su La Stampa già in prima pagina veniva annunciato un articolo del professor Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, il cui titolo iniziava con le parole "L'Ue sbaglia tutto".

Nella fattispecie Tabarelli parlava dell'accordo europeo sul tetto al prezzo del gas, destinato al fallimento perchè trascura l'elementare legge della domanda e dell'offerta: per abbassare i prezzi dell'energia (come di un qualsiasi altro bene), anzichè imporre prezzi d'imperio, basterebbe infatti aumentare l'offerta oppure diminuire la domanda, o, meglio ancora, fare entrambe le cose assieme. Non è però nostra intenzione impegolarci nella rissa da pollaio su questa puerile decisione dell'Ue, che rientra nella strategia del "facite ammuina" adottata per non andare al sodo del problema dello scoppio dei prezzi energetici in Europa e soprattutto per gettare una cortina fumogena sulle proprie responsabilità per avere sussidiato le fonti rinnovabili sia direttamente sia, nel contempo, penalizzando gli imprescindibili investimenti in quelle fossili. Torniamo perciò a bomba all'articolo di Tabarelli sulla Stampa, riportando di seguito le sue considerazioni finali (tutti i grassetti sono nostri):

"Per essere ancora più orgogliosa delle sue politiche energetiche, ma anche per non rinunciare a qualche altra distrazione, l'Europa domenica scorsa ha annunciato un'accelerazione dei vincoli sulle emissioni di CO2, uno dei pilastri del pacchetto Fit for 55, disegnato prima della crisi... Proprio mentre servirebbe un allentamento dei suoi obiettivi, la politica europea ne ribadisce e rafforza gli impegni. E' un'altra fuga dalla realtà del disastro energetico in cui ci siamo ficcati, con un inverno che comincia solo domani e che difficilmente supereremo senza interruzioni fisiche. E' un fallimento clamoroso della nostra politica, non colpa solo del presente Parlamento e della sua Commissione, tuttavia la loro incapacità di prenderne atto è grave quanto un prezzo oltre i 100 euro per megawattora."

Pochi giorni fa avevamo riportato un altro intervento eterodosso dello stesso Tabarelli, in contro-tendenza rispetto alla linea ottusamente filo europea di tutte le élite italiane. 

Quando la crisi energetica si aggrava, Tabarelli diventa l'uomo più intervistato e più fotografato d'Italia. Significativo il suo iper attivismo sulla carta stampata dopo Ferragosto, da noi segnalato nell'Edicola RRC, quando sembrava che ci stessimo avviando alla fusione del nocciolo energetico alla base della nostra prosperità post bellica.

Gli universi paralleli esistono: dai recenti eventi organizzati dalla Confindustria e dagli Amici della Terra apprendiamo che gli im-prenditori (diretti o indiretti) delle rinnovabili vivono in un mondo che ormai non è più quello dei comuni mortali nè risponde alle stesse leggi.

 

Lunedì si è svolta l'ennesima messa in scena pro rinnovabili, questa volta organizzata dalla Confindustria o più precisamente, sembra di capire, dall'ineffabile Aurelio Regina.

Regina è il presidente del "gruppo tecnico energia" dell'associazione e ci tiene ad affondare per sempre l'Italia pur di favorire le "mega utilities" che, è bene ricordare, da sole tengono a galla tutta la struttura operativa della Confindustria stessa. Qui la relazione del Quotidiano Energia realizzata da Carlo Maciocco, in cui si legge, tra le altre cose, che il neo ministro dell'Ambiente Pichetto Fratin,

"dopo avere affermato la "necessità di accelerare la transizione energetica, ha ricordato l'esigenza di "agire sulla semplificazione degli iter". Sottolineando però (bontà sua. NdR) di non voler "devastare il paesaggio", in quanto "è interesse di tutti farne un elemento di sviluppo della biodiversità". Chiara risposta agli attacchi pervenuti negli ultimi giorni in particolare dal sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi".

Mentre con la mano destra la commissione Ue e gli Stati europei cercano disperatamente l'energia in grado di sostituire il gas russo, con la mano sinistra vietano con sempre maggiore determinazione e severità che si facciano investimenti in idrocarburi fossili. Una rassegna stampa di quello che i giornaloni e i media non dicono.

 

Approfittando della sarabanda mediatica che tradizionalmente accompagna le COP dell'ONU, i lobbysti delle rinnovabili che spadroneggiano a Bruxelles e a Strasburgo hanno messo a segno un altro colpo di mano, "alzando l'asticella" degli "obiettivi climatici" europei per l'ennesima volta.

Così Beda Romano sul Sole 24 Ore del10 novembre nell'articolo "Più tagli alle emissioni, intesa Ue":

 

"Parlamento e Consiglio si sono accordati nella notte di martedì su una proposta di legge della Commissione europea che prevede nuovi obiettivi più stringenti (dal 29 al 40%) di riduzione delle emissioni nocive da qui al 2030... sempre ieri la Commissione ha presentato un progetto di regolamento con il quale facilitare l'iter di autorizzazione degli impianti energetici basati sulle fonti rinnovabili... Nella proposta, si presume che gli impianti di energia rinnovabile siano di "interesse pubblico prevalente". L'obiettivo è di consentire alle procedure di autorizzazione di beneficiare, con effetto immediato, di una valutazione semplificata delle deroghe specifiche previste dalla legislazione ambientale europea."

 

Mentre con la mano destra la commissione Ue e gli Stati europei cercano disperatamente l'energia in grado di sostituire il gas russo, con l'altra vietano con sempre maggiore determinazione e severità che si facciano investimenti in idrocarburi fossili. Questo nella puerile illusione che il gesto scaramantico di piantare pale eoliche e pannelli fotovoltaici da tutte le parti li possa salvare dall'incombente disastro socio-economico da essi stessi perseguito e realizzato con il massimo zelo, essendosi deliberatamente privati di fonti di energia affidabili e a basso costo.

Niente di cui meravigliarsi, dunque: dalla commissione Ue e dalle COP ONU ne avevamo già viste di tutti i colori. Peccato però che, come recita il titolo dell'articolo di Chicco Testa su Il Foglio dell'8 novembre, "La Cop27 parta da un assunto: finora abbiamo fallito su tutto":

 

"L'ennesimo incontro, siamo arrivati alla Cop27, questa volta in Egitto, dovrà prendere atto di un fallimento. Non solo rispetto agli obiettivi, i vari target di riduzione che ci si era prefissati, ma anche rispetto all'andamento reale delle emissioni totali che continuano a crescere nel mondo. Questo è l'unico dato che interessa, il resto sono chiacchiere e distintivi. L'effetto serra è un fenomeno che ha senso analizzare solo a livello globale. Poco importa, per capirci,se un paese riduce le sue emissioni se poi un altro le aumenta in misura maggiore... Coloro che cianciano di uguaglianza e di lotta al sottosviluppo, compresa l'Onu, pensano che la crescita energetica di questi paesi (quelli attualmente "fuori dall'area dei paesi sviluppati". NdR) possa avvenire con la diffusione dei pannelli fotovoltaici, delle auto elettriche e dell'idrogeno? Tutte cose che per altro esigono a loro volta alti consumi di energia, capacità tecnologica e investimenti colossali... La quantità totale di carbone utilizzato nel mondo è triplicata negli ultimi 40 anni, è raddoppiata dal 2000 a oggi e continua ad aumentare."

 

L'articolo del giorno

Parchi eolici nell'Appenino

Mappa interattiva delle installazioni proposte ed esistenti