Collins e Michot Foss (Baker Institute for Public Policy): “Cosa accadrebbe se gli ecologisti venissero identificati come i responsabili dell'esplosione delle bollette del gas o dei disservizi elettrici?

L'articolo del giorno. Rassegna stampa per i resistenti sui crinali a cura di Alberto Cuppini.

 

E' stato pubblicato il numero 2/22 di Energia, la rivista trimestrale diretta da Alberto Clò, recensito dalla Staffetta Quotidiana nel lungo articolo di lunedì intitolato "Innovazione e transizione: gli errori commessi e le nuove sensibilità".

Il tema centrale del nuovo numero della Rivista viene individuato dalla Staffetta nella "crisi energetica esplosa nella seconda metà dello scorso anno che si sta avvitando su se stessa dopo l'esplodere della guerra in Ucraina." Le cause? "dall'inconsistenza di alcune proposte di Bruxelles, tra cui il price cap, alle nuove priorità dei governi, alla sudditanza dalla Russia e a come ci si è arrivati, dalla disordinata e indiscriminata accelerazione nei disinvestimenti nelle fonti fossili" eccetera eccetera.

Al recensore della Staffetta, a giusta ragione, è apparso particolarmente originale il saggio di Gabriel Collins e Michelle Michot Foss (Baker Institute for Public Policy) sulla «valle della morte» della transizione energetica,

 

"ove sostengono che una sua forzata accelerazione – che ostacoli gli ancora necessari investimenti nelle fonti tradizionali crollati da un decennio in qua – rischi di “destabilizzare il nesso energia-cibo-acqua-benessere (e pace. Ndr) che, se perturbato, può far ritardare di decenni la transizione energetica”. Per più ragioni: perché “petrolio e gas sono fonti della transizione energetica” facilitando “l'incorporazione delle rinnovabili negli attuali sistemi elettrici”, di cui costituiscono “letteralmente i blocchi fisici necessari alla realizzazione delle turbine eoliche e dei pannelli solari”». Valga l'esempio della Tesla 3, l'auto elettrica più venduta, che contiene circa 200 kg di plastiche, gomme e tessili, tutti materiali derivati dal petrolio... si spera che a breve la Commissione prenda atto della tempesta perfetta che rischia di scatenarsi sui sistemi elettrici, con un aumento dei rischi di blackout, di impennate dei prezzi e dei conseguenti rischi sociali. La transizione è infatti, rileva Clô, un processo complesso e irto di ostacoli. Imporlo al di là di ogni ragionevolezza – in una situazione di grande e duratura crisi energetica – “solleva un'inquietante domanda” come si chiedono i già citati Collins e Michot Foss: “cosa accadrebbe se gli ecologisti venissero identificati come i responsabili dell'esplosione delle bollette del gas o dei disservizi elettrici? Bollette destinate ad aumentare per i costi causati dalla penetrazione delle rinnovabili (almeno sino a quando le innovazioni tecnologiche ne supereranno l'intermittenza). In passato, durante le crisi petrolifere, i consumatori incolparono le maggiori compagnie petrolifere di gonfiare i prezzi. Nell'attuale crisi, se i prezzi energetici continueranno ad aumentare oltre gli attuali livelli, “la rabbia sociale potrebbe abbattersi sugli ecologisti”... Molte delle contraddizioni di cui si alimentano sono emerse proprio in conseguenza della guerra. E non è errato ritenere che a subirne le conseguenze sia proprio “il fondamentalismo ecologico”..."

 

Oggi sul blog della Rivista Energia è apparso un post che riunisce, assieme alle annotazioni di Clò, ampi stralci dell'articolo di Collins e della Michot Foss.

Eccone alcuni:

 

Fare pressione perché non vengano finanziate le fonti fossili – prima che le risorse low-carbon possano credibilmente sostituirle – ... può far ritardare di decenni la transizione energetica. Le conseguenze di questo ritardo finirebbero per comportare un accumulo di emissioni carboniche maggiore di quanto si avrebbe con un’uscita più ordinata delle risorse fossili”.

Se mal governata, la transizione può causare prolungate crisi energetiche in grado di scatenare reazioni popolari e politiche che vanno in direzione contraria.

“Gli enormi costi economici imposti sui consumatori (elettori) per annullare i gap di competitività potrebbero quasi certamente innescare reazioni politiche tali da estendere, in modo significativo, la dipendenza dalle fonti fossili oltre il livello implicito delle attuali tendenze”.

"Anche assumendo il consenso dell’opinione pubblica, sarebbero necessari straordinari aumenti della capacità di trasmissione e stoccaggio così come di centrali che svolgano una funzione di back-up”.

Le economie non-OCSE, guidate da Cina e India, ogni anno rilasciano in atmosfera due volte le emissioni dei paesi OCSE.

Le fonti «green» non possono crescere senza l’abbondanza di quelle fossili. “Anche petrolio e gas sono fonti della transizione energetica. Primo: perché facilitano l’incorporazione delle rinnovabili negli attuali sistemi elettrici (…). Secondo: petrolio e gas costituiscono letteralmente i blocchi fisici necessari alla realizzazione delle turbine eoliche e dei pannelli solari”.

I costi associati all’energia «green» riflettono solo gli impianti installati e non i costi pieni associati alla loro integrazione nelle reti elettriche."

 

Consigliamo dunque caldamente la lettura integrale dell'articolo dalle pagine della Rivista Energia oppure direttamente dal sito del Baker Institute, da cui la Rivista l'ha tradotto dall'inglese (si noterà che l'articolo originale è stato pubblicato in gennaio, PRIMA dello scoppio della guerra in Ucraina). Lo consigliamo a maggior ragione perchè sia nella recensione della Staffetta che nel blog di presentazione della Rivista Energia sono state trascurate affermazioni gravissime (e premonitrici, visto quello che sarebbe successo qualche settimana dopo) come queste:

  

"In effetti, non conosciamo la somma dei costi totali di queste tecnologie. Lo capiremo strada facendo... la reazione alle preoccupazioni sulle emissioni si tramuterà nel tempo, con buona probabilità, in una reazione uguale ma di segno contrario... In alcuni paesi, una revisione della spinta "green" in direzione di una piena considerazione dei costi sistemici delle rinnovabili e di un approccio più graduale alla decarbonizzazione è probabile che si verificherà solo dopo aver scatenato significative turbolenze economiche e politiche che richiederanno anni per essere interamente riassorbite."

 

Alberto Cuppini

 

Editoriale in prima pagina di Le Figaro: "Ormai coperta di pale eoliche, mani e piedi legati al Cremlino, la Germania raramente ha inquinato così tanto. Brava, Signora Merkel!.

 

L'articolo del giorno. Rassegna stampa per i resistenti sui crinali a cura di Alberto Cuppini.

 

Le Figaro ci segue, dopo qualche settimana, negli ironici complimenti alla Merkel per gli esiti rivelatisi disastrosi della sua politica.

Forse sarebbe stato meglio farlo prima, ma pochi hanno osato sfidare il canone politicamente corretto che ci ha perseguitato in questi anni, a cominciare dalla adorazione delle rinnovabili, dall'irenismo e dal divieto di critica ai politici donna, improvvisamente comparse in massa (ma solo in Occidente) e che si sono fatte largo con l'esibizione del buonismo in ogni suo aspetto. Comunque meglio tardi che mai.

Ecco allora, in prima pagina di Le Figaro di venerdì, l'editoriale di Gaëtan de Capèle, che si può recuperare nel sito web del giornale sotto il titolo "Il ritorno del carbone: Brava Signora Merkel".

Questo il succo dell'articolo:

 

"E così, quello che doveva succedere è successo: da ieri la Germania, vittima dei tagli al gas di Putin, si trova in stato di "allerta" per il suo approvvigionamento energetico. In tutta fretta riaccende e fa funzionare a pieno regime le sue vecchie centrali a carbone, mentre prepara l'opinione pubblica a misure di razionamento. A bordo è scoppiato il panico: "Ogni chilowattora conta!" e ci si chiede come si passerà l'inverno. Undici anni dopo avere stupito il piccolo mondo dell'ecologia rinunciando brutalmente al nucleare, la patria dei Verdi scopre ogni giorno che passa l'assurdità di essersi affidata agli elementi atmosferici o a Putin per l'illuminazione, il riscaldamento e il funzionamento delle sue fabbriche. Ormai coperta di pale eoliche, mani e piedi legati al Cremlino, la Germania raramente ha inquinato così tanto. Brava, Signora Merkel! Gli altri giudiziosi allievi, autoproclamatisi primi della classe in transizione energetica (Paesi Bassi, Austria...) (I puntini di sospensione sottintendono anche l'Italia grillina e legambientina. NdT), si trovano allo stesso punto... In Europa, gli stessi che bruciano tonnellate di carbone tentano di mettere di traverso (all'adozione del nucleare) l'oscura battaglia della "tassonomia"."

 

Non avrebbe guastato nell'editoriale qualche critica anche alla Delfina della Merkel, Ursula Von der Leyen, collocata senza altri meriti ai vertici dell'Ue e che già fa rimpiangere amaramente, e non solo per l' "European Green Deal" scritto sotto dettatura della "Piccola Greta", le pur scarse doti politiche della vecchia Kaiserin. Pardon: Kanzlerin.

 

Alberto Cuppini

 

 

Carlo Pelanda: "Nel futuro per sostenere circa 10 miliardi di persone non basteranno le fonti idro, solari ed eoliche che sono carine e utili, ma del tutto insufficienti come sistemi primari."

L'articolo del giorno. Rassegna stampa per i resistenti sui crinali a cura di Alberto Cuppini.

 

Alcuni spunti molto interessanti nell'articolo del professor Carlo Pelanda su La Verità di domenica scorsa:

 

"L'ambientalismo semplicista pensa in termini lineari: c'è un rischio ipertermico alla fine del secolo a causa dei gas serra, si cominci ora a ridurli con un calendario, appunto, lineare. Ma tale calendario, che alimenta quello Ue, non considera il conflitto tra sviluppo e presunta salvazione ambientale con tale metodo, mettendo a rischio il primo.

Inoltre non è ancora chiaro quanto del riscaldamento globale dipenda dall'antropizzazione e quanto dal ciclo oscillatorio del pianeta. Ma è certo che nel futuro servirà una quantità enorme di energia per sostenere circa 10 miliardi di persone... non basteranno le fonti idro, solari ed eoliche che sono carine e utili, ma del tutto insufficienti come sistemi primari. Infatti, tutto il mondo con l'eccezione dell'Ue sta programmando un futuro di combustibili fossili... In sintesi, nessuno segue l'esempio dell'Ue e prima o poi l'Ue stessa dovrà tenerne conto.

Il concetto è chiaro, ma la resistenza da parte dell'ambientalismo semplicista, probabilmente ispirato all'interesse geopolitico di Francia e Germania a ergere l'Ue come potenza etica-ideologica-protezionista perché non ha altri mezzi di forza vera in quanto debellicizzata è molto forte e al momento maggioritaria. Ma aumentano i segnali che il realismo inizi a emergere."

 

Il primo segno indiscutibile del realismo che sta iniziando ad emergere è l'abbandono da parte del professor Pelanda dell'ipotesi "più rinnovabili" che egli stesso appoggiava sulla stampa fino a qualche settimana fa:

"Promettente è la bozza del programma RePowerEu che fissa il percorso del distacco dal gas russo, con enfasi sull’accelerazione della messa in opera di più energie rinnovabili".

E' tuttavia opportuno fare rilevare il pericolo che si passi da quell' "ambientalismo semplicista" sempre denunciato anche da noi come esiziale a quel tecno-ottimismo altrettanto semplicista ed altrettanto esiziale che compare nell'articolo:

"Quando saranno pronte tali tecnologie potentissime per produrre energia pulita in enormi quantità e a basso costo, allora la riduzione di gas serra potrà essere perseguita in progressione geometrica..."

Affrontare il problema di trovare "una quantità enorme di energia per sostenere 10 miliardi di persone" (fingendo di ignorare che alla radice di tutti i problemi c'è proprio questo numero) confidando in avveniristiche "tecnologie potentissime" e non attraverso dolorose scelte politiche, rischia che tutto venga risolto nel modo più brutale proprio dall'intensificazione fuori controllo di quella che Pelanda definisce con sintesi felice "deglobalizzazione conflittuale".

 

Alberto Cuppini

 

 

 

Clò: "Pesanti responsabilità dell'AIE nell'aver contribuito a causare la peggiore crisi energetica da un mezzo secolo in qua". Tabarelli: "Ce n'è più che a sufficienza per chiedere le dimissioni del suo direttore Birol".

L'articolo del giorno. Rassegna stampa per i resistenti sui crinali a cura di Alberto Cuppini.

 

In un editoriale non firmato sulla Staffetta Quotidiana del 25 marzo scorso, intitolato "Un mese dopo l'invasione. ll nodo della sicurezza energetica",

leggevamo delle "imprudenze commesse in questi anni in tema di mancata diversificazione delle fonti e dei fornitori e di riduzione della produzione interna... Imprudenze che si sommano alla scarsa attenzione ai rischi geopolitici". Così concludeva l'editorialista (tutti i grassetti a seguire sono nostri):

 

"Una “distrazione di massa” facilitata da ultimo dall'eccesso di attenzione concentrata negli ultimi anni sulla lotta ad un'altra emergenza, quella climatica, e all'illusione di poterla risolvere facendo fuori rapidamente e facilmente le fonti fossili, sostituite dalle rinnovabili fatte in casa e non soggette apparentemente a rischi geopolitici. Con l'Aie che, venendo meno alla sua missione originaria, puntava, con il documento “Net Zero by 2050” presentato nel maggio scorso, a diventare una sorta di super consulente in tema di rispetto degli impegni climatici. Salvo tornare apparentemente sui suoi passi in occasione della riunione ministeriale conclusa a Parigi nei giorni scorsi. Con Fatih Birol che, arrampicandosi sugli specchi, ha un po' corretto il tiro sostenendo che “la risposta alla attuale crisi energetica si tradurrà in un'accelerazione della transizione verso l'energia rinnovabile”, salvo aggiungere “con il main drive della sicurezza energetica che supererà quello dell'abbattimento delle emissioni”. Riconoscendo, bontà sua, che le fonti fossili sono “ostinate”, difficili, ma non impossibili, da comprimere".

 

Già sul primo numero della Rivista Energia del 2022 anche il professor Alberto Clò aveva attaccato (e non era la prima volta) l'operato di Fatih Birol.

La Staffetta Quotidiana aveva presentato il nuovo numero della RE il 28 marzo con un lungo articolo dal titolo "Il futuro del settore tra pandemia, grande crisi e sogni di gloria", di cui proponiamo i passaggi che si riferiscono alle responsabilità dell'AIE:

 

"Prima di commentare gli eventi attuali, secondo Clô merita evidenziare come le dinamiche dei mercati siano state diverse da quel che riteneva il connubio Unione Europea - ecologismo radicale. Per capirlo, è opportuno risalire a metà del 2020, quando i prezzi del metano hanno preso a crescere da minimi storici a valori trenta volte superiori. Con Bruxelles che ha tentato di ridimensionare questo tsunami. Una reazione uguale a quella di Fatih Birol, direttore dell'Aie, quando all'esplodere della pandemia ammoniva gli Stati a non farsi «distrarre» dalle urgenze sanitarie puntando unicamente verso la transizione energetica. Oggi si è costretti a vivere alla giornata e con una grande volatilità dei prezzi.

La relazione tra transizione, elevati prezzi energetici e inflazione viene sancita anche da Isabel Schnabel, membro del board della Banca Centrale Europea... Un avviso condiviso dall'Oxford Institute for Energy Studies. A causa del crollo degli investimenti upstream nel gas naturale, inferiori addirittura al livello coerente con lo scenario del Net Zero Emissions elaborato dall'Agenzia di Parigi. Che sia la stessa Agenzia ad ammonire sui rischi di bassi livelli degli investimenti la dice lunga, rileva Clô, sulla gran confusione che regna a Parigi e sulle sue pesanti responsabilità nell'aver contribuito a causare la peggiore crisi energetica da un mezzo secolo in qua."

 

Il professor Davide Tabarelli sul Sole 24 Ore di giovedì scorso, nell'articolo, annunciato già in prima pagina, dal titolo "Opposizione ambientale e costi dell'inverno" ha chiuso il cerchio:

 

"Nixon, ad inizio 1974, poco dopo il primo shock petrolifero dell'ottobre 1973, volle l'International Energy Agency (IEA), il gruppo di Paesi consumatori, quelli OCSE, da contrapporre all'OPEC. In questi giorni il suo direttore Birol avvisa che l'inverno è a rischio razionamento, allarme tardivo, che stride con quanto per anni ha declamato circa l'urgenza e la facilità della transizione ecologica. Ce n'è più che a sufficienza per chiederne le dimissioni.

Purtroppo, l'incapacità di affrontare la crisi è evidente dalle statistiche dei primi 4 mesi del 2022 dell'Italia... E' un esempio del costo dell'opposizione ambientale che, nonostante lo shock, è ancora dominante grazie alla suggestione della transizione, la stessa declamata per anni dall'IEA che oggi, dopo quasi 50 anni, si ritrova con armi spuntate, un'impotenza simile a quella di Nixon".

 

Concordiamo con Tabarelli nella richiesta di dimissioni di Birol. Anzi: noi andiamo ben oltre, perchè, vista l'entità epocale del disastro provocato, un capro espiatorio non basta.

Invitiamo quindi il professor Tabarelli - che potrebbe farsi aiutare in questo compito dal professor Clò - a stilare un elenco di almeno una mezza dozzina di loro colleghi economisti rei di "avere declamato la suggestione della transizione" a cui addossare le più "pesanti responsabilità nell'aver contribuito a causare la peggiore crisi energetica da un mezzo secolo in qua" chiedendone per ciò stesso le dimissioni dalle Università italiane.

 

Alberto Cuppini

 

 

 

A babbo morto l'agnizione del Sole: "La coscienza ecologica collettiva europea ha compiuto una adozione univoca e cieca: l'elettrico quale azione salvifica per ogni settore. La sera dunque, tutti a cena da Greta Thunberg".

L'articolo del giorno. Rassegna stampa per i resistenti sui crinali a cura di Alberto Cuppini.

 

Paolo Bricco, "specialista in sistemi industriali e in politiche industriali", freme di indignazione. Nell'articolo proposto dalla nostra edicola, annunciato in prima pagina del Sole 24 Ore di oggi (ma che si può trovare anche in linea), scrive (tutti i grassetti nel testo sono nostri):

 

"Gli psichiatri lo definiscono suicidio. Gli studiosi di relazioni internazionali e gli economisti la chiamano cessione di sovranità tecnologica. La decisione del parlamento europeo di vietare la vendita di automobili a combustione tradizionale dal 2035 rappresenta una scelta di politica industriale - anzi, di politica tout court - destinata a segnare il futuro dell'industria europea. In termini di riduzione di centralità dell'Europa nella nuova globalizzazione, di perdita di competitività della manifattura continentale, di auto-attivazione nel proprio corpo sociale di un ordigno di crisi occupazionale pronto ad esplodere...

Il fenomeno incredibile - nel senso che si stenta a credere che si sia verificato - è la fusione tra la componente di mercato, gli impulsi ecologisti densi di sensi di colpa e di utopismi non ben ponderati e i riflessi (automatici, casuali, pilotati?) sulle scelte politiche comunitari degli interessi della Cina...

la coscienza ecologica collettiva europea ha compiuto una adozione univoca e cieca: l'elettrico quale azione salvifica per ogni settore. La sera dunque, tutti a cena da Greta Thunberg."

 

Non lo dice per scherzo, anche se ne avrebbe tutta l'apparenza. Così, ad esempio, leggiamo dal sito del Partito Democratico, erede mai pentito della cultura operaistica del PCI, le orgogliose parole pronunciate dal suo stesso Segretario in occasione della ferale decisione di Strasburgo:

 

Il pacchetto Fit for 55 è davvero molto ambizioso e ieri ne è stata approvata una parte importante, quindi per me è un’ottima notizia. Dobbiamo una risposta ai nostri figli, ai ragazzi di Fridays for Future che a migliaia invasero le città di tutto il mondo nel 2018 e 2019 e ieri una risposta parziale c’è stata”, Enrico Letta inizia così la sua intervista a la Repubblica."

 

Paolo Bricco prosegue:

 

"In particolare, a cena da Greta quell'operaio e quell'impiegato ogni tre operai e ogni tre impiegati che perderanno il posto di lavoro."

 

A mezzogiorno, invece, quello stesso operaio e quello stesso impiegato su tre andranno tutti a pranzo alla mensa del Sole 24 Ore, grande sostenitore della "transizione ecologica" gretina.

Bricco, oltre ad essere molto ottimista sulla percentuale dei futuri disoccupati green, da anni evidentemente non legge quello che scrivono i suoi colleghi specialisti "di tematiche energetiche e ambientali" sul suo stesso giornale.

A questo proposito capita a fagiolo l'articolo di Chicco Testa su Il Foglio di mercoledì "Così Cingolani sfida l'ambientalista collettivo", che, dopo avere illustrato gli insuperabili limiti tecnici dell'ipotesi "tutto rinnovabili" ed in particolare la loro intermittenza, conclude:

 

"Ma alla fine queste sono quisquilie. Questioni tecniche che annoiano soprattutto quelle élite che hanno fatto dell’ambiente o un argomento di propaganda o un mezzo per rifarsi il trucco o per fare soldi a carico del contribuente. Molto più facile seguire le suggestioni di quell’ambientalista collettivo che fa il paio con il giornalista collettivo alimentandosi di reciproco conformismo."

 

Ammesso che si tratti sempre e solo di conformismo.

 

Alberto Cuppini

 

 

 

Alberto Clò: "Il frutto marcio della narrazione della transizione ecologica. Questa, nelle espressioni più isteriche, diceva che non c'è più bisogno di investire nell'oil and gas, perché stanno avanzando le rinnovabili che saranno il grande futuro".

L'articolo del giorno. Rassegna stampa per i resistenti sui crinali a cura di Alberto Cuppini.

 

Leggiamo il professor Alberto Clò (i grassetti sono nostri) nel post, liberamente disponibile in linea, "Blackout e prezzi: la tempesta perfetta sui sistemi elettrici" dal blog della Rivista Energia:

 

"Vi è il fondato rischio che un miliardo di persone debba affrontare nei prossimi mesi prolungati blackout. A causarli concorre un insieme di ragioni: incontrollata penetrazione delle intermittenti rinnovabili; inadeguatezza a recepirle e vetustà delle reti di trasmissione; limitato ricorso ad accumuli; ritiro anticipato di centrali alimentate a fossili, con quelle rinnovabili incapaci di sostituirle; scarsità di fonti fossili.

Che di rischi di blackout e la certezza di aumenti dei prezzi elettrici proprio non se ne parli nei media ma soprattutto a Bruxelles, dà conto dell’abissale distacco tra dinamica reale delle cose e il profluvio di annunci e promesse a partire da quelle incluse nel REPowerUE.

Il fatto che non se ne parli, illudendosi di esorcizzare col silenzio una scomoda verità, non ne attenua la gravità, mentre ripropone l’interrogativo se non sia logicamente più corretto irrobustire l’intera infrastrutturazione elettrica mondiale piuttosto che sottoporla a ulteriori stress forzando la penetrazione delle rinnovabili."

 

Credete che il mite professor Clò, nell'occasione, sia andato sopra le righe? Allora non avevate letto la sua intervista concessa a Laura Della Pasqua su La Verità del 23 maggio "La speculazione cavalca gli errori dell'Ue".

Proponiamone un assaggino:

 

"Prima della guerra, nella seconda metà del 2021, è esplosa una crisi energetica che ha portato i prezzi alle stelle. La Commissione Ue è rimasta immobile".

Perché non c'è un quantitativo di metano e petrolio in grado di soddisfare una domanda crescente?

"Dal 2014 gli investimenti delle compagnie petrolifere sono crollati. E' chiaro che senza perforazioni non si trova e non si produce nulla. Questo è dovuto non solo alla caduta dei prezzi nel 2014 ma è anche il frutto marcio della narrazione della transizione ecologica. Questa, nelle espressioni più isteriche, diceva che non c'è più bisogno di investire nell' "oil and gas", perché stanno avanzando le rinnovabili che saranno il grande futuro".

Non crede nelle rinnovabili?

"Sono convinto che cadremo dalla padella del gas russo alla brace delle rinnovabili cinesi."

 

Turgot, suo celeberrimo collega economista d'antan, avrebbe esclamato: "Le mouton enragé!"

 

Alberto Cuppini

 

Galli della Loggia e le pale eoliche ad Orvieto: "C'è un’ emergenza, il tempo stringe, bisogna fare in fretta e allora avanti ad autorizzare e a permettere anche ciò che non potrebbe esserlo."

L'articolo del giorno. Rassegna stampa per i resistenti sui crinali a cura di Alberto Cuppini.

 

 

Ernesto Galli della Loggia oggi sul Corriere della Sera: "Orvieto, pale eoliche in faccia al Duomo".

Il nostro uomo (non è la prima volta che si espone) è venuto a sapere dell'intenzione di installare delle pale eoliche alte 200 metri tra Orvieto e Castel San Giorgio. "Rovinando così uno dei paesaggi più belli dell’Italia centrale". E magari del mondo intero, come sarebbe stato meglio dire.

Il Professor Della Loggia sfonda una porta (quella del Duomo di Orvieto) aperta. I suoi colleghi (e, in genere, tutte le élite italiane terrorizzate di apparire avversarie della "Transizione ecologica") non osano neppure quello.

Attenti però a non fare passare, come si potrebbe ricavare leggendo l'articolo, il messaggio della creazione di riserve indiane libere dall'eolico. Ossia: riempiamo pure tutti i crinali appenninici con decine di migliaia di pale ma preserviamo Orvieto. O, magnanimamente, Urbino. Oppure alcuni (ma pochi, mi raccomando: dobbiamo salvare il Pianeta dal cambiamento climatico e adesso dalla guerra) "dei paesaggi più belli dell’Italia centrale". Che è esattamente quello che vogliono trasmettere gli ambientalisti felloni associatisi alla "lobby dei rinnovabilisti".

Una lobby potente anzicheno', dopo avere già incassato dalle bollette degli italiani oltre 150 miliardi (che attendono la moltiplicazione) solo per gli incentivi regalati alla scarsa ed inaffidabile elettricità prodotta da pale e pannelli. Significativo il fatto che Galli della Loggia sia stato pubblicato con un trafiletto a pagina 43 del Corriere. Ancor più significativo il fatto che, sempre oggi, in prima pagina del Sole 24 Ore  sia ricomparsa l'ipocrita e volgarissima pubblicità della Edison "E se per salvare il paesaggio, un po' lo cambiassimo?", da noi a suo tempo denunciata come sgangherata fonte di ispirazione degli altrettanto sgangherati lobbysti dell'eolico.

 

Alberto Cuppini

 

 

L'articolo del giorno

Parchi eolici nell'Appenino

Mappa interattiva delle installazioni proposte ed esistenti