Ferrara sul Foglio: "Da Mao all’Ue. Non è chiudendo dirigisticamente la società e il mercato dentro canoni e condizioni e scadenze e tappe prefissate, ma aprendo i canali di scorrimento degli spiriti animali che le società moderne si trasformano."

 

Segnalo ai resistenti sui crinali questo editoriale di Giuliano Ferrara apparso su Il Foglio di domenica: "Ora basta con il mito del grande balzo (europeo) in avanti", se non altro perchè Ferrara è giunto alla stessa analogia e alle nostre stesse conclusioni vecchie di (almeno) una decina d'anni.

Tale analogia ora si è resa palese a tutti, dopo l'autolesionistica esplosione dei costi energetici e la conseguente invasione russa dell'Ucraina, per la quale noi europei, con le nostre apocalittiche bollette e le nostre tasse, abbiamo graziosamente fornito a Putin i necessari, massicci flussi di cassa, comperando letteralmente a tutti i costi il gas russo che permetteva di bilanciare l'erratica ed inaffidabile produzione elettrica europea da eolico e fotovoltaico.

Ferrara scrive:

"Ora sono chiare le differenze tra i membri dell'ufficio politico del Pcc nel 1959 e oggi le Von der Leyen, i Rutte, Scholz, Macron, Draghi, ma sull'idea che decisioni fiscali e investimenti di stato, piani di investimento quinquennali e altri ammenicoli del genere possano cambiare una società, bè, su questo l'analogia regge, e in negativo."

Nell'articolo Ferrara si riferisce al PNRR, ma la stessa analisi vale per tutta la politica UE ed in particolare per quella della commissione Timmermans pardon della commissione Von der Leyen. Ed ancor più in particolare l'analisi vale per la politica "climatica" di stampo prettamente maoista dell'attuale commissione UE. Salvo poi concludere il suo editoriale con un doppio salto mortale carpiato e rovesciato a favore... del Superbonus (del quale Ferrara è stato entusiasta sostenitore ab ovo), che proprio della logica perversa del "Grande Balzo in Avanti Europeo" si nutre e di cui rappresenta un'ennesima, ineluttabile, sgangheratissima conseguenza.

 

Alberto Cuppini

Italia Oggi (e non solo) contro l'insensato spreco del Pnrr ed in particolare contro i progetti afferenti la "rivoluzione verde". I lobbysti delle "rinnovabili" elettriche, invece, sono terrorizzati da un suo possibile fallimento. Ne hanno ben donde, specie dopo le dichiarazioni del capogruppo leghista Molinari e del ministro Urso. Tali affermazioni di un ministro della Repubblica (ridurre le emissioni, ma senza forzare tutto sull'elettrico) in una sede istituzionale lasciano intendere, dopo tanti - troppi - anni, una radicale modifica dell'approccio, finora incondizionato, del governo italiano al karma mainstream della "decarbonizzazione integrale".

 

Stamattina su Italia Oggi un articolo politicamente scorretto di Gianni Pardo: Pnrr, domande imbarazzanti.

Ne riproponiamo di seguito solo qualche breve passaggio perchè l'articolo, di cui raccomandiamo la lettura integrale, è liberamente disponibile, come gli altri che segnaleremo di seguito, sul sito web di Italia Oggi:

 

"Il Pnrr è nato per «permettere lo sviluppo verde e digitale del paese». Non per risanare l'economia. Non per ripianare il debito pubblico. Non per aumentare il prodotto interno lordo. Non per abbassare le tasse. Solo per favorire lo sviluppo verde e digitale del paese. Già a questo punto bisogna dire che se lo sviluppo verde e digitale del paese fossero economicamente convenienti, non ci sarebbe nessuna necessità di incentivarli.

...

il Pnrr non aveva come obiettivo un rilancio dell'economia (cioè, per parlare come si mangia) di ottenere dei ricavi superiori agli investimenti, ma quello di realizzare degli ideali, per la maggior parte «in perdita». Cose che si potrebbe permettere chi ha un surplus di risorse rispetto a quelle necessarie, non qualcuno che già oggi ne ha di meno di quelle necessarie, tanto da avere un debito pubblico mostruoso.

...

Dunque è inutile parlare di «energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilità sostenibile, efficienza energetica e riqualificazione degli edifici» perché queste sono tutte voci di spesa. E l'Italia in tanto si potrebbe permettere queste spese (ricordiamoci che per due terzi il Pnrr è costituito da nostri debiti) in quanto in fondo al tunnel ci fosse un profitto superiore all'investimento. E proprio non si vede.

...

molta gente dovrebbe convincersi che «verde» non significa «salvifico» e men che meno conveniente. Ciò che è verde è spesso un lusso, qualcosa che si paga di più, come tutto ciò che si fregia del magico labello bio."

 

Sempre oggi sullo stesso quotidiano economico si può leggere l'articolo di Carlo Valentini "Sono davvero utili tutte le spese Pnrr?", che in conclusione cita lo studio dell'Istituto Bruno Leoni "PNRR: spendere meno, spendere meglio":

"«Sono davvero tutte utili e necessarie le opere previste? Ed è ragionevole andare a incrementare ulteriormente il nostro già colossale debito pubblico pur di incassare integralmente non solo i trasferimenti a fondo perduto, ma anche i prestiti? Il Pnrr contiene diversi interventi effettivamente utili, pensiamo alla digitalizzazione del settore pubblico e della giustizia. Ma altre misure sono discutibili. Le gare deserte per i treni a idrogeno o l'incapacità di rispettare l'impegno a piantumare gli alberi sono solo gli esempi più pittoreschi». Una rivisitazione unitaria e non dogmatica del Pnrr consentirebbe di superare in modo positivo l'impasse."

 

Appare evidente la campagna di stampa di Italia Oggi contro l'insensato spreco del Pnrr ed in particolare contro i progetti afferenti la "rivoluzione verde" e la "transizione ecologica". Sempre da Italia Oggi e sempre sui "progetti demenziali" (sic) del Pnrr segnaliamo anche l'articolo di Tino Oldani di martedì scorso "L'impossibilità di realizzare il Pnrr è figlia delle politiche di austerità Ue":

"Non stupisce che il Pd e la sinistra contestino tale riscrittura (del Pnrr. Ndr), con assist non richiesti alla burocrazia di Bruxelles. Una burocrazia che, a furia di regole demenziali imposte dall'alto ai paesi membri, appare sempre più come un copia e incolla del centralismo sovietico dell'epoca brezneviana. E neppure c'è da stupirsi se cominciano ad emergere alcune stroncature documentate del Pnrr... Anche per questo c'è chi, come Musso su Atlantico Quotidiano, non esita a stroncare il Pnrr: "E se il suo flop non fosse un peccato, ma una benedizione?".

 

I lobbysti delle "rinnovabili" elettriche, invece, sono terrorizzati da un suo possibile "fallimento".

Ne hanno ben donde. Riproponiamo il passaggio di un nostro post sulle dichiarazioni dell'allora presidente del Consiglio Draghi, che ha approfittato dell'urgenza dei lavori del Pnrr per procedere a spallate (come nel caso dell'impianto dell'Agsm Verona al Giogo di Villore) con l'intento di ricoprire in pochi anni l'Italia di pale eoliche e pannelli fotovoltaici:

 

"Ma quello che nell'immediato più ci preoccupa è questa frase (di Draghi), in cui si afferma la volontà governativa di “rispettare l'obiettivo del Piano nazionale di ripresa e resilienza di 70 GW di rinnovabili entro il 2026. Se si sbloccano le autorizzazioni però." Con la massima nonchalance, il presidente del Consiglio ci fa sapere che l'obiettivo per le rinnovabili previsto dal Pniec per il 2030 viene anticipato al 2026, ossia finchè ci sono da sperperare i soldi della "Next Generation". Non solo bisogna fare in fretta: bisogna fare più in fretta. I barbari saranno contenti: le loro pretese sono state, almeno in parte, soddisfatte."

E' invece sbalorditivo che finora nessuna organizzazione ambientalista abbia sollevato obiezioni sulle ormai palesi finalità insensate e predatorie del Pnrr, evidenti ai più smaliziati fin dall'inizio. Ricordiamo qui un altro ignorato post nell'edicola RRC di un anno e mezzo fa rivolto agli amici della coalizione articolo 9, rammentando loro che, per denunciare le aggressioni ai territori sottese al Pnrr, è pur sempre meglio tardi che mai.

Questi timori dei lobbysti sul depotenziamento della spesa (destinata a finire nelle loro tasche) del "Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza" si sono concretizzati con la dichiarazione di lunedì scorso del capogruppo alla Camera della Lega Riccardo Molinari, come abbiamo letto nell'articolo "Molinari rompe il tabù sul Pnrr: "Servono davvero tutti i fondi?" su La Verità del 4 aprile:

 

"Ieri il capogruppo alla Camera della Lega , Riccardo Molinari, per la prima volta ha ipotizzato pubblicamente la possibilità di rinunciare a una parte dei circa 192 miliardi, 122 dei quali in prestito e 70 a fondo perduto, destinati all'Italia dall'Unione Europea... "Il problema semmai sono i vincoli di spesa e occorre chiedersi se serva veramente impiegare così tanti fondi su certe partite... ha senso indebitarsi con l'Ue per fare cose che non servono?... Forse sarebbe il caso di valutare se rinunciare a una parte dei fondi a debito"."

 

Ma se queste sono opinioni di un capogruppo, ancorchè di maggioranza, ben più importanti appaiono le dichiarazioni in Parlamento del ministro delle Imprese Adolfo Urso. Nell'articolo di oggi sul Foglio a firma Maria Carla Sicilia dal titolo Rottamare, non elettrificare: Urso cambia strategia sugli incentivi alle auto leggiamo:

 

"Mentre a Bruxelles la Commissione progetta un futuro elettrico, a Roma il ministro invita a “prendere atto della realtà” e dice: "Dobbiamo aiutare a sostituire i mezzi più inquinanti, non chi si può permettere un'auto elettrica"

 

Durante un question time alla Camera Urso ha infatti lasciato intravedere la fine, o quanto meno il deciso ridimensionamento, degli incentivi alle auto elettriche: "Va incentivato chi deve svecchiare la vettura non chi, invece, ha la facoltà per permettersi un'auto elettrica anche perchè rottamare è la vera priorità ambientale". Commenta il Foglio:

 

"dirottare i fondi inutilizzati verso i motori termici più efficienti è una possibilità... Nella strategia del governo a cambiare è il paradigma ma non l'obiettivo: ridurre le emissioni, ma senza forzare tutto sull'elettrico."

 

Tali affermazioni di un ministro della Repubblica in una sede istituzionale lasciano intendere, dopo tanti - troppi - anni, una radicale modifica dell'approccio, finora incondizionato, del governo italiano al karma mainstream della "decarbonizzazione integrale". In Italia, nel proporre soluzioni ai problemi ambientali, si torna dunque al realismo e alla serietà? Bye bye a Greta e alle scalmane ideologiche degli adoratori del Dio Tutto Elettrico?

Andiamoci piano. Dobbiamo ancora fare i conti con scalmanati dalle spalle ben più larghe di quelle della "Piccola Greta" e delle ragazzine che fanno fughino il venerdì. Facciamo nostra la conclusione (solo il grassetto è nostro) del professor Davide Tabarelli nell'articolo "Il price cap di Madrid funziona", che campeggiava sulla prima pagina de Il Sole 24 Ore del 31 marzo:

 

"Ieri è stato trovato un accordo tra Parlamento (Europeo. NdR) e Consiglio sulla nuova direttiva rinnovabili, con un obiettivo al 2030 del 42,5% del loro peso sul totale consumato, quasi il doppio dell'attuale 22%, quota che per raggiungerla, basta pensare all'idro, ci abbiamo messo più di un secolo. Una decisione che ha carattere surreale, un obiettivo che è impossibile da raggiungere in soli 7 anni, e che la dice lunga su come Bruxelles non abbia capito la lezione. Per fortuna arrivano le elezioni europee fra un anno".

 

 

Alberto Cuppini

 

 

Il Sussidiario: "Pensiamo che la gloriosa marcia verso la decarbonizzazione del Continente serva a rimettere in circolo capitali privati su nuovi business ad alta crescita imponendo nuove spese ai cittadini. Chi potrà permetterselo si adeguerà, gli altri scenderanno dal treno del benessere".

 

Articolo della serie "Il Re è nudo" (che, nella palude del conformismo politicamente corretto, è la serie che preferiamo) sul Sussidiario di oggi. Lo ha scritto il giornalista esperto di economia Franco Oppedisano: "Basta una cartina del mondo per capire che l’auto elettrica non salverà il clima".

Andate sul sito web del Sussidiario e leggetevelo tutto: è un articolo breve ma densissimo. Per farvi capire di che cosa si sta parlando e del perchè invitiamo tutti i resistenti sui crinali a meditare su questi concetti, ve ne proponiamo una piccola degustazione:

 

"Per spiegare l’incrollabile volontà di andare a schiantarsi, a tutta velocità e cantando, contro un muro (Si fa riferimento allo stop ai motori endotermici, ma lo stesso si potrebbe dire riferendosi alle pale eoliche con cui si vorrebbero ricoprire tutti i crinali italiani. Ndr), non basta dare il merito o la colpa alla spinta dei gretini o delle centinaia di fondazioni finanziate da chissà chi: bisogna cominciare a pensare a un deficit di intelligenza o a un sovrappiù di malafede di chi ha sposato la causa del bando, come molte altre legate allo stesso argomento, come se fosse scritta in un vangelo.

...

Non crediamo ai sensi di colpa per aver contribuito largamente alle emissioni di CO2 in passato, pensiamo che sia un tentativo di svuotare la bottiglia per riempirla di nuovo, di cambiare modello di sviluppo per continuare a consumare. In parole povere, rimettere in circolo capitali privati su nuovi business ad alta crescita imponendo nuove spese ai cittadini. Chi potrà permetterselo si adeguerà, gli altri scenderanno dal treno del benessere."

 

La pervicace volontà politica di farci spendere i nostri soldi in demenziali distese di pale eoliche e pannelli fotovoltaici, in altrimenti invendibili auto e scaldabagni elettrici, in materiali del tutto innaturali con cui ricoprire le nostre case non sarebbe quindi dettata tanto da una forma di regressione puerile quanto piuttosto dall'interesse del Capitale. Capitale che tenta di ovviare agli eccessi di capacità produttiva globale (ed alla speculare carenza di domanda aggregata per eccesso di risparmio in Occidente) scatenando un'onda di Kondratiev artificiale, attraverso la creazione di una domanda artificiale, indotta dall'ideologia green, di beni inutili se non dannosi.

Abbiamo una conferma (del tutto involontaria) di questa tesi nel bell'articolo di Adriana Cerretelli (che - da sola - vale tutte le giovani leonesse del giornalismo delle quote rosa e dell'ideologia verde) sul Sole 24 di oggi: "Transizione verde, alla UE serve realismo":

 

"Il corto circuito tra sicurezza climatica, sicurezza energetica e sovranità geo-politica creato dai contraccolpi della guerra ha mandato l'Europa in stato confusionale costringendola a riconsiderare la religione della transizione verde attraverso il prisma della realtà.

...

Il bagno di realtà è improcrastinabile per non cedere la partita della transizione verde alla concorrenza. Basta indigestione normativa avulsa dai problemi concreti scaricati sui destinatari, basta date-obiettivo fissate con il pilota automatico invece che poggiate su adeguati studi di fattibilità economica, industriale e sociale e parametrati alla tutela della competitività globale europea."

 

Ovvero: avanti tutta con la "transizione verde", ma quello che conta davvero è la "competitività globale europea".

Il ragionamento, in apparenza, sembrerebbe sensato. Ci permettiamo però di far notare alla Cerretelli e soprattutto agli amici della Confindustria, a cui appartiene il Sole 24 Ore, che l'irrazionalità non ha mai portato a niente di buono.

Ricordiamo loro una delle leggi fondamentali della stupidità umana:

"Le persone non stupide sottovalutano sempre il potenziale nocivo delle persone stupide. In particolare i non stupidi dimenticano costantemente che in qualsiasi momento e luogo, ed in qualunque circostanza, trattare e/o associarsi con individui stupidi si dimostra infallibilmente un costosissimo errore."

Se si accetta la "transizione verde" si devono poi accettare, come insegna la storia, anche i piani quinquennali e l'esproprio proletario. E non solo l'esproprio delle abitazioni dei cittadini italiani, che presto dovranno ipotecare le loro proprietà per permettersi la "ristrutturazione green" obbligatoria.

 

Alberto Cuppini

Il costituzionalista Mangia sulla modifica dell'articolo 9: "L’inclusione, apparentemente innocua, di “ambiente” e interessi delle “generazioni future” in Costituzione si presta benissimo a un’operazione di bilanciamento tra proprietà e questi nuovi cosiddetti “valori”. E quindi ad eliminare la resistenza – per la verità ormai scarsa – che le costituzioni nazionali possono offrire ai nuovi diktat continentali."

 

Non è la prima volta che ci occupiamo di Alessandro Mangia, professore di diritto costituzionale alla Cattolica di Milano.

Dopo le durissime critiche alle politiche dell'UE rilasciate in una intervista dello scorso gennaio a Il Sussidiario, il professore questa settimana ritorna sullo scelleratissimo "European Green Deal":

 

"Un piano continentale di decarbonizzazione di questo genere, programmato nell’arco di 10-15 anni, è un atto di dirigismo economico che fa impallidire i vecchi piani di elettrificazione forzata dell’Urss di cento anni fa. A questo va aggiunto che alla decrescita europea, dovuta alla decarbonizzazione, farà riscontro la crescita industriale di Cina e India. Che non si fermeranno di certo perché l’Europa si è allegramente suicidata in nome del “da qualche parte bisogna pur cominciare per dare l’esempio”.

 

Ma soprattutto, nella nuova intervista concessa al Sussidiario sotto il titolo "UE e ideologia green/ “Ecco perché la Costituzione non può più difenderci, denuncia che 

"L’inclusione, apparentemente innocua, di “ambiente” e interessi delle “generazioni future” in Costituzione si presta benissimo a un’operazione di bilanciamento tra proprietà e questi nuovi cosiddetti “valori”. E quindi ad eliminare la resistenza – per la verità ormai scarsa – che le costituzioni nazionali possono offrire ai nuovi diktat continentali."

 

Questa volta Mangia vola davvero alto, dimostrando di padroneggiare il proprio mestiere senza i tabù politicamente corretti di troppi suoi colleghi, nel definire i danni che ci saranno inflitti dall'ideologia green, introdotta in Costituzione dal cavallo di Troia della recente modifica degli articoli 9 e 41. La modifica aveva come primo e sfacciato obiettivo dei lobbysti proprio il depotenziamento della tutela costituzionale del paesaggio, ora parificata a quella dell' "ambiente", col fine manifesto di potere piantare pale eoliche ovunque ed il più rapidamente possibile. Il pasticcio così combinato dai nostri zelanti apprendisti stregoni rischia però di avere conseguenze ben peggiori:

 

"Se io riduco la Costituzione ad un catalogo di “valori” giustapposti l’uno all’altro, che devono essere “bilanciati” da una Corte, o invocati in un discorso in tv da riportare sui giornali, io distruggo il contenuto normativo di una Costituzione. E cioè la sua attitudine ad operare come legge della politica pensata per porre limiti al potere pubblico a protezione del singolo. Per questa via la Costituzione non è più un atto normativo."

 

Ci piace particolarmente rilevare che, per la prima volta, un accademico ha fatto propri alcuni concetti, analizzandoli con sagacia nell'ottica di una rigorosa dottrina giuridica, sui quali la Rete della Resistenza sui Crinali aveva martellato, in splendida solitudine, in questi anni. Ovvero quando denunciava, trattando di impianti "rinnovabili" e di eolico in particolare, la manipolazione dell'informazione e l'imposizione forzosa di un'ideologia globalista.

Ecco, a questo proposito, le allarmate parole di Mangia:

 

"Programmi Ue su automotive e abitazioni vanno nella stessa direzione della strana riforma approvata nel 2022 non per motivi oscuri, ma perché ormai il discorso pubblico in Europa è dominato da un’ideologia uniforme e pervasiva. E per discorso pubblico intendo la comunicazione istituzionale e il sistema dei media che la amplificano e la diffondono in modo ossessivo, riplasmando la realtà. Se controlli un certo modello di comunicazione controlli anche la visione del mondo di chi, durante la giornata, ha altro da fare dal chiedersi se le notizie che gli arrivano da internet e tv sono costruite in modo più o meno manipolatorio."

 

Gli effetti distopici dell'allucinato dirigismo green di Bruxelles, di cui in Italia le pale eoliche sui crinali appenninici ed i loro inverosimili sussidi erano stati i prodromi (accettati senz'alcuna reazione di rigetto ed anzi con entusiasmo dalle nostre élite fellone), si moltiplicano e cominciano, debordando nei settori delle abitazioni e delle autovetture, ad appalesarsi nella loro gravità anche ai profani di economia e di energetica:

 

...ci si trova di fronte ad un’incisione profonda di un diritto non troppo diversa da una espropriazione, però senza indennizzo, perché non ha le forme dell’espropriazione. Sarà un trasferimento di ricchezza da chi è proprietario di casa a chi finanzierà le ristrutturazioni energetiche. Per cui oltre al mutuo sulla casa, alle bollette e alle spese condominiali, dovrò pagare anche il mutuo sulla ristrutturazione energetica. E se non pagherò, la casa diventerà di chi ha finanziato la ristrutturazione."

 

Un'intervista, quindi, tutta da leggere sul sito web del Sussidiario.

Una lettura consigliata in modo particolare a quelle associazioni amiche, facenti parte della #CoalizioneArticolo9, che lo scorso anno avevano candidamente plaudito alla sciagurata revisione costituzionale dello stesso articolo 9, così come in precedenza avevano osannato l'avvento epifanico della "Piccola Greta". In politica, e perciò anche nella politica ambientale, l'ingenuità non è affatto un'attenuante. Anzi... L'assenza di realismo è persino peggiore dell'asservimento alle lobby dei produttori di tecnologie che sono alla base del culto delle energie "rinnovabili".

 

Alberto Cuppini

 

Gli impianti eolici "devono essere offshore", evitando le “localizzazioni talvolta quantomeno discutibili” per garantire “la preservazione dei suoli di pregio”.

 

Martedì sera, scorrendo in linea le "Ultime edizioni" della Staffetta Quotidiana, ci siamo imbattuti, piacevolmente sorpresi, nel titolo Rinnovabili e inceneritore, cosa cambia nel Lazio dopo le elezioni.

Questo l'incipit del lungo articolo della Staffetta:

 

“Ho promesso a Vittorio Sgarbi che faremo un piano regolatore energetico nel Lazio. Non consentiremo lo scempio del territorio con i parchi eolici, che invece devono essere offshore”. Lo ha detto ieri il neopresidente del Lazio di Fratelli d'Italia Francesco Rocca. La posizione di Rocca, che nel suo programma scriveva di voler garantire “la preservazione dei suoli di pregio”, destinando al fotovoltaico le aree industriali, l'edilizia pubblica, le aree compromesse e i terreni intorno a strade e ferrovie, e che punta all'eolico offshore “che non interferisca con il turismo da diporto e con il paesaggio marino”, evitando le “localizzazioni talvolta quantomeno discutibili”, segna un deciso cambio di passo per la Regione che, negli ultimi anni, ha autorizzato più progetti fotovoltaici soprattutto nel viterbese e in provincia di Latina".

 

L'articolo completo è disponibile in abbonamento sul sito web della Staffetta Quotidiana.

Nonostante le rivoluzionarie dichiarazioni contro corrente (ossia contro la corrente, cioè la mainstream, verde) del neo eletto governatore della Regione Lazio siano state rilanciate dalle agenzie di stampa, non se ne trova alcuna traccia sui giornaloni romani e neppure nelle cronache locali delle principali testate nazionali. Invito i nostri tanti amici di Roma e della martoriata (martoriata da progetti eolici e fotovoltaici senza fine) provincia di Viterbo a controllare meglio ed a comunicarmi almeno un'eccezione al consueto muro di gomma. Questa volta sarei lieto di essere smentito, se non altro per escludere che l'enorme astensionismo alle elezioni sia stato, almeno in parte, responsabilità dei media e della loro narrazione sistematicamente distorta di una realtà presentata come ineluttabile.

 

Alberto Cuppini

Pale eoliche che uccidono le balene, la bufala degli orsi polari in via di estinzione, il Sole che gabella da scelta ecologica il dissesto economico delle famiglie... Piaccia o no, la "Piccola Greta" ha vinto. Ma gli italiani non ne possono più.

 

Ieri Nicola Porro, nella sua rassegna stampa quotidiana in streaming, ha segnalato, in un colpo solo,

1) la notizia dei danni arrecati alle balene dalle pale eoliche offshore,

2) la "clamorosa bufala degli orsi polari in via di estinzione" e

3) l'articolo, annunciato con un titolone in prima pagina del Sole, "Strategie green / La vita sostenibile piace agli italiani" che avevamo visto ma, lo confessiamo, non avevamo letto perchè ci era mancato il cuore (Porro invece l'ha letto e l'ha - facilmente - sputtanato).

Faccio notare anche a voi resistenti sui crinali queste cose non tanto per la loro importanza in sè, quanto perchè Porro è il vice-direttore de Il Giornale e soprattutto (visto che anche Il Giornale, dopo essersi inchinato alla correttezza politica per compiacere il suo editore, ormai non lo compra più nessuno ed è stato cannibalizzato da La Verità) è un seguitissimo conduttore televisivo. E' quindi testimone (e artefice) del clima di sempre maggiore intolleranza verso l'ambientalismo in Italia. Intolleranza ben meritata, peraltro, visti i crescenti livelli di cialtroneria dell'ambientalismo mainstream, che presto verrà fatta pagar caro a tutti gli ambientalisti, buoni e cattivi, belli e brutti, dagli italiani impoveriti dalla greenflazione. Compresi quegli ambientalisti (pochi) che hanno osato esprimere dubbi sulle virtù taumaturgiche di pale eoliche e pannelli fotovoltaici.

Un breve inciso a proposito di danni arrecati dall'eolico alla fauna marina e di ambientalismo mainstream. Ma Legambiente, dopo tanti anni di "protocolli" con l'Anev, non è proprio in grado di trovare qualcuno capace di proporre qualche argomento un po' più raffinato di quelli che abbiamo letto su Qualenergia?

"Del resto l’energia eolica sarà fra le maggiori risorse a nostra disposizione per evitare la più grande delle minacce alla Natura, che non sono le collisioni di uccelli, foche o pipistrelli contro le turbine, ma lo sconvolgimento globale portato dal cambiamento climatico."

Ma che modo di ragionare è? Così, anzichè con Legambiente, sembra di avere a che fare col marchese del Grillo.

Non a caso, a testimonianza del clima esasperato creato dagli zeloti del green, oggi sui quotidiani i segnali di intolleranza si moltiplicano. Segnalo (a titolo di esempio tra i tanti) l'articolo di Tino Oldani dall'esplicativo titolo "La direttiva Ue sulle case green è cosa fatta. Una follia, che ha la sponda della Bce. Piaccia o no, Greta ha vinto", disponibile sul sito web di Italia Oggi ed annunciato già sulla prima pagina del quotidiano in edicola.

Lo stesso dicasi per Paolo Del Debbio (a proposito di seguitissimi conduttori televisivi), che ha fatto a brandelli quella stessa ricerca pubblicata ieri dal Sole con un articolo sulla Verità, anch'esso annunciato in prima pagina, dal titolo che è tutto un programma: "Il Sole gabella da scelta ecologica il dissesto economico delle famiglie".

Concludiamo questa nostra rassegna stampa proprio con l'ultimo capoverso di questo articolo di Del Debbio:

"E' del tutto evidente che coloro che compongono l'associazione Confindustria, proprietaria de Il Sole 24 Ore, che con entusiasmo ci ha informato sui dati di questa ricerca, anche nel caso in cui abbiano un'alta sensibilità ecologica, hanno una altrettanto forte sensibilità tascologica, cioè che riguarda le loro tasche. E siamo dell'avviso che lo stesso valga per i consumatori, almeno quella quasi metà degli italiani che ha qualche difficoltà a far tornare i conti. Si chiama mondo reale."

 

Alberto Cuppini

 

Auto elettriche ("Auto elettrica dal 2035, così l'Europa perderà l'industria"), caldaie a gas ("La Ue studia l'addio al 2029. No a veti indiscriminati"), case green ("Senza 110% per adeguarsi servono 630 anni").

 

Dopo tanti facili entusiasmi per la "transizione ecologica" (e per i profittoni che essa avrebbe assicurato, a carico dello Stato e dei cittadini), all'improvviso, oggi in prima pagina del Sole 24 Ore, almeno tre titoli contro le scalmane dell' "European green deal".

Auto elettriche ("Auto elettrica dal 2035, così l'Europa perderà l'industria"), caldaie a gas ("La Ue studia l'addio al 2029. No a veti indiscriminati"), case green ("Senza 110% per adeguarsi servono 630 anni").

Evidentemente il Sole, negli ultimi anni, aveva brillato nella costellazione di una galassia lontana e non si era accorto che a Bruxelles non si fa solo retorica ambientalista per ragazzine ricche e antipatiche, ma si vuole mandare tutto alla malora.

Bentornato sul pianeta Terra e tra noi poveri italiani.

 

Alberto Cuppini

L'articolo del giorno

Parchi eolici nell'Appenino

Mappa interattiva delle installazioni proposte ed esistenti