Una rassegna stampa (i grassetti sono nostri) degli ultimi accadimenti in materia di transizione energetica. L'urgenza degli artificiosi ed assurdi obiettivi al 2030 induce i lobbysti delle Fer elettriche ad invocare scorciatoie autorizzative, anche riducendo gli spazi di partecipazione e ricorrendo a metodi autoritari. Dopo gli scarsi risultati ottenuti con la campagna di delegittimazione delle Sovrintendenze, ora gli speculatori delle rinnovabili ed i loro amici individuano l'anello debole della catena delle tutele ambientali nei comitati e negli amministratori locali, aggredendoli sulla stampa e, peggio, nelle sedi istituzionali, come nel caso delle gravissime dichiarazioni del presidente del Gse Vetrò. E' davvero grottesco, prima ancora che offensivo, il concetto che piccoli gruppi di cittadini esercitino un capriccioso e ricattatorio potere di veto nei confronti di progetti, per lo più eolici, presentati da aziende che complessivamente, in pochissimi anni, si sono fatti garantire dalla politica 230 miliardi di euro in "incentivi" e che adesso vorrebbero (almeno) raddoppiare la posta grazie ai nuovi obiettivi per le Fer elettriche fissati dal Pniec per il 2030, che richiederanno di tornare ai vecchi e più prodighi sistemi incentivanti e, nell'attesa, di eliminare il sistema amministrativo di salvaguardie ambientali e paesaggistiche. Intanto, però, l'estremismo ambientalista della "decarbonizzazione integrale" è in pieno riflusso in tutto il mondo, a cominciare dalla tanto laudata Cina per arrivare agli Stati Uniti. Il neo presidente della Confindustria ha parlato di misure di sostenibilità ambientale che devono essere sempre economicamente sostenibili ed ha detto che bisogna sostenere la transizione energetica "senza fughe millenaristiche in avanti". Lo stesso Joe Biden, durante il recente confronto televisivo con Trump, ha esplicitamente preso le distanze, a sorpresa, dal soffocante Green New Deal, che rimane così, in tutto il mondo, una dubbia prerogativa della sola Commissione UE. Intanto qualche accademico italiano comincia ad assumersi le proprie responsabilità, addebitando la deindustrializzazione italiana ad una transizione energetica mal condotta, con risultati ambientali marginali, oppure parlando di ecofanatismo che punta tutto sulla decarbonizzazione.
In Italia aumentano a vista d'occhio gli ammiratori dell'autoritarismo cinese, da applicare in ogni settore della politica per ottenere rapidamente risultati efficaci, in parallelo al calo dei consensi per il modello della rappresentanza parlamentare, ben testimoniato dagli esiti del recente referendum. Seguendo questa discutibile inclinazione, chi disturba il Manovratore, divergendo dai canoni mainstream, tende sempre più spesso ad essere considerato un asociale indisponente, e come tale da reprimere.
Nel nostro piccolo, sui crinali appenninici, la svolta autoritaria già la sentimmo venire nell'articolo della Staffetta Quotidiana del 3 luglio scorso "Quando si semplifica troppo", in cui un redattore sbalordito e scandalizzato scriveva:
"Ora l'urgenza degli obiettivi morde e una parte del mondo "verde" (per coincidenza quella parte che ha firmato i protocolli con l'Anev. Ndr) si ritrova perfino a invocare scorciatoie autorizzative, anche riducendo gli spazi di partecipazione."
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